Integrazione, dieta e sport: la ricetta di lunga vita

Quali sono i fattori che influiscono sulla longevità e in che modo è possibile migliorare la qualità dell’esistenza umana

Da anni la medicina si interroga su quali siano i fattori determinanti della longevità. Per decenni si è ipotizzato che fondamentale fosse la predispposizione genetica. La ricerca si è così concentrata sulla scoperta di quali geni sono maggiormente coinvolti nei meccanismi dell’invecchiamento mentre l’industria medica e cosmetologica ha dato impulso alla ricerca su quali molecole potessero preservarne il loro corretto funzionamento proteggendoli dai danni del tempo e rallentandone il declino. Oggi sappiamo però che il nostro DNA è sì importante, ma in una percentuale che non supera il 20-25%.

Claudia Bauco, Resp. Geriatria Ospedale Santa Scolastica, Cassino (FR)

A influire sulla durata della vita è in primis la prevenzione dei fattori di rischio, attraverso controlli regolari e uno stile di vita sano – spiega la dottoressa Claudia Bauco, responsabile del reparto di geriatria dell’ospedale Santa Scolastica di Cassino – e se la durata della vita e il numero delle persone novantenni e centenarie crescono sempre di più è perché stiamo vedendo i frutti di una buona medicina basata sulla prevenzione primaria e secondaria delle malattie croniche”. Un concetto che prende il nome di compression of morbidity. “Abbiamo, cioè, spostato l’esordio delle patologie legate all’invecchiamento – continua la dottoressa Bauco – che oggi avviene più avanti negli anni, allungando via via la curva di sopravvivenza. Ciò vuol dire che sempre più persone arrivano al life span, cioè il limite massimo per la specie umana, che oggi potrebbe giungere a 115-120 anni”. Ma volendo mettere a punto un piano di longevità, cosa bisognerebbe fare? “Prima di tutto attività fisica moderata e ricreativa, abolizione del fumo, moderazione nell’assunzione di alcolici e alimentazione sana sono fondamentali. Secondo uno studio inglese – spiega la geriatra – anche iniziando dopo i 50 anni ad applicare questo tipo di controllo dei fattori di rischio, gli uomini possono guadagnare tra i quattro e i sei anni di vita in più e le donne tra i sei e i sette anni”. Cionondimeno, però, non va mai dimenticato che la prevenzione dell’invecchiamento passa anche dalla protezione del DNA. Gli studi dimostrano che chi arriva molto in là negli anni ha una maggiore capacità di protezione contro i danni del suo materiale genico, data da migliori capacità antiossidanti al livello dei mitocondri. “E questo – continua la Bauco – è anche il motivo per cui le diete più efficaci da questo punto di vista sono quelle più ricche di antiossidanti”. Una ulteriore stimolo ad approfondire quanto detto verrebbe anche dall’ipotesi che le persone più anziane avrebbero una migliore capacità di risposta dinanzi ad alcune patologie infiammatorie, non ultime il Covid. Nonostante il controsenso apparente – considerato l’alto numero di anziani deceduti a causa del virus – sebbene non vi sia uno studio specifico a tale proposito, molti medici di base hanno osservato nella loro pratica clinica una generale migliore capacità di risposta da parte delle persone più anziane in diversi casi covid. A tale proposito la dottoressa Bauco esprime una sua opinione: “è vero che c’è stata una maggiore mortalità nella popolazione ultraottantacinquenne già affetta da polipatologia ma, nel periodo in cui il nostro ospedale ha organizzato un reparto covid, spesso ci siamo meravigliati di come pazienti molto anziani che avevano contratto la polmonite fossero riusciti a superarla, mentre pazienti più giovani erano andati incontro a fatali insufficienze respiratorie. Ciò può far ipotizzare qualcosa finora di inesplorato, ovvero una correlazione tra la longevità e una migliore capacità di risposta alle patologie, qualcosa che andrebbe studiato più approfonditamente e non considerato solo come un fatto aneddotico“. Ma come applicare queste nuovo conoscenze alla lotta all’invecchiamento, e alla sua componente cutanea ed estetica? La risposta appare quasi scontata: adottando una prevenzione a 360°, anche nei riguardi di alcuni aspetti fisiologici e patologici propri dell’invecchiamento. è noto e incontrovertibile, infatti, che se anche ogni individuo mostra una sua risposta specifica verso le aggressioni fisiche, interne ed esterne, che causano i distinti processi del crono-aging e del foto-aging cutanei, e che ciò è strettamente collegato al modo in cui le cellule resistono a meccanismi fisici e biochimici che inducono il loro degrado, è altrettanto vero che eventuali differenze possono essere superate o quanto meno limitate. Basta inserire nella propria dieta quotidiana integratori che contenendo pool di ingredienti specifici che svolgono attività a livello cellulare, stimolando la produzione di quelle sostanze che con il passare degli anni subiscono dei mutamenti nella loro concentrazione come nel caso dell’acido ialuronico e del collagene, il cui decadimento influisce in modo importante sul corretto tono e trofismo cutaneo.

