Piccole grandi sterilizzatrici

di Ornello Colandrea

Arriva dall’Europa una nuova serie di Direttive per la protezione dei lavoratori esposti ad agenti biologici.

Le immagini che illustrano questa pagina mostrano colonie di batteri di Escherichia Coli depositate sulla punta di uno spillo. L’infinitesimale grandezza di microbi e virus ha sempre costituito uno dei maggiori problemi per la presa di coscienza dei rischi che si corrono a ignorare la loro presenza. Secondo gli evoluzionisti i microbi sono fra i più antichi abitanti del nostro pianeta, molto più vecchi dell’uomo e di qualsiasi animale. Sono ubiquitari e il loro numero è incalcolabile: si pensi che ci sono più batteri residenti nel colon umano di quanti uomini abbiano mai vissuto sulla terra. Secondo il biologo Carl R. Woese dell’Università dell’Illinois, i microbi costituirebbero l’80-90% di tutta la materia vivente terrestre. Molte delle specie conosciute non sono patologiche e convivono tranquillamente con l’uomo, un numero più ristretto è causa della maggior parte delle malattie umane. Ed è nei loro riguardi che si rivolge la lotta che l’uomo ha ingaggiato da secoli e che oggi si avvale di innumerevoli strumenti, dai saponi ai disinfettanti, dagli antibiotici ai moderni mezzi di sterilizzazione.

Il grande merito delle nuove Direttive emanate dal Parlamento e dal Consiglio Europeo per la protezione e prevenzione della salute e sicurezza dei lavoratori esposti ad agenti biologici, consiste nell’aver fornito, a livello europeo, una lista di microrganismi patogeni suddivisi a seconda del loro livello di pericolosità e causa di danno per la salute degli operatori sanitari.
Da tale classificazione degli agenti biologici derivano direttamente nuove misure di sicurezza da adottare e le conseguenti sanzioni nel caso che tali misure non vengano rispettate. Un ulteriore aspetto del quadro normativo di tali direttive su cui si basa l’intera strategia di prevenzione e protezione, evidenzia l’inderogabile obbligo di tutelare l’operatore non solo dall’esposizione, ma anche dalla potenziale esposizione ad agenti biologici in grado di produrre un danno per la sua salute. Fino ad arrivare, in ordine cronologico, alla pubblicazione della norma EN 13060 relativa alle ”piccole sterilizzatrici a vaporè’, del giugno 2004. La norma è stata preparata su mandato della CEE ed è, pertanto, una norma armonizzata ovvero finalizzata a dimostrare la conformità ai requisiti essenziali della direttiva europea 93/42 CEE sui Dispositivi Medici.

