del Prof Mario Marchetti, PhD, Univ. di Tor Vergata, Roma;
con la collaborazione dei dottori:
Ferusa Alimova, Medico-Dermatologo; Roman Bessonov, Medico-Chirurgo
L’evoluzione della conoscenza in medicina non si è svolta lungo un percorso costante, ma fatto di lunghi periodi di empirismo e consuetudine, interrotti da fondamentali scoperte scientifiche e, negli ultimi periodi, da avanzamenti prevalentemente tecnologici. La velocità con cui la scienza applicata alla Medicina ha cambiato di volta in volta i suoi strumenti e i possibili risultati, non è stata mai uniforme e ciò è testimoniato dagli enormi progressi e traguardi raggiunti nella seconda metà del secolo scorso a seguito di intuizioni fortuite, tipo la scoperta della penicillina, o indagini più lente e complicate, ma non per questo meno spettacolari, quali quele relative al genoma umano. Ciò che è certo è che ci sono ipotesi e teorie che subito hanno trovato una loro accettazione universale e altre che hanno necessitato di periodi molto più lunghi, per passare da un iniziale scetticismo a una completo e totale riconoscimento della comunità scientifica internazionale. Fra i tanti, due casi emblematici sono quelli relativi al microbioma, e successivamente alla cosiddetta ipotesi Gaia. Il concetto di microbioma fu introdotto dal genetista e microbiologo Joshua Lederberg, premio Nobel per la medicina nel 1958, che suggeriva che nel Progetto Genoma Umano si dovessero studiare anche i microrganismi ospitati dall’uomo, il cui insieme può essere paragonato a un vero organo supplementare, soprattutto per il metabolismo e l’immunità. L’ipotesi Gaia venne sviuppata nel lontano 1979 dallo scienziato James Lovelock e poi approfondita in campo medico dalla biologa Linn Margulis, autrice di numerosi lavori di ricerca sull’endosimbiosi, ovvero la cooperazione, l’interazione e l’interdipendenza fra batteri e altri organismi come una componente dell’evoluzione, probabilmente più importante della forza evolutiva della competizione descritta da Darwin. Agli inizi, le teorie di questi scienziati che sostenevano che l’insieme dei miliardi di microrganismi presenti nel nostro ambiente condizionano la vita della terra e anche dell’uomo, in ecosistemi che si autoregolano per mantenersi sempre in uno stato favorevole alla vita, vennero considerati dei mistici o al massimo dei fantasiosi conferenzieri. Così ci sono voluti oltre trent’anni perché si sia cominciato a guardare anche alle specie microbiche che convivono all’interno del corpo umano, nell’intestino, sulla pelle, nelle vie aeree, nella bocca e nella vagina fino a realizzare un primo censimento di quello che ora è noto come Human Microbiome Project dei National Institutes of Health statunitense, ovvero la banca dati dei genomi di centinaia di specie di microrganismi, e oggi lo studio del microbiota e microbioma umani è considerato la nuova frontiera della medicina del presente e del futuro. Di cosa stiamo parlando? Sintetizzando si può dire che il microbiota umano è l’insieme di microorganismi simbiontici che si trovano nel tubo digerente dell’uomo: approssimativamente 100 trilioni; 10 volte il numero delle cellule che costituiscono il corpo umano. Una volta la si definiva la flora intestinale perché i batteri erano classificati all’interno del regno vegetale, oggi sappiamo che non si tratta solo di microbi intestinali, ma anche gastrici, della bocca, della gola, etc. e che il mutualismo e la cooperazione tra le differenti tipologie apporta un vantaggio a ognuna di esse. Alcuni ricercatori considerano il microbiota come un organo metabolico capace di svolgere funzioni che noi non siamo in grado di svolgere altrimenti.
