E’ stato calcolato che nel corso di una giornata il nostro sangue percorre circa ventimila chilometri all’interno di una rete di vene, arterie e capillari estesa per circa centomila chilometri. Non sorprende quindi che il network dei vasi sanguigni costituisca il primo e più esteso organo che si sviluppa nell’embrione cui fornisce l’apporto di ossigeno necessario alla vita e allo sviluppo. Durante l’embriogenesi, la componente vascolare si origina dal verificarsi di due processi, la vasculogenesi e l’angiogenesi. Nelle fasi molto precoci del periodo intrauterino la formazione ex novo di vasi di tipo capillare avviene a partire dal differenziamento in situ delle isole sanguigne, strutture composte da progenitori ematopoietici e da precursori endoteliali di derivazione mesenchimale (angioblasti). Le cellule endoteliali si dividono e si fondono a formare un plesso vascolare primitivo che, con l’inizio della circolazione sanguigna, dà origine a alla rete vascolare artero-venosa. La proliferazione delle cellule endoteliali avviene lungo l’abbozzo vascolare e le cellule si organizzano in modo da creare il lume del vaso stesso. Durante lo sviluppo embrionale, e successivamente anche nella vita postnatale, eventi angiogenici che partono dal plesso vascolare iniziale determinano l’espansione e la maturazione delle strutture vascolari primordiali, con crescita di nuovi vasi sanguigni di tipo capillare all’interno degli organi in via di sviluppo. Tale processo è di fondamentale importanza sia in condizioni fisiologiche, per esempio a livello uterino durante il ciclo mestruale, in eventi di rimodellamento tessutale o di cicatrizzazione delle ferite; sia in situazioni patologiche, come nelle infiammazioni croniche e nelle malattie ischemiche. All’interno dei vasi sanguigni, normalmente, l’endotelio si trova in uno stato quiescente, tuttavia preserva la capacità di rispondere a stimoli, diretti o indiretti, di natura ipossica, infiammatoria o a seguito di stress meccanici, e di attivarsi a causa del rilascio di citochine e fattori di crescita prodotti localmente per sopperire alla carenza d’ossigeno e di nutrienti. Questi mediatori biochimici, tramite vie di segnalazione autocrine e paracrine, possono causare modificazioni emodinamiche dei vasi preesistenti e l’aumento della micropermeabilità dello strato endoteliale (dissoluzione delle giunzioni cellulari e fenestrazioni), con la fuoriuscita di proteine del plasma e vari tipi di proteinasi, e l’instaurarsi di una condizione promigratoria. Il sistema dell’attivatore del plasminogeno, le metallo proteasi della matrice (MMP) e la famiglia delle eparinasi sono i gruppi enzimatici che più contribuiscono alla degradazione della membrana basale che va incontro anche ad assottigliamento. La riparazione della membrana basale e il ristabilirsi dei contatti aderenti tra le cellule favoriscono il rimodellamento strutturale dei capillari. In condizioni fisiologiche il turnover dell’endotelio vasale è notoriamente lento, con un ordine di grandezza di anni in quei tessuti e organi che non necessitano eventi angiogenici. Il Vascular Endothelial Growt Factor (VEGF) è, sia in condizioni fisiologiche che patologiche, una tra le più importanti proteine coinvolte nella regolazione dell’attività dell’endotelio vascolare e nell’angiogenesi, e diversi sono i meccanismi coinvolti nella sua regolazione genica: in primo luogo la concentrazione tissutale di O2, come dimostrato dall’aumento reversibile dei livelli di mRNA in condizioni di ipossia in vivo e in vitro, e il deficit di glucosio, legato allo stress. Il VEGF è pertanto di fondamentale importanza in molti processi fisiologici, come lo sviluppo embrionale, la cicatrizzazione delle ferite e il ciclo mestruale, ma anche in alcuni processi patologici caratterizzati dall’assenza di alcuni meccanismi regolatori e