La Microscopia Tricologica in Luce Polarizzata

La programmazione di un corso dedicato, è lo spunto per approfondire una procedura diagnostica che sta avendo molto successo in tricologia

La microscopia in luce polarizzata è stata fin dall’inizio dominio tradizionale della mineralogia, ma è ormai fuori discussione la sua utilità anche nel campo della tricologia e trichiatria. L’analisi microscopica del capello in luce polarizzata è infatti in grado di fornire preziose informazioni sulla struttura, sulle alterazioni e sul ciclo vitale del capello, contribuendo alla diagnosi di numerose condizioni patologiche congenite e acquisite. Questa tecnica si avvale di un microscopio che utilizza una fonte di luce polarizzata, cioè caratterizzata da onde luminose aventi lo stesso piano di vibrazione e rappresenta un approccio di notevole interesse, di uso relativamente semplice, su base ambulatoriale, ma che necessita di un adeguato livello di esperienza per l’interpretazione dei dati. Con tale strumento è possibile analizzare il ciclo vitale del bulbo, valutare alcuni processi di cheratinizzazione nei minimi dettagli e indagare le alterazioni del capello e delle guaine, dovute a varie patologie e alla cosmesi. L’apparecchio utilizzato non è altro che un normale microscopio provvisto di due filtri polarizzatori neutri. Il filtro posto tra l’oculare e l’obiettivo viene definito “analizzatore”, mentre il filtro posto tra la fonte di luce e l’oggetto viene definito “polarizzatore”. Ambedue i filtri sono montati in alloggiamenti girevoli mentre l’oggetto da esaminare è posto tra di essi e attraversato dalla luce polarizzata. Le caratteristiche del campione in esame vengono studiate ruotando i filtri l’uno rispetto all’altro, oppure ruotando l’oggetto. Quando i filtri polarizzatori sono in posizione “incrociata” (sono cioè con i piani di polarizzazione perpendicolari) il campo del microscopio è scuro e il fascio di luce, polarizzato dal primo filtro, viene fermato dal secondo. Se l’oggetto attraversato da luce polarizzata ha la proprietà di influire sullo stato di polarizzazione della luce, è cioè anisotropo, allora il piano di polarizzazione della luce che ha superato il campione ruota e l’oggetto sarà visto come luminoso e colorato su un fondo scuro (nero). L’esame tricologico effettuato con questa tecnica prevede l’estrazione di una piccola quantità di capelli (dai 15 ai 20), tramite una pinza emostatica, in un punto definito della parte alta della testa. Viene allestito un vetrino con collante o, più spesso, con olio da immersione su cui vengono appoggiati e allineati i capelli estratti, dalla parte dei bulbi, e il tutto viene coperto da un vetrino copri-oggetti e osservato al microscopio. Il bulbo di un capello estratto in anagen appare di colore nero perché a questo livello non c’è cheratinizzazione, ci sono solo cellule in attività biologica, in replicazione (mitosi). Quando poi le attività biologiche sono terminate, cioè le cellule si sono evolute verso il loro destino di cheratinizzazione, avviene la cristallizzazione, che una volta attraversata dal fascio della luce polarizzata fa vedere i vari colori per il ritardo d’onda che provoca. Quindi, un bulbo che è arrivato alla fase catagen e telogen, quando non c’è più l’attività mitotica, si presenterà non più nero ma luminoso e colorato. Fra le tante osservazioni che si possono fare a questo livello, è particolarmente facile e interessante valutare gli indici di vitalità del capello. 1) Al di sopra del collo del bulbo, la zona cheratogena appare come una area triangolare (o “tridimensionalmente” conica) chiara. Questa forma è dovuta alla papilla, inglobata nel bulbo, che “alza” la zona centrale germinativa. Più il triangolo è acuto, più le cellule della matrice sono attive e più lungo sarà l’anagen del capello in esame. Più la zona cheratogena è piatta, più breve sarà l’anagen del capello, poiché le cellule germinative si riproducono più lentamente, i cicli follicolari sono inibiti e il ciclo del capello è più veloce. Se la zona di cheratinizzazione è alterata e questa tende ad arrotondarsi, ad appiattirsi, significa che l’inizio della cheratinizzazione è anticipato e che (funzionalmente) la papilla non è più integralmente inglobata nel bulbo. Siamo, cioè, di fronte a un capello che si sta miniaturizzando e avrà un ciclo sempre più breve. 2) La lunghezza della guaina ci permette di conoscere la profondità del follicolo e del bulbo, poiché la distanza fra l’infundibolo e l’ostio è una misura fissa (mediamente 1,5 mm) mentre è variabile quella fra infundibulo e bulbo. La profondità follicolare ci dà un’idea del numero dei futuri cicli vitali di quel capello, sempre che non intervengano impreviste noxe patogene disturbanti. 3) La profondità follicolare è in rapporto con lo stato di cheratinizzazione e con il diametro dello stelo sopra il bulbo (a livello della radice) che è facilmente misurabile con il micrometro e che diminuisce con il progredire della miniaturizzazione.
