La storia della farmaceutica è antichissima e trova la propria origine nell’azione medicamentosa di alcuni vegetali. Per secoli, nelle botteghe degli speziali si tramandavano di generazione le ricette in base alle quali erbe medicinali, radici, fiori, spezie aromatiche, sementi, essenze, rappresentavano, insieme ai minerali e a vari derivati animali, gli ingredienti principali per la preparazione di pozioni, sciroppi, olii, balsami unguenti, creme, pillole, antidoti, purganti. Una vera scienza farmaceutica nasce solo nel XVII secolo, anche se ancora alle droghe venivano attribuite generiche proprietà medicinali e per lo più venivano usate senza conoscerne in pieno il meccanismo d’azione. Le proprietà terapeutiche di molte piante, funghi o licheni, utilizzati nel tempo come erbe curative, sono state chiarite solo più recentemente tramite le tecniche della moderna farmaceutica che hanno permesso di individuare i principi attivi in essi contenuti. Molteplici gli esempi, a partire dalla china, l’oppio, la stricnina, il curaro, la canfora, il rabarbaro e, non ultima, la meno nota ma non meno importante Visnaga o Ammi majus L. appartenente alla famiglia delle Apiacee, nota anche come rizzomolo, è una pianta erbacea annuale che cresce nei terreni sabbiosi ed argillosi del bacino del mediterraneo, ma anche in Messico, Cile, Argentina, Iran, India. Tradizionalmente alla visnaga è stata attribuita un’attività spasmolitica ed è stata somministrata in presenza di tosse a componente spastica, tipo la pertosse, nell’asma bronchiale, nelle coliche biliari, intestinali e renali, nell’angina pectoris, nelle bronchiti asmatiche o spastiche. Oggi la ricerca scientifica ci dice che i suoi principi attivi agiscono a livello della muscolatura liscia delle arterie coronariche, dei bronchi e delle vie urinarie; come tale, risultava usata come espettorante, diuretico e antianginosa. I suoi principali attivi sono estratti dai suoi frutti (diacheni e mericarpi) e dalle varie parti della pianta. Si tratta di Flavonoidi; Furocumarine e Furocromoni, di cui la kellina, la componente principale, è stata identificata per la prima volta nel 1879. Da allora molti studi farmacologici hanno confermato l’azione decontratturante sulla muscolatura liscia dell’intestino e delle coronarie. Un altro effetto accertato è quello antiulceroso che può essere in gran parte attribuito a un’attenuazione dell’ipersecrezione e della iperacidità gastrica. Ben nota da sempre è anche una potente attività fotosensibilizzante, che facilita la ripigmentazione cutanea in presenza di macchie bianche sulla pelle. Se applicata sulla cute ed esposta ai raggi solari provoca reazioni che vanno dall’eritema alla ripigmentazione cutanea. La molecola ha una struttura simile agli psoraleni utilizzati nella terapia PUVA e per le sue sue proprietà fotobiologiche, fotochimiche e fototerapeutiche, è usata come coadiuvante nel trattamento della la psoriasi e della vitiligine insieme alla luce solare, o in associazione con i raggi UVA (KUVA), per tempi più brevi (4-6 mesi) e senza gli effetti fototossici e i danni al DNA che caratterizzano gli psoraleni.