I segreti del trucco delle Geishe

di Rossano De Cesaris, make-up artist

Andiamo alla scoperta dei segreti di bellezza delle Geishe: dagli ingredienti nascosti dei loro cosmetici sino alle motivazioni alla base della scelta dei colori

138Il  termine geisha, tradotto letteralmente, significa “artista” o “persona d’arte”. Nate nel primo millennio e diffusesi tra il XVIII e il XIX secolo, le gheishe esistono in realtà anche oggi, seppure, vista la difficoltà e la complessità della loro educazione, siano sempre più rare. Contrariamente a quanto si ritiene nella cultura occidentale, inoltre, queste figure della cultura e tradizione giapponese  non vanno assimilate a prostitute, perché il loro modo di  intrattenere dipende da varie abilità, quali la musica, il canto e la danza. Caratteristica fondamentale delle geishe è sicuramente il trucco pesante che rende il loro volto simile a quello di bambole di una porcellana candidissima. Un tipo di make up antichissimo che pare risalga all’antica Cina e si diffuse in Giappone durante il periodo di Heian (794-1185 a.C.). Le donne dell’epoca usavano applicare sul viso una polvere di riso mescolata all’acqua, fino a formare una pasta leggera. Inoltre, avevano l’abitudine di rimuovere le sopracciglia ridisegnandole spesse e nere, dipingevano le labbra di rosso acceso e annerivano i denti usando del ferro ossidato passato in una soluzione acida. In tempi più moderni, si è iniziato a usare il  cerone bianco: un composto cremoso che si chiama “Oshiroi”. In alternativa si applica il “Bintsuke-abura”, ossia una versione più leggera di una pomata utilizzata dai lottatori di sumo per ungersi i capelli. Si tratta di una sorta di cera profumata, che viene sfregata tra le mani in modo da renderla quasi allo stato liquido, che va applicata scrupolosamente su tutto il viso (labbra incluse) e sul collo, che serve in pratica a far aderire meglio il fondotinta che vi verrà poi sovrapposto. Questo è composto da una miscelazione di acqua, colla e da una polvere bianca. Anticamente, invece, si usava un composto chiamato “argilla cinese”, che conteneva polvere di piombo. Per la sua applicazione si usa un pennello e la si sparge sul collo, scendendo verso il basso e fermandosi appena sopra al seno, aiutandosi con una spugna a stendere il prodotto in maniera uniforme. Dopo aver eseguito l’operazione, il tutto viene fissato applicando della povere di riso. Per rendere la pelle ancora più cerulea e diafana si usano delle maschere schiarenti. La più usata è da sempre una crema color giallo paglierino a base di polvere di escrementi di usignolo. Per enfatizzare l’effetto “maschera”, il trucco del viso lascia libera una striscia di pelle adiacente all’attaccatura dei capelli, artificio che crea l’illusione di indossare proprio una maschera bianca.

140L’oshiroi va steso anche sulla parte destra e sinistra della nuca (“komata”, ritenuta focale nell’erotismo della tradizione nipponica), lasciando due lembi di pelle senza colore, a forma di “V”, che dal collo scendono verso il basso. A volte queste “code” sono addirittura tre, formando una “W”: questo metodo di dipingere la nuca è riservato alle occasioni più formali, a esempio durante la cerimonia di debutto di una maiko (apprendista), quella di passaggio da maiko a geisha, altrimenti quando viene indossato un kimono formale. Il trucco degli occhi, invece, prevede l’applicazione di ombretti rossi o rosati di varie intensità sulle palpebre e una bordatura del perimetro oculare con dell’eye-liner e mascara nero. La quantità di rosso esibita ha un preciso significato. Essa indica quanto tempo manca a una maiko per divenire una geisha, e diminuisce progressivamente nel tempo, fino a quando il rosso intorno all’occhio sarà minimo o potrà addirittura sparire del tutto. Le sopracciglia vengono disegnate esattamente al centro della fronte con del marrone scurissimo tendente al nero (anticamente si ricorreva addirittura al carbone nero), talvolta anche con un tocco di rosso, conferendogli la classica forma dritta, spessa e corta. Per le labbra, invece, viene usato un rossetto di colore rosso molto acceso, originariamente ottenuto dai petali di un fiore, il cartamo (benibana), infuso in acqua, poi ricoperto con dello zucchero cristallizzato per renderlo lucido, altrimenti dallo zafferanone schiacciato. Questo va applicato tramite un pennello soltanto al centro della bocca, cancellandone completamente gli angoli esterni. Le “maiko”, all’inizio del loro percorso di formazione, applicano soltanto una punta di rossetto al centro del labbro inferiore, per poi aggiungerne di più man mano che avanzeranno nel grado degli studi fino a riempire  del tutto il labbro inferiore, per poi passare anche a quello superiore. All’inizio della sua carriera, la futura Geisha viene aiutata a truccarsi da sua “sorella maggiore” (Onesan, che la prende sotto la sua ala protettiva) e dall’okasan, ossia dalla proprietaria dell’okiya (casa delle geishe) di cui fa parte, impiegando all’incirca in un’ora, per poi imparare a farlo autonomamente in circa mezz’ora. Divenuta geisha, la giovane continua a truccarsi nello stesso modo per i successivi tre anni di servizio. Poi indosserà kimono meno elaborati e un trucco più semplice, raccogliendo i capelli dietro alla nuca, tenuti in un semplice chignon, in quanto la maturità artistica raggiunta (“gei”) prende il sopravvento sulla mera apparenza. Specialmente dopo i trent’anni d’età una geisha non indossa mai questo pesante trucco e la classica parrucca (“katsura”), tranne che in occasioni particolari e formali o se le viene richiesto di danzare.