Il tricogramma in luce polarizzata
Per percentualizzare la quantità dei capelli in anagen o in telogen, è universalmente diffuso il tricogramma e sulla base di questo esame si afferma che su un cuoio capelluto normale circa l’85% dei capelli è in anagen, il 13 – 15% in telogen e solo 1 – 2% in catagen. Se per fare un tricogramma si usa un microscopio a luce polarizzata che permette una visione ottimale delle guaine, se si ha l’accortezza di esaminare immediatamente i capelli estratti e in olio da immersione (olio di cedro), si può osservare che la percentualizzazione del ciclo non è come fu descritta da Van Scott. Ciò detto il tricogramma classico è un esame standard che si porta dietro errori ormai standardizzati e pertanto i valori che ci dà sono sempre comparabili e le deduzioni diagnostiche che ne derivano sono comunque accettabili. Nel complesso, il tricogramma offre solo un orientamento diagnostico su numerose problematiche dei capelli. Quando si fa un esame microscopico in microscopia polarizzata su capelli estratti, invece, dobbiamo porre particolare attenzione alla osservazione delle guaine, poiché queste sono un indice importante dello stato di salute del capello. Per il capello le funzioni certe delle guaine sono: fornire ancoraggio e supporto metabolico-nutritivo al capello in sviluppo, controllare la cinetica delle cellule della regione del collo del bulbo, determinare la forma definitiva delle fibre cheratiniche. La guaina epiteliale esterna della radice è in continuità con l’epidermide e ne è simile nella struttura. Essa avvolge il follicolo per tutta la sua lunghezza, ma non circonda la parte inferiore del bulbo, mentre inizia all’altezza del dotto della ghiandola sebacea. Le cellule della guaina epiteliale esterna contengono abbondanti granuli di glicogeno. Quella che estraiamo con la pinza, quando facciamo un tricogramma, è invece quella epiteliale interna della radice. Questa guaina, cheratinizzandosi, fascia con le sue cellule il capello a spirale per poi desquamare e perdersi a livello dell’infundibulo. Visivamente la guaina epiteliale interna inizia all’altezza del bulbo: la sua lunghezza ci indica la profondità del bulbo nella cute. L’osservazione di uno stelo di capello bianco naturale non comporta problematiche particolari grazie alla interpretazione delle bande fatta sulla base della scala dei colori di Newton. Un capello intatto normale e bianco naturale (non colorato) si presenterà giallo alla cuticola (50 micron), poi rosso (70 micron) alla corteccia, poi blu vicino al midollo (90 micron), poi verde (120 micron) nella sua zona più spessa. Va detto che però difficilmente un capello raggiunge i 120 micron di diametro, forse solo in alcune popolazioni asiatiche. Lo spessore di un capello europeo è di circa 50 – 80 micron. Un capello bianco che ha subito un danno leggero nella struttura cristallina, a esempio a causa di eccessivi lavaggi alcalini, si presenterà più vuoto, giallo e rosso (perdendo i colori di polarizzazione verde e blu). Un capello bianco che ha subito un danno più forte, a esempio da permanente, si presenterà con colore dominante giallo. Un capello decolorato, che ha completamente perso la struttura cristallina, non presenterà più colori di polarizzazione e si mostrerà al microscopio come bianco – diafano. L’osservazione di un capello colorato, di colore naturale (nero, castano, rosso, biondo), evenienza assai più frequente nella pratica clinica, mostrerà invece tutti i colori di polarizzazione fino al verde perché, in questo caso, la cheratina contiene i pigmenti naturali, le melanine, che faranno variare, rallentandola, la velocità dell’onda di luce polarizzata, e non sarà possibile alcuna valutazione senza che il microscopio sia corredato di un oculare micrometrico, così da conoscere il reale diametro del capello in esame. L’osservazione di un capello colorato artificialmente presenta solo in parte le problematiche interpretative di un capello di colore naturale e questo lascia vedere i granuli del pigmento artificiale, non melanico, fra le squame della cuticola e nella parte più superficiale della corteccia.
