La sindrome da rientro non risparmia la pelle

Stress, clima, ansia e cattive abitudini possono influire sull’equilibrio del microbiota con ripercussioni per numerose patologie cutanee

Che il ritorno alla normale routine giornaliera dopo le vacanze estive costituisca da sempre un tema interessante per i lettori, lo si intuisce dalla presenza dei tanti articoli publicati sui giornali femminili. Cosa c’è normalmente scritto? Che tornando in città e al lavoro riaffiorano ansia e stress legati alla ripresa delle proprie attività domestiche e lavorative, ma anche che al ritorno si fanno i conti con le abitudini non sempre sane assunte durante le ferie. In estate è infatti naturale concedersi qualche strappo alimentare in più, così come è consuetudine andare a letto tardi compromettendo il normale ritmo circadiano. Non manca poi il dovuto riferimento al cambiamento, spesso repentino, delle temperature che può creare scompensi con il passaggio dal caldo estivo alle condizioni più fresche di settembre. Qual è il risultato di tutte queste scontate riflessioni? Che il ritorno dalle ferie rappresenta una specie di trauma, sia a livello emotivo che fisico, al punto che qualche psicologo ha coniato un termine molto evocativo: post vacation blues o depressione da rientro. Probabilmente un’esasperata esagerazione di alcuni sintomi che, specie con l’avanzare dell’età, possono facilmente manifestarsi a seguito dei cambiamenti di dieta, orario e clima, e nella gestione dei nuovi livelli di stress cui si è sottoposti dall’oggi al domani. Si tratta, va ripetuto, di problematiche che non devono preoccupare più di tanto, perché, nella maggior parte dei casi, scompaiono con il passare dei giorni. Discorso diverso è più delicato è quello in cui i cambiamenti possano aver invece favorito un abbassamento di difese immunitarie già ridotte, l’aumento di uno stato di tensione già presente da tempo, ma anche l’aggravamento di una sensazione di stanchezza e sonnolenza, un ricorrente mal di testa, un senso tristezza e scarsa attenzione, non dipendenti dall’alternanza fra vacanze e lavoro. In queste eventualità, allora, è invece opportuno concentrarsi sull’equilibrio, più tecnicamente, sull’eubiosi del microbiota del proprio paziente. Recenti studi hanno evidenziato, infatti, sia il suo impatto sugli stati psicologici per via dell’influenza sull’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e sul sistema serotoninergico, che il particolare ruolo nello sviluppo del sistema immunitario durante la prima parte dell’infanzia e, di conseguenza, sullo stato di infiammazione del corpo. Ciò vale quindi ancor più nel caso del manifestarsi o riacutizzarsi di patologie cutanee infiammatorie. Vale la pena ricordare che il microbiota è l’insieme dei microrganismi che in maniera fisiologica, o talvolta patologica, vivono in simbiosi con il corpo umano, concentrandosi perlopiù nel tratto intestinale sulla pelle e cuoio capelluto. Un ecosistema che interagisce con l’organismo per assicurarne la salute e il suo buon funzionamento. I microbi presenti nel nostro corpo, vengono più o meno influenzati da fattori esterni come la dieta o le condizioni ambientali e, a livello cutaneo o intestinale, può risultarne alterata la difesa dagli attacchi di agenti esterni e patogeni. Basti pensare che al livello del derma umano, per esempio, è fondamentale lo Staphylococcus hominis, che produce sostanze ad azione antibiotica che contrastano l’azione dello Staphylococcus aureus, il batterio opportunista quasi sempre presente in caso di dermatite atopica o nelle ferite, in grado di sfuggire al sistema immunitario e di produrre infezioni croniche. Il microbiota cutaneo è poi fondamentale nel processo di separazione dei cheratinociti che porta alla formazione dello strato corneo, mentre una loro alterazione indebolisce la barriera cutanea, baluardo estremo della pelle e del nostro benessere. Un’altra funzione del microbiota è quella di indurre l’attivazione di meccanismi di immunità innata. Lieviti come la Candida albicans, per esempio, stimolano la risposta immunitaria della cute, mentre altri microrganismi cutanei inducono la produzione di proteine e peptidi ad azione antimicrobica e antibiotica, come le β-defensine, utili contro E. coli e il già citato S. aureus. Il microbiota cutaneo contribuisce anche a coordinare la risposta immunitaria nel contesto della guarigione e riparazione delle ferite, attivando la risposta mediata dell’interferone (Science 26.05.2022). In una situazione di disbiosi del microbiota, come quella che può verificarsi dal ritorno delle vacanze, l’assenza di microbi commensali e il contemporaneo incremento di microbi patogeni può provocare un peggioramento nell’andamento di malattie croniche come la dermatite atopica o l’acne, una condizione in cui si registra un’importante colonizzazione da parte di Cutibacterium acnes, comunemente presente sulla pelle all’interno dei follicoli pilo-sebacei, ma che quando cresce eccessivamente, non essendo più in rapporto simbiotico con S. aureus e S. epidermidis, diviene artefice di una copiosa produzione di citochine pro-infiammatorie e porfirine che contribuiscono a creare un microambiente non fisiologico e infiammato. Studi sull’interazione tra microbiota e psoriasi hanno evidenziato come l’esposizione a C. albicans aumenti l’attività dei linfociti T helper con l’aumento della produzione di IL-17. Va detto che in queste patologie, porsi come unico target il ripristino dell’equilibrio del microbiota, appare insufficiente anche se, l’approfondimento delle dinamiche che regolano l’asse microbiota-intestino-cervello si sta già rivelando proficuo almeno nella cura dell’acne tramite un regime alimentare equilibrato, ricco di fibre e alimenti che contengano batteri preziosi, come bifidobatteri o lactobacilli, comprensivo di adeguate integrazioni nutrizionali capaci di ripristinare e correggere l’eubiosi microbiotica. Il tutto adeguatamente supportato, sia in estate che in inverno, da uno stile di vita più sano e privo di eccessi.