Il consiglio è di trattare precocemente le lesioni

Una riflessione sulle cause, sulle strategie di prevenzione e sui trattamenti di una delle lesioni precancerose più diffuse al mondo

Si calcola che in Italia, ci siano almeno 400mila persone di oltre 60 anni che presentano una o più piccole lesioni sulla pelle che possono assumere forme e colorazioni diverse. L’1,4% della popolazione sopra i 45 anni, ma il numero sale al 3% negli ultra 70enni. Si tratta di macchie piatte o placche ruvide al tatto e ricoperte da squame le cui dimensioni variano da pochi millimetri fino a 6 centimetri di diametro. Il colore varia dal roseo-rosso al giallastro-bruno, e interessano soprattutto il viso, il cuoio capelluto, il dorso delle mani e le braccia. In generale non sono accompagnate da altri sintomi, raramente sanguinano o provocano dolore, talvolta però causano prurito, bruciore, sensibilità alla palpazione. Come è facile comprendere, la diagnosi è abbastanza semplice trattandosi di cheratosi attinica, una malattia che negli Stati Uniti colpisce circa 58 milioni di americani, al punto da essere considerata la più diffusa lesione pre-cancerosa. A lungo sottostimata e sottovalutata, oggi sappiamo che se lasciata senza un adeguato trattamento questa condizione può evolvere in un più grave e invasivo Carcinoma a Cellule Squamose (SCC). Sebbene numerosi studi abbiano dimostrato che di solito la cheratosi si sviluppa a causa degli effetti dannosi delle radiazioni ultraviolette che si accumulano sulla pelle nel corso di una vita di esposizione al sole, la fisiopatologia della malattia è particolarmente complessa. L’azione fotobiologica dei raggi UVA si esercita su particolari cromofori della cute che trasferiscono l’energia acquisita all’ossigeno, trasformandolo in ossigeno singoletto, dotato di un elevato potere ossidante. Le radiazioni di lunghezza d’onda comprese tra i 295 e 400 nm (UVB) colpiscono il DNA cellulare dove, a livello degli acidi nucleici, l’energia elettromagnetica viene convertita in energia chimica, creando distorsioni delle catene polinucleotidiche che incidono sia sulla duplicazione del genoma che sulla trascrizione del mRNA, fondamentale per la sintesi proteica. La luce non visibile, infrarossa, tra 760 nm e 1200 nm, è causa dell’azione calorica e dell’eritema cutaneo immediato, mentre la luce visibile e quella blu determinano un’attivazione dell’ossigeno singoletto, specie molto reattiva e citotossica. Altrettanto complessa è la progressione da lesioni precancerose a cancro della pelle, ma certamente un ruolo centrale è svolto dalle mutazioni del DNA e dai danni indotti al genoma cellulare, in particolare del gene p53 che regola l’apoptosi delle cellule danneggiate. Gran parte dei difetti fotoindotti al DNA viene corretta da dispositivi endogeni di riparazione, il cui malfunzionamento incrementa l’incidenza delle neoplasie cutanee. Anche la matrice connettivale dermica subisce danni primari a causa degli UV, che danno luogo all’alterazione istologica tipica dell’elastosi. Brian Berman, professore emerito di dermatologia e chirurgia dermatologica presso l’Università di Miami in Florida, ritiene però che le probabilità di sviluppare la malattia dipendono sia da condizioni ambientali che genetiche. Il rischio per la lesione precancerosa è infatti legato all’intensità e alla quantità di raggi solari assorbiti, soprattutto dai lavoratori o dagli sportivi che operano all’aperto, trascorrendo molte ore sotto il sole, con un rischio pari al doppio per quegli individui che nella loro infanzia hanno subito più di cinque episodi di scottature solari gravi ed estese. La progressione da cheratosi attinica a cancro sarebbe quindi dovuta a una espressione anormale di alcuni geni specifici nella pelle esposta al sole. Alla cancerizzazione influirebbero però anche alcune condizioni genetiche tipiche delle persone con pelle chiara, capelli rossi ed efelidi. Un altro importante fattore di rischio è dato dal numero delle lesioni presenti: nei pazienti che mostrano da una a 5 lesioni la trasformazione neoplastica avverrebbe nel 1.7% dei casi, con un aumento fino all’11% quando si contano più di 20 macchie o placche. L’età, e non ultimo uno stato di immunodepressione, aumentano la probabilità di sviluppare le cheratosi, che classicamente vengono distinte in tre gradi: di grado I possono evolvere in una forma invasiva di carcinoma squamocellulare più frequentemente rispetto a quelle di grado II e III, caratterizzate da una maggiore atipia istologica. A tutto ciò, il prof. Joslyn S. Kirby del Penn State Milton S. Hershey Medical Center, in un recente articolo pubblicato su JAMA Dermatology, ha aggiunto un altro elemento su cui poco si era concentrata l’attenzione dei ricercatori. I dati di un ampio database internazionale hanno evidenziato che la variazione geografica dell’epidemiologia della trasformazione neoplastica dipende direttamente dalla spesa sanitaria investita nella prevenzione e nel trattamento precoce. Una informazione che fa pensare, visto che ci sono diverse terapie a disposizione con cui si possono prevenire e trattare anche le lesioni precoci, con ottimi risultati terapeutici ed estetici. Numerosi gli approcci terapeutici mirati sia alla lesione singola che a quelle multiple, tutti dotati di buona efficacia e tollerabilità, la cui scelta varia in relazione alle caratteristiche delle lesioni e alle condizioni del paziente. Schematicamente, le terapie possono essere classificate in tre categorie: fisiche (crioterapia, laser terapia, diatermocoagulazione, escissione chirurgica, curettage), chimico fotodinamica effettuata tramite un agente fotosensibilizzante (PDT) e topiche. L’orientamento generale è quello di non limitarsi alle singole lesioni ma di rivolgere il trattamento anche al potenziale campo di cancerizzazione. L’obiettivo, a livello preventivo, è quello di proteggere attivamente la pelle da tutte le radiazioni solari (agendo preventivamente sul danno al Dna causato dai raggi UV, Luce non visibile, Infrarosso, Luce visibile e blu), e inibire il processo infiammatorio e la proliferazione tumorale. Se, come precedentemente detto, la trasformazione neoplastica si verifica in una popolazione relativamente ridotta, va invece ricordato che circa il 60% dei carcinoma cutanei a cellule squamose si forma a partire da una cheratosi attinica, tant’è che questa patologia cutanea è inclusa nel registro delle neoplasie del Ministero della Salute, anche se non tutti i casi giungono all’osservazione del dermatologo e vengono registrati. Per concludere, i dermatologi di tutto il mondo concordano che il suggerimento da dare è che bisogna prevenire attivamente i danni da UV e conviene trattare subito le lesioni precoci, perché – come ha più volte affermato la Prof.ssa Ketty Peris, Direttore dell’Istituto di Dermatologia dell’Università Cattolica di Roma – la progressione della malattia non è prevedibile, per questo diagnosi precoce e trattamento tempestivo sono fondamentali. Consigli che andrebbero estesi a tutti i medici di famiglia perché solo il 44% delle persone colpite da una cheratosi attinica riceve una diagnosi e per un quarto dei pazienti diagnosticati i medici non ritengono necessario un trattamento, che risulta essere invece di estrema importanza vista la potenziale pericolosità.