La costituzionalità dei decreti sul Green Pass

A due noti filosofi che hanno espresso dure opinioni sui decreti che hanno introdotto il green pass risponde con argomenti giuridici un noto magistrato

del dott. Saverio Corasaniti, già Presidente TAR 

I filosofi Cacciari e Agamben hanno espresso il loro parere politico/giuridico negativo sui decreti legge adottati per introdurre e disciplinare il green pass, strumento che, a loro dire, somiglierebbe alle limitazioni in atto nell’Unione Sovietica. Gli stessi, dopo aver sostenuto che con la decretazione d’urgenza il Governo ha imposto obblighi di fare irreversibili senza prendere in considerazione il Parlamento, hanno sottolineato la pericolosa (per la democrazia) ingerenza nella vita privata e hanno invitato i cittadini a vigilare affinché le regole della nostra Costituzione e i delicati equilibri tra i poteri dello Stato, soprattutto nei rapporti con i cittadini, non si alterino oltre i limiti consentiti. Queste accese espressioni hanno finito per estremizzare e prolungare la protesta contro il green pass, e non convincono. Lo Stato, infatti, può legittimamente condizionare i comportamenti esterni dei singoli suscettibili di avere conseguenze sugli altri e sulla società. Non può invece condizionare le opinioni (o le coscienze) e in generale le manifestazioni di pensiero, tutelate dalla Carta costituzionale (art. 21). Prima della disamina della dedotta violazione da parte del Governo delle predette regole costituzionali, ritengo opportuno sottolineare che i vaccini, pur non offrendo una protezione completa, hanno rafforzato le barriere protettive contro il virus da Covid 19 e quindi rappresentato un’arma fondamentale per tornare alla vita. Recenti dati statistici dicono che il 90% dei pazienti in terapia intensiva sono non vaccinati e fortunatamente la ricerca scientifica ha compiuto un’impresa colossale nel fornirci in un anno e mezzo gli strumenti per non ammalarsi gravemente. Le mascherine, i distanziamenti e il green pass hanno tutti assieme limitato sensibilmente i contagi e consentito una certa libertà di circolazione, di attività lavorative. I nostri ragazzi sono tornati a scuola in presenza esercitando quel diritto di accedervi riconosciuto dalla stessa Costituzione (art. 34) e la vita sociale ed economica sono riprese. A fronte di tutto ciò sostengo che, in piena epidemia, la pubblica comunicazione dei due filosofi, non è stato un bel messaggio, un capolavoro di vicinanza e sostegno per il benessere psicologico dei malati e della collettività ancora terrorizzata. Nel mondo i morti per Covid ammontano a oltre cinque milioni ed i contagi sono ancora talmente ad alto rischio da spingere alcuni Stati a sottoporre i propri cittadini a un regime di lockdown o ad altre restrizioni e limitazioni con regole di controllo più severe soprattutto per i non vaccinati. Ora nel riprendere la questione della ritenuta non conformità alle regole della nostra Costituzione dei decreti legge in epigrafe ritengo che sarebbe stato più appropriato, logico e opportuno per i predetti stimati (anche dal sottoscritto) cattedratici muoversi nella materia di loro competenza senza penetrare quel ramo del diritto pubblico che studia i principi e le norme fondamentali della vita dello Stato e dei cittadini. Per avvalorare la loro critica politico/costituzionale e sostenere l’inutilità del green pass si è partiti dall’affermazione apodittica che quest’ultimo non ha eguali in altri paesi europei. Il green pass ha spinto tanti irriducibili a immunizzarsi e insieme alla previa vaccinazione, ciò ha fatto conseguire all’Italia risultati di gran lunga superiori di quegli Stati che non hanno posto in essere tutte le nostre modalità di difesa preventiva e che ora ci imitano a seguito della recrudescenza dei contagi e dei ricoveri in terapia intensiva. Il nocciolo della questione che ci interessa, poi, è che il Governo ha utilizzato i decreti legge per introdurre e disciplinare il green pass al fine di monitorare i contagi. L’Esecutivo, in presenza dell’imprevedibile virus e del veloce peggioramento delle situazioni epidemiche, con una pluralità di decessi giornalieri da Covid 19 e un alto indice di ospedalizzazione, non poteva responsabilmente ricorrere alle ordinarie e lunghe procedure legislative. In siffatta situazione di grave emergenza la decretazione d’urgenza si presentava dunque come un atto dovuto al fine di predisporre con immediatezza tutti i mezzi necessari per farvi fronte e, per disposizione costituzionale (art 77/ comma 2) il Governo era legittimato ad adottare, sotto la propria responsabilità provvedimenti provvisori con