Inizia la sfida diagnostica con l’intelligenza artificiale

L’arrivo sul mercato di App e di sistemi basati sugli algoritmi predittivi per identificare melanomi e altre patologie cutanee è fonte di preoccupazione

La medicina moderna non può più fare a meno della tecnologia. Soprattutto in ambito diagnostico dove il ricorso a strumenti digitali e a sistemi intelligenti è sempre più diffuso e affidabile. Non si tratta solo di apparecchiature utilizzate dai laboratori d’analisi, perché nel campo dell’oncologia e dell’oculistica esistono già macchine dotate di algoritmi in grado di fare autonomamente diagnosi cliniche. La ricerca di algoritmi utilizzabili nella diagnosi del melanoma e di altre patologie dermatologiche, iniziata da diversi anni, non può essere più ignorata dai dermatologi, ai quali viene presentata come ausiliaria della pratica ambulatoriale. Gli aspetti più preoccupanti su cui riflettere sono però almeno due: l’affidabilità di una diagnosi clinica fatta da una macchina e, non meno importante, la commercializzazione di apparecchi di uso comune da posizionare, per esempio, nelle farmacie e perfino nei centri estetici e nelle profumerie. Non si tratta di esagerazioni perché molte aziende produttrici non avrebbero scrupoli a immaginare smartphone o tablet in grado di sostituire i camici bianchi. Soprattutto quando si tratta di indagare, in maniera non invasiva, la superficie della pelle. L’allarme è apparso in un articolo scritto da diversi medici e pubblicato sul British Medical Journal, in cui gli autori si sono detti preoccupati rispetto applicazioni che usano gli algoritmi perché, a loro parere, non possono essere considerate affidabili per la diagnosi dei tumori della pelle. Non la pensa in questo modo Google che ha appena lanciato Dermatology Assist, una App diagnostica scaricabile gratuitamente basata sull’intelligenza artificiale, che sarebbe capace di riconoscere e diagnosticare ben 288 malattie di pelle, capelli e unghie. Il meccanismo è molto semplice: basta caricare una foto sul dispositivo e rispondere a qualche domanda su età, sesso, fototipo e sintomi esistenti. Questa procedura viene presentata anche come strumento di prevenzione che potrebbe aiutare tante persone a riconoscere una lesione sul nascere, evitando che venga sottovalutata o scambiate per altro, prima di recarsi da uno specialista in dermatologia. Lo strumento è stato sviluppato in circa tre anni di ricerca analizzando 65.000 immagini di patologie cutanee già diagnosticate, confrontate con immagini di pelle sana in varie varie fasce d’età e genere diversi. Secondo uno studio pubblicato su Nature Medicine, le risposte corrette dell’applicazione sarebbero pari a quelle di un gruppo di specialisti. Nonostante sia convinzione generale che nulla possa sostituire l’esperienza di un bravo medico, e che l’occhio e l’esperienza di un professionista vale più di qualsiasi tecnologia, non è nuovo il tentativo di sottrarre alla dermatologia competenze professionali finora esclusive. Non è solo un problema di diminuzione delle prestazioni ambulatoriali, ma soprattutto della sicurezza dei pazienti, a cui viene detto che le macchine non offrono una diagnosi ma una semplice valutazione indicativa, perché le patologie più gravi vanno necessariamente prese in carico dal dermatologo. Sul Journal of the American Academy of Dermatology, è recentemente apparso il lavoro di un gruppo di ricerca del Dipartimento di Dermatologia dell’Università di Göteborg (Discrimination between Invasive and In situ Melanomas Using a Convolutional Neural Network), che in 4 anni è riuscito ad addestrare, attraverso il machine learning, un sistema d’intelligenza artificiale per determinare se il melanoma cutaneo fosse invasivo e ci fosse un rischio di metastatizzazione. All’algoritmo sono state sottoposte 937 immagini dermatoscopiche di melanoma, e successivamente è stato testato su 200 casi diagnosticati da sette dermatopatologi. Apparentemente i risultati sono stati favorevoli alla macchina che – a detta di Sam Polesie, capo ricercatore – potrà essere ancora migliorata. In commercio ci sono già software che utilizzano l’Intelligenza Artificiale per una diagnosi delle lesioni e per calcolare in modo automatico ogni minima variazione ed irregolarità clinica. Per chi non lo conoscesse, il meccanismo del machine learning simula la capacità umana di apprendere dall’esperienza tramite reti neuronali convoluzionali che permettono alla macchina di essere continuamente istruita con un alto numero di immagini e informazioni relative a lesioni benigne o maligne. La lesione in esame viene valutata con il sistema di Intelligenza Artificiale che la confronta con il Data Base in suo possesso ed esprime rapidamente un giudizio sul grado di atipia della lesione. Come è successo per gli scacchi, non vorrei sbagliare ma nell’arco di poco tempo saranno sempre più gli articoli che racconteranno la sfida fra gli algoritmi e i dermatologi nella diagnostica dei melanomi e di altre dermopatie. Quando le macchine non raggiungeranno solo la parità ma prevarranno, come viene già riportato sugli Annals of Oncology, con un 95% di diagnosi corrette contro l’86,6% ottenuto dai dermatologi, allora la mappatura e la valutazione dei nei diventerà una pratica diffusa anche nella farmacia sotto casa. Sarà forse troppo tardi, allora, rivolgersi alle Autorità sanitarie per invocare un’adeguata protezione del pubblico sostenendo che la malattia può celarsi dietro altre condizioni, come per esempio la cheratosi attinica, alcune cisti sebacee o i nevi di Spitz. Ai dermatologi resteranno solo le indagini più approfondite effettuate con l’epiluminescenza e, nei casi più dubbi, con la biopsia.