da un processo infiammatorio che attrae monociti/macrofagi, piastrine, mast cellule e altri leucociti. In particolare si tende a distinguere due classi di malattie associate alla genesi vascolare: quelle dovute ad una bassa attività angiogenica, come il danneggiamento dei tessuti in seguito a ischemia o a insufficienza cardiaca; e quelle dovute a un’alta attività angiogenica come il cancro (sia tumori solidi sia ematologici) o le infiammazioni croniche tra cui l’artrite reumatoide, la sindrome di Crohn, la retinopatia diabetica, la psoriasi, l’endometriosi e l’arteriosclerosi. La possibilità, quindi, di intervenire sulla salute dei vasi e il processo angiogenico, con un miglioramento della perfusione, l’incremento del flusso sanguigno e il recupero di tessuti ischemici, può rappresentare un valido supporto per favorire il recupero di organi o di tessuti danneggiati in particolare a livello cardiovascolare, mentre con l’inibizione del processo angiogenico, invece, si può contribuire al controllo di varie malattie infiammatorie. Va sottolineato come l’infiammazione e l’angiogenesi siano infatti due processi strettamente correlati. Il sistema immunitario ha un ruolo importante nella regolazione dell’angiogenesi, e molti studi indicano che i leucociti e le citochine proinfiammatorie (TNF, IL-1, e IFN) sono in grado di indurre la proliferazione vascolare. Le cellule endoteliali, a loro volta, contribuirebbero al reclutamento delle cellule immunitarie (immunoglobuline, selectine, CD34 e CD4) nel luogo dell’infiammazione attraverso l’espressione di specifiche molecole di adesione mentre i fattori pro-angiogenici (p.e. FGF-2), al contrario, inibirebbero considerevolmente la migrazione dei leucociti attraverso l’endotelio indebolendo l’immuno-sorveglianza. Un buon esempio della relazione esistente tra l’efficienza del sistema vascolare, l’angiogenesi e l’infiltrazione leucocitaria nelle infiammazioni croniche, ci viene dall’artrite reumatoide, in cui la presenza di nuovi capillari è una delle prime evidenze istopatologiche e si pensa sia indispensabile allo sviluppo del tessuto di granulazione. In tale patologia l’endotelio sinoviale è costantemente soggetto a rimodellamento. I sinoviociti che si trovano nella lesione reumatoide presentano caratteristiche simili a quelle delle cellule tumorali, invadendo e distruggendo l’ambiente circostante, alimentati dagli stessi fattori che promuovono l’angiogenesi (FGF-2, VEGF, IL-8, VCAM-1 e Eselettina). Anche nella psoriasi lo sviluppo di capillari anomali e di alterazioni dell’epidermide, si accompagnano a una massiva produzione e rilascio di stimoli pro-angiogenici (TGF, VEGF, IL-8), che partecipano sostenendo l’infiltrazione delle cellule polimorfonucleate, la rapida proliferazione dei cheratinociti e il processo angiogenico stesso. Il ruolo svolto dal processo angiogenico è rintracciabile anche in altre malattie infiammatorie come il morbo di Crohn, l’endometriosi, la retinopatia diabetica e il quadro clinico delle emorroidi. Inizialmente, infatti, nella fase acuta di quest’ultima patologia si evidenziano un epitelio superficiale normale o degenerato, la frammentazione delle fibre elastiche di sostegno, un tessuto molto vascolarizzato, dall’aspetto spugnoso, localizzato nel canale anorettale, costituito dalla dilatazione del plesso mucoso emorroidario interno con ampio reticolo arterioso e capillare, congestione venosa e incremento della permeabilità, edema e infiammazione. Nella fase cronica la vasodilatazione e la densità capillare sono al massimo e le emorroidi appaiono permanentemente prolassate, irriducibili. In conclusione, tutti questi aspetti sottolineano come la protezione dei vasi sanguigni e del loro endotelio rappresentino un possibile target terapeutico in corso di patologie infiammatorie, anche a localizzazione cutanea e mucosa.