Altri lo hanno definito un “super-organismo” da noi ospitato. In ogni modo, a detta di tutti i ricercatori mondiali, il microbiota è il responsabile della nostra buona salute. Ha infatti un ruolo fondamentale nello sviluppo di un sistema immunitario forte e bilanciato. Solo questo basterebbe ad attribuirgli un’importanza grandissima. Ma non basta: recenti studi hanno dimostrato la sua influenza nel mantenimento del peso al di sotto dell’obesità, la sua indispensabilità per digerire cartilagini e cellulosa e per produrre la vit.K senza la quale moriremmo dissanguati! Tutti i giorni compaiono lavori di scienziati che scoprono altre influenze del microbiota sulle funzioni del nostro organismo. Insomma, se vogliamo esser sani e mantenere la buona salute, dobbiamo aver cura del nostro microbiota. Col termine microbioma, invece, si indica l’insieme del patrimonio genetico e delle interazioni ambientali della totalità dei microrganismi sia dell’intero organismo umano che di una parte di esso, per esempio, l’intestino, la bocca o la cute. Ogni specie vivente ha un suo specifico patrimonio genetico composto da cromosomi e geni. L’insieme del patrimonio genetico del microbioma è 100 volte quello umano! Scrivendo questo articolo mi sono ricordato di un vecchio amico, Piero Piccioli, decano dei Biologi, che anni fa dirigeva un laboratorio di analisi cliniche, ma che si era sempre occupato anche di tanti altri argomenti specialmente attinenti alle cosiddette medicine alternative. Discutendo lo trovavo sempre aperto alla conoscenza, a differenza di molti altri Accademici, e mi è rimasto impresso un concetto che mi trasmise nel corso di uno dei nostri colloqui: “Ricordati che noi umani, oltre al cuore e al cervello abbiamo un altro organo essenziale che quasi nessuno conosce e che abita il nostro intestino. Lo si può considerare un secondo cervello!” Quando sono sono andato a trovarlo recentemente per chiedergli se si era aggiornato su quel secondo cervello, mi ha di nuovo risposto: ti riferisci al Microbiota o al Microbioma? Ricordo il passato e parlo di nuova frontiera della medicina: sembra un paradosso ma è così che evolve la medicina, c’è bisogno di visionari che anticipano i tempi ma anche di conferme come quelle che oggi ci consentono di dire nel microbiota umano ci sono almeno 1000 specie di microrganismi di cui circa 160 sono comuni a tutti gli esseri umani. Oppure che certe malattie localizzate nell’intestino, che mostrano notevoli variazioni del microbiota dei pazienti, sono state affrontate con successo eseguendo trapianti di microbiota da individui sani. Ma anche che è possibile far diventare obesi topi cresciuti in ambiente sterile dopo che nel loro intestino è stata trapiantata la flora batterica di un uomo grasso. Sappiamo anche che il microbiota di un soggetto obeso aumenta l’appetito e riduce l’utilizzo delle calorie presenti negli alimenti favorendo la crescita del tessuto adiposo. Abbiamo già detto che il microbioma ha un ruolo importante nella risposta immunitaria. Si è visto infatti che diverse malattie di presunta origine auto-immune sono associate alla presenza di determinate varietà batteriche presenti nell’intestino o sulla cute dei pazienti (tra queste, le malattie infiammatorie intestinali, le dermatiti atopiche, la psoriasi, l’acne, alcune malattie febbrili dei bambini, le infezioni micotiche dei genitali femminili, alcune infezioni dell’apparato urinario maschile, il morbo di Crohn, e perfino alcuni sottotipi di autismo infantile ). Ancora: in un lavoro realizzato a Roma presso le università di Tor Vergata, La Sapienza e il Policlinico Gemelli si è visto che la somministrazione giornaliera di 8 ceppi selezionati di probiotici (Biocult Strong – Italfarmacia) a gruppi di donne sovrappeso e normopeso ha determinato un modico calo ponderale nelle donne sovrappeso e un miglioramento dell’umore nelle donne di peso normale. Si era già dimostrato che è possibile rendere ansiosi dei topi trapiantando nel loro intestino la flora batterica prelevata da topi nei quali è stato indotto sperimentalmente uno stato di ansia. Insomma oggi la ricerca ha una nuova sfida davanti a sé, grande come una prateria: selezionare i ceppi maggiormente rappresentati nelle persone sane, secondo età e sesso, e fornirli a prezzi ragionevoli a chi vuol prendersi cura del proprio Microbiota. Perché, come mi diceva allora l’amico Piccioli: ama il tuo microbiota e amerai te stesso e rimarrai in buona salute.