Un chirurgo plastico utilizza le radiofrequenze frazionate ad alto dosaggio ipnotizzando le pazienti. Ecco la sua esperienza.
È opinione comune che l’ipnosi sia un qualcosa di esoterico che imbriglia la mente, addormenta la persona “vittima di tale pratica”, che si comporta amò di schiavo nelle mani
di un altro. Niente di più sbagliato.
Durante una trance ipnotica la persona che si sottopone non altera minimamente il suo stato critico nei confronti di quanto lo circonda e sceglie lui di fare o non fare, con assoluto
libero arbitrio. Allora se è così, sorge spontanea una domanda. Che cos’è l’ipnosi? È uno stato modificato di coscienza in cui la persona non perde assolutamente la lucidità o il libero arbitrio. Si può definire come uno stato di coscienza “monoidea”, uno stato che non è veglia e non è sonno, in cui l’individuo concentra tutte le sue risorse mentali e/o fisiche
in una unica direzione. Questo sforzo può essere teso a un rilassamento psichico o fisico per ritrovare lo stesso vigore che si ottiene con un sonno fisiologico,ma in tempi molto
più rapidi, o al ritrovare ricordi creatisi anche in età in cui il soggetto era piccolissimo, nascosti alla memoria cosciente e causa a esempio di fobie o traumi persistenti da adulto.
Altrimenti possono essere volti a ottenere una determinata prestazione fisica, permettendo a chi è ipnotizzato di concentrarsi su e solo su essa, lasciando al di là della propria attenzione, a esempio, il corollario intorno alla prestazione sportiva, come le grida
del pubblico o la cosiddetta “ansia da prestazione”. Molti atleti corrono, pedalano nuotano o remano sotto una forma di auto-ipnosi. Queste considerazioni e la mia esperienza con questa metodica mi hanno fatto pensare, nel corso della pratica clinica che compio giornalmente, di utilizzare l’ipnosi per eseguire alcune tipologie di interventi che possono ottenere risultati molto positivi ma che comportano anche dolore e fastidio per il paziente. In particolare ho pensato alla radiofrequenza (Fractora-Tite eseguita a dosaggi di 60 MJ
con testina a 24 aghi. Se tale metodica, infatti, da un lato permette di conseguire risultati quantomai soddisfacenti, dall’altro crea uno sconforto e un dolore nel suo utilizzo che
a volte obbliga il chirurgo a doverla eseguire in sedazione più o meno cosciente, in sala operatoria, facendone lievitare i costi e soprattutto la morbilità. Inoltre va tenuto conto
che, come risulta dalla nostra esperienza, infiltrazioni di anestetico locale finiscono col disperdere l’effetto della radiofrequenza e ne riducono l’efficacia. D’altro canto la pratica ci suggerisce di non rinunciare alla metodica in quanto essa ha trovato negli ultimi anni indicazioni in aree di trattamento sempre più estese e soddisfacenti. Oltre alle aree “convenzionali” del viso e del collo, dell’interno braccia e della coscia, la stiamo usando
anche per lievi ptosi mammarie, associate a lipofilling delle zone sottoareolari.
Milton Erikson, colui che ha standardizzato l’ipnosi cosiddetta moderna, afferma che il dolore è somma di tre fattori: 33% del dolore presente; 33% del ricordo di dolori passati; 33%della previsione di dolori futuri. Con l’ipnosi è possibile eliminare le ultime due voci, con innegabile vantaggio. Naturalmente prima di un trattamento del genere risulta di
grandissima utilità il cosiddetto pre-talking, in cui viene detto al paziente in che modo funziona la metodica e le sue possibilità. In questa occasione viene pure eseguito un
test per valutare la ipnotizzabilità del soggetto. È il cosiddetto test di Shindler che consiste nell’invitare il paziente a rivolgere il proprio sguardo in alto a testa ferma e poi progressivamente e lentamente chiudere le palpebre. Durante tale azione viene valutato e assegnato un punteggio al lasciare visibile il bianco dell’occhio, come pure l’eventuale strabismo presente. Più sono evidenti questi segni, più è alta l’ipnotizzabilità del paziente.
In pratica si valuta l’abilità del paziente di ottenere anestesia/ipoestesia.
Altro test che può integrare quello di Shindler, è il cosiddetto test dei tre assi: con un pennarello oppure un dito posizionato dinanzi al paziente a debita distanza, lo simuove
prima in alto ed in basso, poi a destra e sinistra ed infine avanti e dietro sino
a percepire una variazione nella sua facies (trigger). Superato il test si induce la trance ipnotica con tecniche della cosiddetta ipnosimedica rapida.
Una volta raggiunto un soddisfacente risultato, il paziente viene ancorato. Tale metodica altri non è che posizionare un“segnalibro” (abitualmente unire il pollice e l’indice della mano sinistra) che permette di ritornare autonomamente, se lo vuole e solo se lo vuole, nella trance ipnotica, ogni volta meglio, più profondamente e più velocemente. Il tutto in meno di tre minuti. Dalla mia esperienza ho constatato come i risultati ottenuti con radiofrequenza
frazionale con Fractota-Tite con tecnica convenzionale sono praticamente sovrapponibili,ma a costi superiori e disagio, a mio parere, superiore per il paziente. Inoltre va tenuto conto dei benefici indubbi dell’ipnosi: non necessita di una quantità di tempo pregiudizievole alla gestione dei tempi dedicati al singolo paziente nello studio medico (2 o 3 minuti possono essere sufficienti), ottiene un grado di ipoestesia/analgesia soddisfacenti da un punto di vista pratico, la gestione autonoma dell’ipnosi evita dipendenza dall’ipnologo e permette
al paziente di usufruire della metodica anche per dormire senza farmaci descritti in precedenza. Unica pecca: se il paziente non usufruisce dell’ancoraggio per un tempo
sufficientemente lungo, lo perde e necessita di essere re-indotto e riancorato.