Inverno e basse temperature sono nemici della pelle?

Spossatezza, insonnia, mal di testa persistente ma anche depressione e malinconia: questi sono alcuni dei sintomi più comuni che i pazienti lamentano nel periodo invernale. La maggior parte delle volte, anche se in assenza di febbre o dei classici brividi freddi, la diagnosi è la stessa: stato parainfluenzale. In realtà, ricerche alla mano, in molti casi i virus stagionali non c’entrano molto e si dovrebbe piuttosto valutare l’ipotesi che ci si trovi dinanzi a una classica sindrome metereopatica. Dal greco meteoros (in alto nell’aria) e pathos (malattia), con questo termine si indica una condizione psicofisica che si presenta in coincidenza con i cambi di stagione e con l’abbassamento o innalzamento delle temperature o del tasso di umidità, ma anche in concomitanza con la comparsa di venti particolarmente freddi o caldi, con l’aumento delle precipitazioni temporalesche o nevose. A esserne più colpiti sono di solito coloro che stanno affrontando periodi di particolare ansia e disagio psicologico o che stanno vivendo momenti di fragilità emotiva. In costoro, il cambiamento di temperatura esterno, sottopone il corpo e la pelle a un aggiustamento dei propri parametri interni necessari per acclimatarsi alle mutate condizioni del tempo. Fisiologicamente tutto ciò corrisponde a uno stress che ha un effetto su tutto il sistema PNEI (Psico – neuro – endocrino – immunologico) coinvolgendo a livello centrale l’ipotalamo che va incontro a una maggiore secrezione di serotonina; l’ipofisi che controlla diversi ormoni che svolgono importanti funzioni fisiologiche; ma anche la tiroide con più produzione di tiroxina; e il surrene con un’anomala produzione di catecolamine. Discorso a parte meritano le sindromi meteoropatiche secondarie. Queste ultime colpiscono circa un quarto della popolazione e a differenza delle forme primarie, si caratterizzano per il peggioramento di alcune malattie croniche e infiammatorie quali la psoriasi, la dermatite seborroica o l’acne. La problematica s’intensifica soprattutto in inverno per diversi motivi favorenti o scatenanti. La pelle sensibile, condizione che in Italia accomunerebbe circa il 50% delle donne, con il freddo va incontro a reazioni anomale. In un clima rigido il film idrolipidico cutaneo si assottiglia e la pelle già stressata diventa più secca, ruvida e screpolata, e ciò induce un peggioramento della tipica sensazione di tiraggio e disidratazione, in particolar modo sulle labbra e sulla pelle del viso e di altre parti normalmente scoperte, come le mani. Ciò accade a causa di una riduzione nella produzione di sebo e a una temporanea insufficienza della barriera cornea. Il freddo, inoltre, causando la restrizione dei vasi sanguigni, provoca disidratazione, soprattutto quando c’è molto vento. E sempre il fenomeno del vasospasmo, ossia il passaggio da una condizione di vasodilatazione a una di vasocostrizione, che si manifesta tipicamente quando si passa dal freddo esterno al calore di un ambiente riparato, provoca arrossamenti cutanei associati a sensazioni di calore e di bruciore: il cosiddetto flushing, immancabile in chi è afflitto da rosacea. A peggiore la situazione è il fumo in quanto la nicotina restringe i vasi sanguigni; le malattie vascolari periferiche, le malattie del tessuto connettivo, in particolare lupus eritematoso, sclerosi sistemica o in associazione con il fenomeno di Raynaud. Anche i geloni rappresentano l’esito di una reazione alle basse temperature seguita da un rapido e brusco riscaldamento con una dilatazione dei capillari più rapida che può comportare la fuoriuscita di componenti ematiche e infiammazione nella cute circostante (eritema pernio). Un altro fattore che può peggiorare la sintomatologia dermatologica è legata al tipo di abbigliamento che caratterizza il periodo invernale. Dal freddo ci si protegge con indumenti di lana o molto pesanti che però possono indurre una maggiore traspirazione che può dar luogo a squilibri nel corretto turn-over cellulare e amplificare sensazioni come quella del prurito, specie a livello del tronco, delle braccia e delle gambe. Ad aggravare la ipersensibilità cutanea, soprattutto in città, ci può essere l’aumento dell’ozono e di alcune sostanze provenienti dall’inquinamento atmosferico, il cui potere ossidativo può danneggiare lo strato corneo, favorendo l’ossidazione dei lipidi e delle proteine degli strati più superficiali e la deplezione delle vit. C ed E. Si sa che il freddo provoca fissurazioni e screpolature che è importante trattare per tempo al fine di prevenire infezioni secondarie specie in chi soffre di psoriasi. Questi fastidi aumentano in inverno anche per il rallentamento del turn over cellulare e, clinicamente, si manifestano con l’accentuarsi delle classiche squame e del prurito. In tutti questi casi, l’indicazione non può che essere sempre la stessa: tentare di prevenire gli effetti che il clima ha sulla pelle agendo per tempo con una efficace beauty routine quotidiana atta a ripristinare il film idrolipidico cutaneo. La pelle non va lavata con prodotti aggressivi ricchi di tensioattivi mentre è fondamentale scegliere prodotti dermo compatibili, efficaci sulla barriera cutanea, che assicurino idratazione e schermatura da freddo e stress ossidativo senza dimenticare una adeguata protezione solare. In molti casi, può rivelarsi opportuno associare all’utilizzo di tali dermocosmetici, anche integratori selezionati per dare in anticipo un supporto e potenziare l’organismo per quando agenti esterni quali il vento le basse temperature porteranno il loro attacco a pelli già malate, sensibili o stressate. Un’ultima semplice considerazione: le manifestazioni cutanee che si accentuano nei mesi più freddi risultano di più a causa del colorito più chiaro della pelle in inverno.