Le “Incidenze”
Quello delle incidenze è un capitolo clinico descrittivo, pratico, non ancora scientificamente convalidato ma con molte evidenze nella clinica pratica. Quando i follicoli dei capelli sono di qualità intermedia (non perfetti ma neppure alopecico-miniaturizzati) all’esame obiettivo facilmente riscontriamo situazioni coadiuvanti o concomitanti una alopecia. Sono situazioni spesso solo para fisiologiche o caratteriali, che incidono sulla evoluzione naturale della alopecia e che abbiamo definito con il termine di “incidenze”. Intendiamo per incidenze una serie di situazioni che sono di per sé in grado di provocare un effluvio e portare la capigliatura a una mancanza di corpo (più che a una vera carenza di numero di capelli). Situazioni che possono anche modificare la velocità, l’andamento e l’aspetto clinico di un defluvio e non solo androgenetico. Sta di fatto comunque che, curando quello che pare essere solo il sintomo di accompagnamento, come detto una incidenza, la situazione oggettiva dei capelli e del cuoio capelluto migliora. Per esempio, turbe di origine metabolica vanno a minare la corretta formazione della sequenza peptidica della cheratina del capello con ritardi di cheratinizzazione (dal punto di vista chimico ritardi di peptizzazione). In particolare, il ritardo più grave è quello dei ponti idrogeno (tra un elemento di O e uno di N) N-H-O. Se c’è un ritardo di peptizzazione, cambia l’inclinazione dei ponti di idrogeno e alla microscopia questa deviazione apparirà come una variazione morfologica del bulbo e una cheratinizzazione più alta, perché ritardata, diversa a seconda della qualità del danno. è importante sottolineare che queste incidenze sono ben visibili al microscopio in luce polarizzata.
Le Incidenze al microscopio
1) Incidenza digestiva: è presente il riscontro anamnestico di alterazioni della digestione in senso lato, con problematiche che possono interessare l’intero tratto gastroenterico (dalla bocca all’ano). Clinicamente si rileva un diradamento più importante a carico della zona anteriore del cuoio capelluto, che interessa per 4 – 5 cm l’inserzione frontale, modificando il classico diradamento a tipo Hamilton, che descrive un ciuffetto sopra frontale parzialmente risparmiato.
2) Incidenza nervosa: in microscopia a luce polarizzata si osservano cuticole sfrangiate sopra il collo del bulbo e/o bulbi assottigliati. Questo paziente si presenta agitato, ansioso, in uno stato di tensione psico-fisica, a volte visibile ma a volte negata; spesso all’estrazione dei capelli da analizzare riferisce un dolore molto forte. Il riscontro clinico di diradamento nella zona del vertice interessa la fascia di 4 – 5 cm fra le orecchie con telogen effluvio, alopecia areata (anche incognita), iperidrosi.
3) Incidenza da deperimento fisico: in microscopia si riscontrano linee nerastre sopra al bulbo, qualcosa di simile alle strie di Beau dell’unghia, una sorta di “marcatura da corto circuito adrenergico” avvenuta nel momento in cui si arresta la normale sequenza di cheratinizzazione. Si riesce addirittura a risalire all’epoca dell’episodio misurando con il micrometro la distanza dell’alterazione dal bulbo (1 cm circa l’anno). Nell’anamnesi sono presenti episodi fisicamente importanti: non tanto deperimento, ma forti stress ossidativi per l’organismo, a volte non necessariamente negativi (dimagrimenti veloci, lutti, gravidanze, aborti, periodi di vita particolari). Clinicamente si riscontra un diradamento a fascia nella zona compresa tra il vertice e la zona nucale, con una “tonsura” ovale o rettangolare, con telogen effluvio cronico, capelli sottili, corti e malformati.
4) Incidenza da deperimento psico-fisico o psicosomatico: in microscopia si riscontrano veri e propri nodi deformanti sopra il bulbo. La clinica mostra un diradamento nella zona posteriore del cuoio capelluto, all’altezza della spina occipitale: un diradamento a fascia di 4 – 5 cm con telogen effluvio cronico e/o ipotrichia. All’anamnesi si trovano episodi di vita in cui l’equilibrio psico-fisico è stato messo in difficoltà o in cui prove fisiche importanti si sono protratte a lungo, così da coinvolgere anche il compenso psicologico (per esempio depressione o anoressia).
(Articolo tratto dalla nuova edizione del Manuale di Tricologia per concessione della Società Italiana di Tricologia).