Il bisogno di maternità porta molte donne a sottoporsi a cure che permettono di raggiungere lo scopo anche in una età che fino a un decennio fa sembrava impossibile.
Di Valeria Fornarelli
Ultimamente circola una battuta molto significativa. Qual è il regalo che molte italiane chiedono per i loro 50 anni? Risposta: un figlio, spesso il primo, ma anche l’ultimo. Questa freddura registra come, in controtendenza con il passato, far arrivare la cicogna sempre più tardi è quasi diventata una moda, e non solo per donne dello spettacolo ultraquarantenni che sono fiere di esibire i loro pancioni sulle copertine delle riviste. Il fenomeno sembra infatti coinvolgere un numero sempre più alto di italiane. Non a caso lo Stivale è uno dei paesi occidentali con il numero più alto di parti ‘over 40′. La conferma viene dai dati Istat sulla natalità, che indicano la tendenza, in aumento costante, a partorire un figlio dopo i 40 anni: da oltre 12mila e 300 nati nel 1995 a circa 28 mila nel 2006, mentre solo l’11% dei nati ha una madre di età inferiore a 25 anni. L’età media delle madri residenti in Italia è oggi di 31 anni, circa un anno di più rispetto al dato del 1995. Il fenomeno in crescita non riguarda , però, solo l’incidenza delle nascite da madri sopra i 40, ma il rinvio della prima maternità, a volte obbligato, altre volte per scelta. L’emancipazione femminile ha, infatti, inciso notevolmente sull’età media riproduttiva delle donne occidentali. L’arrivo del partner giusto, la carriera, la sicurezza economica e un buono standard di vita, concorrono al ritardo nel concepimento del primogenito.
Superfluo ricordare che, oltre all’aumento dei rischi per il nascituro, l’orologio biologico continua inarrestabile le sua corsa e la fertilità femminile declina con l’avanzare dell’età a causa dell’ovulazione meno frequente: oggi grazie alle ricerche in questo campo, la maggior parte delle donne dai 40 anni in su che pianifica una gravidanza può ancora sperare di avere un bebè e anche quelle già in menopausa possono sperare di realizzare il sogno di diventare mamme. Una recente ricerca effettuata negli USA sostiene che, anche dopo la menopausa, la donna può avere una gravidanza grazie alla fecondazione in vitro. Delle 77 donne, tra i 50 e i 63 anni, coinvolte nello studio, 42 hanno partorito con successo, altre tre dopo una prima gravidanza andata male. Nessuno dei bambini è morto durante il parto, nè le mamme hanno avuto complicazioni particolari tali da mettere a repentaglio le loro vite o quelle dei nascituri. Le complicazioni registrate (ipertensione da gestazione e diabete), aumentavano però nelle donne sopra i 55 anni. Se questa può essere vista come una buona notizia per molte donne ancora desiderose di maternità, a a volte la scienza può portare a scelte irresponsabili e risultati preoccupanti. Come nel caso di Rajo Devi, la neo mamma più anziana del mondo. Il 28 novembre scorso, dopo un trattamento d’inseminazione artificiale, la donna indiana, alla veneranda età di 70 anni, ha dato alla luce la sua prima bambina. Con la fecondazione artificiale all’Hisar Fertility Centre, nello stato dell’Haryana nel nord dell’India, l’embrione fecondato è stato impiantato nell’utero di Rajo, che è rimasta incinta, con un evidente rischio sia per lei sia per la neonata. La 70enne ha così tolto il primato di neomamma più attempata ad una 67enne spagnola che nel 2006 aveva dato alla luce due gemelli. In una società come quella indiana che considera disdicevole non avere figli, Rajo e il marito 72enne ora possono ritenersi soddisfatti, ma non hanno di certo messo al primo posto il benessere della figlia che crescerà senza di loro e18 hanno alimentato il dibattito aperto dall’introduzione di tecniche di riproduzione assistite sempre più sofisticate, sui limiti sociali e biologici legati al rinvio della prima gravidanza. è inutile negare che una maternità in età avanzata, addirittura dopo i 60 anni, comporti molte problematiche in più.
Il rischio di avere un bambino con disturbi cromosomici aumenta con l’aumentare dell’età della donna. Il più comune di questi è la sindrome di Down, una combinazione di ritardo mentale e di anomalie fisiche provocata, come è noto, dalla presenza di un cromosoma aggiuntivo. Secondo le statistiche, a 25 anni, la donna ha 1 probabilità su 1250 di avere un bambino con tale sindrome, a 30 anni ne ha 1 su 1000, a 35 anni 1 su 400, a 40 anni 1 su 100 e a 45 anni 1 su 30. Figurarsi dai 50 in su. Con il passare degli anni aumentano anche i rischi di difetti di natura non cromosomica e di complicazioni della gravidanza come diabete gestazionale, ritardo della crescita intrauterina, placenta previa con rischio di emorragie, maggiore probabilità di parto prematuro e necessità di taglio cesareo. Per il bimbo, invece, crescono le possibilità di basso peso alla nascita, presentazioni anomale e di una maggiore mortalità perinatale. Una volta cominciata la gravidanza bisogna, poi, fare i conti con una probabilità di aborto spontaneo tre volte più alta che per le ventenni. Superati i problemi fisici, rimangono altre domande. Tra i 40 e i 65 anni si avranno abbastanza tempo ed energie per gestire contemporaneamente la nuova famiglia, la crescita di un bambino e la vecchiaia dei propri genitori? Può bastare che a 40 anni si ha un maggiore senso di responsabilità e probabilmente anche la certezza di poter offrire al bimbo un tenore di vita migliore che oggi tra i 20 e i 30 anni? Altra preoccupazione riguarda il divario generazionale sproporzionato, che potrebbe portare a incomprensioni e addirittura incomunicabilità tra due mondi differenti, soprattutto se il delicato periodo dell’adolescenza coincide con il periodo non proprio sereno della menopausa. Per non parlare dello smarrimento, se non d’imbarazzo di fronte ai coetanei, di questi bambini che si troveranno a chiamare ”mamma’ una donna che avrebbe l’età per essere la loro bisnonna.