La psoriasi è ubiquitaria ma l’incidenza etnica varia

La psoriasi è una patologia infiammatoria cronica che non risparmia nessun paese al mondo. Diversi studi, però, hanno dimostrato che, all’interno delle popolazioni, la prevalenza fosse maggiore fra i bianchi rispetto agli africani, agli asiatici e a i soggetti di origine latino americana. Molti ricercatori, allora, si sono posti il quesito se vi fossero differenze nella predisposizione genetica e nella gravità della psoriasi in base all’etnia di appartenenza. Si stima che la prevalenza sulla popolazione europea sia di circa il 2%. e si ritiene che il nord Europa sia l’area geografica più colpita: in Norvegia il 4,8% della popolazione, in Danimarca il 2,9% in Svezia il 2,3% degli uomini e l’1,5% delle donne. Secondo la National Psoriasis Foundation Americana, le persone colpite da psoriasi nel nord America sarebbero circa 7 milioni mentre, a seconda degli studi, l’incidenza stimata in Australia andrebbe dal 2.30 al 6.6% (Parisi et al., 2012). Lo 0.19% in Egitto, lo 0.44 percent in Sri-Lanka, lo 0.23 % a Taiwan e lo 0.35% in Cina. Riguardo alla diffusione in Africa le notizie sono molto scarse e frammentate. In generale, la psoriasi è riportata come evento raro in Africa, specialmente sulla costa occidentale rispetto all’orientale, ( prevalenza dello 0.05-0.3% in Nigeria, Mali, Angola, contro lo 2.6-3.3% del Kenya, Uganda, eTanzania). Studi sulla popolazione negli Stati Uniti hanno osservato una prevalenza del 3,6% nei bianchi, dell’1,6% negli ispanici e dell’1,9% negli afroamericani (Alexis, 2014). I dati disponibili non permettono però di dire se le differenze d’incidenza nelle varie parti e delle etnie del mondo siano dovute, almeno in parte. a un semplice problema di accesso alle cure o a fattori climatici (maggiore esposizione solare), ma il ruolo della genetica non può essere escluso, così come quello della dieta o di altri fattori socio-culturali. Il mais, per esempio, è parte integrante della dieta tipica in molte parti dell’Africa, e ha un alto contenuto in acido linoleico ma basso in altri acidi grassi polinsaturi (PUFA). L’acido linoleico è un precursore delle prostaglandine E2 (PGE2) che sono un fattore soppressivo dell’immunità cellulare, e ciò determinerebbe una diminuita espressione della malattia (Namasi et al., 1997). Le proporzioni di gravità (da lieve a moderata da molto grave a grave) tra i diversi gruppi etnici suggeriscono che i pazienti di origine Asiatica hanno una psoriasi significativamente più grave rispetto al gruppo bianco, e allo stesso modo, gli ispanici. Quello che è certo, è che anche se la psoriasi sembra effettivamente più frequente sulla pelle chiara, deve essere considerata un’affezione non rara, e potenzialmente grave, anche sulla pelle scura. Nella popolazione di colore essa mostra caratteristiche particolari: le lesioni psoriasiche presentano meno eritema, sembrano più scure della pelle circostante o appaiono viola. Ciò può essere erroneamente interpretato come una iperpigmentazione postinfiammatoria quando, di fatto, rappresenta un marker specifico dell’infiammazione psoriasica in corso. Ciò detto molto comuni sono anche le ipo o iperpigmentazioni postinfiammatorie, specie a seguito di bruciature se si interviene con la fototerapia. Infine, sulle lesioni si tende ad avere una sovrapposizione squamosa molto più spessa. L’area di coinvolgimento è maggiore (3-10% della superficie corporea [BSA]) rispetto a 1-2% per pazienti caucasici con frequente coinvolgimento del cuoio capelluto e maggiore gravità nelle donne, probabilmente a causa di lavaggi dei capelli a treccine, meno frequenti. Questa informazione va tenuta ben presente quando si prescrive a una donna africana per la sua testa un farmaco topico o uno shampoo medicale. La diagnosi differenziale va fatta con il lichen planus (soprattutto di tipo ipertrofico), il lupus eritematoso cutaneo (discoide e subacuto), la dermatosi seborroica grave, e la pustolosi palmpoplantare. Da ricordare, che anche gli asiatici hanno un maggiore coinvolgimento della superficie corporea rispetto ai bianchi. Passiamo alla predisposizione genetica alla psoriasi. Come è noto, la psoriasi è una malattia complessa e multifattoriale, con una base genetica familiare. È stata dimostrata una concordanza del 35–72% nei gemelli monozigoti, rispetto a una concordanza del 12-30% nei gemelli dizigotici. Inoltre, tra le coppie di gemelli malati, la psoriasi è caratterizzata da un’età simile di esordio, distribuzione della malattia, gravità e decorso clinico (Oka et al., 2012). Una forte associazione genetica tra l’allele HLA-Cw6 e la psoriasi è stata stabilita in varie etnie, ma questo locus individuale spiega probabilmente solo una parte dell’ereditabilità generale della psoriasi. Attraverso studi di collegamento genetico, sono state mappate una serie di ulteriori regioni sensibili alla psoriasi, tra cui PSORS1 (gene HLA-C) su 6q21.33, PSORS2 (geni SLC9A3R1 e RAPTOR) su 17q25, PSORS4 (geni LCE3B e LCE3C) su 1q21 e PSORS5 (gene SLC12A8) su 3q21. Nessuno di questi loci, tuttavia, ha dimostrato la predisposizione alla psoriasi con un grande effetto diverso da PSORS1 (Oka et al., 2012). Negli ultimi anni sono stati condotti numerosi studi che hanno identificato 24 loci genetici associati alla psoriasi, molti dei quali sono ritenuti coinvolti in meccanismi sottostanti la patogenesi della malattia. Le varianti genetiche identificate coinvolgono regioni genomiche potenzialmente correlate alla funzione di barriera cutanea, segnalazione IL-23, segnalazione NF-κB e IFN e risposte cellulari IL-17. Ad oggi, tuttavia, i geni di suscettibilità specifici devono ancora essere identificati. (Oka et al., 2012). Precedentemente si pensava che l’assenza di alleli specifici di suscettibilità alla psoriasi o la presenza di fattori genetici in grado di promuovere la resistenza alla psoriasi negli Africani potessero spiegare la minore incidenza nella popolazione nera. Ora però che si è visto che tra le suscettibilità alla psoriasi più fortemente associate c’è l’HLA-Cw6, il gene che codifica per il principale complesso di istocompatibilità, importante nella risposta immunitaria adattativa, e che questo allele è in realtà più prevalente negli africani (15,09%) rispetto ai caucasici (9,62%) e con prevalenza simile tra gli africani orientali e occidentali, non ci si spiega le differenze osservate nella prevalenza della psoriasi tra questi gruppi etnici. In conclusione, sebbene i dati clinici, epidemiologici e genetici possano aiutare a chiarire le differenze osservate in diversi paesi e gruppi etnici, molto ancora si dovrà scoprire per districare le complesse interazioni fra la malattia, le emozioni, la genetica, il sistema immunitario, la dieta e altri fattori ambientali nel suo determinismo.