O anche integratori che agendo sui meccanismi di difesa della barriera cutanea, sono in grado di ripristinarne la corretta funzionalità che diminuisce nel corso della vita, rendendola maggiormente reattiva alle aggressioni esterne come i raggi UVA e UVB, ma anche gli agenti atmosferici che possono accelerare il processo di foto e crono-aging. Tale integrazione, contribuendo al benessere generale dell’organismo, avrebbe poi l’indubbia funzione non solo di preservare una esteriorità che va di pari passo con le aspettative di vita dell’individuo ma soprattutto influisce anche sul suo tono mentale. Del resto sono numerose le sostanze attive oggette di studio che promettono di essere efficaci sia in un senso che nell’altro. Prendiamo come esempio la Withania Somnifera, o ginseng indiano, da sempre utilizzato nella medicina ayurvedica. Studi recenti hanno messo in evidenza come il principio attivo estratto dalle sue radici oltre ad avere importanti funzioni immunomodulatrici e antinfiammatorie, possiede anche una naturale efficacia nel controllo dell’insonnia e dei valori di stress, importanti cause di deperimento cognitivo nel lungo periodo. Lo stesso dicasi di un’altra pianta come l’uva spina indiana o Phyllanthus emblica, che possiede uno straordinario quantitativo di vitamina C, polifenoli come acido gallico, acido ellagico e quercetina, glicosidi e tannini: sostanze che da un lato difendono il sistema immunitario rendendolo più forte, aumentano la produzione di collagene, aiutando a mantenere equilibrati i livelli di zucchero nel sangue e a ridurre il colesterolo “cattivo” (LDL), dall’altro svolgono anche una dimostrata azione di protezione delle funzioni cognitive. L’elenco potrebbe continuare a lungo coinvolgendo altre sostanze estratte da piante o frutti provenienti da ogni parte del mondo e non casualmente utilizzate da secoli nell’ambito dei sistemi di cura di tante scuole di medicina tradizionali per le loro comprovate capacità riparative e guaritrici. Ma che oggi, fortunatamente, sono facilmente alla portata di chiunque grazie alla riscoperta effettuata dalla farmacopea occidentale. Insomma, come detto all’inizio, alla base di un invecchiamento più dolce e di una maggiore resistenza alle insidie dell’età, tanto dal punto di vista mentale che estetico, vi è la consapevolezza che il tempo va anticipato, rallentato e fermato prima che possa causare danni irreparabili. E che ciò è possibile anche grazie a una migliore alimentazione e all’implementazione di quelle sostanze che piano piano il nostro organismo fatica a fabbricare. Un apporto quotidiano di gioventù e bellezza che non ha niente da spartire con i mitici elisir di lunga vita tanto ricercati dagli alchimisti fino a un secolo fa ma che si rivela ugualmente magico.