forza di legge in casi straordinari di necessità ed urgenza. La norma pone in risalto la responsabilità che consegue all’emanazione dei provvedimenti e riafferma, anche in tempi di emergenza, la dipendenza fiduciaria del Governo dalle Assemblee parlamentari, che, se ne ricorrono i presupposti possono sanzionare gli atti di normazione primaria adottati dal Governo su base straordinaria. Di conseguenza è quest’ultimo il solo giudice dell’urgente necessità di provvedere pur essendo obbligato a specificare e motivare nel preambolo le circostanze straordinarie che giustificano l’adozione dei suoi atti legislativi. La necessità e urgenza sono comunque condizioni legittimanti del potere straordinario governativo e costituiscono requisiti di validità dei decreti legge, di modo che l’eventuale evidente sua mancanza configura tanto un vizio di legittimità costituzionale dei decreti stessi quanto un vizio in procedendo delle leggi di conversione. Il vizio di evidente mancanza dei presupposti è rilevabile in ogni tempo indipendentemente dalla sopravvenuta legge di conversione: non esiste invero alcuna preclusione affinché la Corte Costituzionale proceda all’esame dei decreti legge e/o delle leggi di conversione sotto il profilo del rispetto dei requisiti di validità relativi appunto alla preesistenza della necessità e urgenza giustificativa dell’intervento legislativo del Potere esecutivo. La sussistenza del detto presupposto, oltre ad essere soggetta al controllo preventivo del Capo dello Stato custode della Costituzione in sede di emanazione del decreto, è riservata alla valutazione pure di merito del Parlamento ed al controllo dl legittimità della Corte Costituzionale. Di fronte alla ricordata affermazione per cui il green pass, somiglierebbe alle limitazioni che erano in atto nell’Unione Sovietica, appare non superfluo ricordare che la nostra Costituzione afferma il principio democratico secondo il quale la sovranità è attribuita per intero al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti tassativi stabiliti e che la stessa Carta costituzionale regola e limita il potere sovrano distribuendolo fra i diversi organi (divisione dei poteri) e stabilisce le condizioni e i modi del suo esercizio (art. 1, comma 2): l’dea di base è dunque quella del potere limitato e distribuito tra i predetti organi. La finalità dell’Assemblea costituente è stata in altri termini quella di evitare qualsiasi eccessiva concentrazione del potere e da ciò l’avvenuta predisposizione di mirati congegni di suddivisione ed articolazione dei poteri politici, specificamente di quelli supremi. Sono stati pertanto previsti: due Camere con poteri di decisione legislativa (art. 70); il Governo al quale è stata, tra l’altro, attribuita la suddetta funzione legislativa straordinaria (art. 77); un Presidente della Repubblica garante che di fronte a possibili violazioni della legalità, specie costituzionale, ha poteri di intervento e di veto sospensivo; un potere giudiziario indipendente affinché il principio di legalità non rimanga una astrazione ed il cittadino possa avere giustizia (la garanzia giudiziaria è al centro del sistema costituzionale dei diritti); una Corte Costituzionale abilitata a dichiarare l’eventuale illegittimità costituzionale delle leggi anche per vizi attinenti ai presupposti dei decreti convertiti. In tale quadro e contesto se i poteri di decisione a livello legislativo vengono attribuiti alle due Camere per elezione e mandato dei cittadini (in attuazione del principio rappresentativo) ne consegue ragionevolmente che la composizione e gli orientamenti del Parlamento (destinatario del consenso popolare) che si concretizzano nelle norme primarie siano verosimilmente e di regola corrispondenti alle opinioni ed interessi del popolo rappresentato. Nel caso che ne occupa tutti i decreti legge citati dai due filosofi sono stati, dopo il vaglio positivo del Presidente della Repubblica, condivisi e convertiti dal Parlamento e non risulta che la Corte Costituzionale sia stata investita della questione di costituzionalità relativa ai decreti stessi o alle leggi di conversione con richiesta di dichiarazione della loro illegittimità costituzionale. In tale contesto appare difficile intravedere quelle alterazioni delle regole della nostra Costituzione e dei delicati equilibri tra i poteri dello Stato che si sarebbero verificati con l’adozione dei censurati decreti legge sul green pass. Sulla base delle surriferite considerazioni è difficile accettare passivamente le asserzioni dei pur prestigiosi due filosofi anche perché esse non tengono conto del motto pro vita contra dolorem semper.