Quest’ultima, accanto ai requisiti generali riguardanti la costruzione, la progettazione, la sicurezza, sancisce che “…i dispositivi medici forniti allo stato sterile devono essere fabbricati e sterilizzati con un metodo convalidato e appropriato…”. Di fatto una corretta gestione del processo di sterilizzazione richiede che le aziende sanitarie attuino azioni ben precise avvalendosi, ove possibile, di norme tecniche armonizzate messe a disposizione dal CEN (Comitato Europeo di Normalizzazione), le quali indicano lo stato dell’arte delle conoscenze su tale ambito disciplinare, le caratteristiche tecniche del processo, nonchè le prove da effettuare per verificare la rispondenza del medesimo. In tal modo si è in linea con quanto previsto dal D.Lgs 626/94 e si osservano pienamente gli adempimenti per la protezione del lavoratore da agenti biologici. Particolare attenzione deve essere rivolta alle procedure di manutenzione delle apparecchiature, che vanno messe in atto in base alle indicazioni del fabbricante. Le apparecchiature debbono essere mantenute in perfette condizioni di efficienza, secondo quanto previsto dall’accettazione in servizio, sia con interventi di manutenzione ordinaria che straordinaria. Il personale abilitato alle procedure di manutenzione deve possedere ”…l’idoneità tecnico-professionale… in relazione ai lavori da affidare in appalto o contratto d’opera…” in base a quanto sancito nell’art. 7, comma 1, lettera a, del D.Lgs 626/94 e successive modifiche e integrazioni. La corretta applicazione di questa Norma Europea Armonizzata è contemporaneamente garanzia di sicurezza per gli utilizzatori e tutela dei pazienti attraverso la certezza di processi di sterilizzazione efficaci quanto quelli delle grandi sterilizzatrici. Dato che le piccole sterilizzatrici a vapore sono molto diffuse sul mercato e hanno una vasta gamma di impieghi (dai posti di sub sterilizzazione ospedaliera agli ambulatori medici, ai centri estetici, dai dentisti ai barbieri, dai negozi di piercing ai centri di tatuaggio, ecc.), le varie tipologie di carico richiedono prestazioni di ciclo diverse tra loro. L’argomento non è semplice e quindi bisogna sicuramente affidarsi alle spiegazioni che vengono da persone abilitate ed esperte. Comunque vi basti sapere che i tipi di ciclo di sterilizzazione sono stati suddivisi in tre gruppi, a seconda del carico sterilizzabile.
B – Big small sterilizer (grande piccola sterilizzatrice)
N – Naked solid (solidi sfusi) Solo prodotti solidi sfusi
S – Specified by the manufacturer (specificati dal produttore della sterilizzatrice) che include oltre ai prodotti solidi sfusi, almeno una indicazione di tipo ”carico porosò’, ”piccolo carico porosò’, ”carico cavo di tipo À’, ”carico cavo tipo B”, ”carico in confezione singolà’ e ”carico in confezione doppià’.È importante notare che per ogni tipologia di carico sono state definite e quindi normalizzate (ovvero pubblicate sulla Norma) apposite prove per dimostrare la capacità del ciclo di sterilizzare di tali carichi. Ad esempio per i corpi cavi A (quelli con rapporto diametro/profondità della cavità compreso fra 1/5 e 1/750) è stato studiato l’apposito ”helix test”.

Per tutte le tipologie di carico e quindi per tutti i tipi di ciclo, le prestazioni di sterilizzazione sono valutate come raggiungimento di parametri fisici e come precisione del loro mantenimento entro determinati limiti. Per esempio, per le grandi sterilizzatrici è richiesta la verifica della tensione di vapore per la garanzia della presenza di solo vapore saturo. Tutti i carichi confezionati devono risultare asciutti alla fine del ciclo e cioè all’apertura della porta. I limiti dell’umidità residua ammessa sono esattamente uguali a quelli delle grandi sterilizzatrici: 0,2% per i carichi solidi e 1,0% per i carichi porosi. Tornando all’interesse più specifico di chi ha bisogno di sterilizzare quotidianamente piccole strumentazioni chirurgiche all’interno del proprio ambulatorio, ricordiamo che le piccole sterilizzatrici, al pari delle grandi, sono classificate come ”Dispositivi Medicì’, è quindi indispensabile che il produttore ne indichi la ”destinazione d’usò’. La responsabilità di eventuali incidenti derivanti da un uso diverso da quello specificato dal produttore ricade sull’utilizzatore. La destinazione d’uso, che è dichiarata obbligatoriamente sul manuale, è bene che venga richiesta e, quindi, dichiarata ufficialmente anche in fase di offerta, cioè prima dell’acquisto, in modo che l’acquirente possa scegliere correttamente conoscendo prima le eventuali limitazioni d’uso. È importante ricordare, infine, come la reale sterilità degli strumenti non sia verificabile a posteriori, si deve pertanto fare tutto il possibile affinchè il rischio di avere prodotti non sterili dopo il processo di sterilizzazione sia il più basso possibile (non più di 1 caso su 1.000.000 – ”UNI EN 556-1”). Per concludere, anche il professionista più coscienzioso può andare incontro a problemi imprevisti e non piacevoli. La conferma viene da piccole infezioni che spesso si manifestano a seguito di interventi compiuti in una condizione che si pensava di totale asepsi. Cosa resta da fare? Evidentemente non abbassare mai la guardia richiedendo a tutto il proprio personale di non rinunciare mai a standard igienici irrinunciabili, dal continuo lavaggio delle mani, alla pulizia degli ambienti, fino alla corretta applicazione delle norme sanitarie, nazionali ed europee. Ovvero adeguarsi allo stato dell’arte della materia per realizzare un processo di sterilizzazione efficace, affidabile, ripetibile e documentabile.