Patologia vulvare

a cura di Irene Capuani

Il campo della patologia vulvare è un’area di confine fra la ginecologia e la dermatologia che vede la presenza di pochissimi testi che lo abbiano affrontato in maniera globale. A tale proposito, il volume ”Lesioni a rischio e tumori della vulva’, edito da CIC Edizioni, a cura dei dott.ri Pietro Lippa, Giulio Ferranti e Franco Anglana, fornisce un contributo didatticamente e scientificamente rilevante sulla materia. Uno strumento di facile lettura a disposizione dello specialista in cui vengono affrontati e approfonditi elementi di aggiornamento sulle conoscenze anatomopatologiche relative alle numerose malattie che, in ambito dermatologico, possono colpire l’apparato genitale femminile. Questo perché possono essere numerose le insidie e difficoltà che il medico può trovarsi ad affrontare nel tentativo di fornire valide soluzioni dinanzi a un quadro clinico complesso come quello che riguarda appunto la patologia vulvo-vestibolo-vaginale. Il libro visualizza con chiarezza quadri clinici differenti grazie a un’ampia selezione fotografica e numerose schede di approfondimento ricche di esemplificazioni.

Con il permesso dell’editore, abbiamo pensato di fare cosa gradita ai nostri lettori riportando parzialmente il primo capitolo inerente la differenziazione tra displasia, iperplasia, distrofia e neoplasia. ”Displasia, letteralmente, significa cattiva plasmazione, ovvero alterato sviluppo. Con tale termine s’indica una serie di alterazioni sia quantitative che qualitative degli elementi citologici costituenti il tessuto in esame. Le cause di innesco di tale processo sono innumerevoli. In particolare noxae di natura chimica, radiazioni o infezioni (particolarmente alcuni virus), ma anche eventi di natura infiammatoria possono arrecare un danno significativo a cellule bersaglio. La displasia si manifesta con un’anomala attività proliferativa, con modificazioni citologiche e con una diversa strutturazione morfologica tissutale. I più comuni aspetti morfologici sono:

a) iniziale perdita della polarità cellulare
b) modificazione della forma cellulare
c) alterazione del rapporto nucleo-citoplasmatico
d) tendenza delle cellule displastiche a prevalere quantitativamente sul resto della normale componente citologica tissutale. Nelle displasie, l’atipia cellulare e l’espansione in seno al contesto epiteliale possono iniziare con forme lievi, di significato per lo più reattivo per arrivare a forme francamente neoplastiche e diffuse a tutto lo spessore dell’epitelio.

Tale ultima condizione viene definita correntemente carcinoma in situ (CIS) e può permanere per lungo tempo nell’epitelio, senza superare la membrana basale. In seguito può progredire, con una invasione del tutto parcellare, per poi interessare diffusamente lo stroma sottostante. In tal senso, il carcinoma in situ può essere considerato la fase precoce di una neoplasia infiltrante. Nella diagnostica istologica vulvare, il termine displasia può essere riferito a due tipi di lesioni:

1) lesioni riguardanti l’epitelio vulvare
2) lesioni riguardanti il melanocita.

Nel primo caso indica fondamentalmente due condizioni: lesioni a rischio e tumori della vulva lesioni a rischio e tumori della vulva

a) displasia lieve, intesa come lesione benigna
b) displasia grave, intesa come lesione già neoplastica o CIS o Vulvar Intraepitelial Neoplasia (VIN).

Nelle lesioni melanocitarie, il termine displasia, nei suoi gradi di lieve, media e grave, intese tutte ancora come condizioni benigne indica alterazioni cellulari che precedono o sono indice di progressione verso il melanoma. L’iperplasia indica, invece, una crescita quantitativa, anche importante di cellule in assenza di alterazioni sia degli elementi citologici che della loro struttura architetturale. In specifiche condizioni di natura infiammatoria, come nel Lichen e Scleroatrofico, tale condizione può essere denominata iperplasia cellulare squamosa.
Bisogna comunque sottolineare che il termine iperplasia cellulare squamosa con atipia deve essere posto nella categoria delle lesioni displastiche. La definizione di distrofia che indica un alterato nutrimento o trofismo del tessuto non è più in uso in patologia vulvare. Il termine è stato utilizzato in passato per indicare condizioni cliniche, ad andamento cronico e benigno, caratterizzate da un colore biancastro delle lesioni o da una tendenza alla atrofia tessutale. Per finire, neoplasia: alcuni aspetti morfologici delle cellule neoplastiche sono riscontrati costantemente nella maggior parte delle condizioni tumorali. Esse possono essere riassunte nei seguenti parametri: -atipie architetturali, nucleari o nucleolari – anomali citoplasmatiche – alterazioni di forma e dimensioni delle cellule – presenza di cellule giganti o multinucleate – mitosi atipiche. Molto significativa inoltre, è la proliferazione cellulare incontrollata. Si assiste, infatti, a una moltiplicazione disordinata delle cellule tumorali che si manifesta con invasività sia intraepiteliale che stromale. La progressione neoplastica può essere riassunta in 4 fasi:
1) selezione clonale e trasformazione della cellula bersaglio in cellula atipica;
2) crescita delle cellule trasformate;
3) invasività locale;
4) metastatizzazione.

Ai fini sia diagnostici che prognostici lo stato di differenziazione delle cellule rappresenta un elemento istologico essenziale. La differenziazione, ovvero la tendenza delle cellule tumorali a riprodurre fedelmente la morfologia e la funzionalità del tessuto di origine, è un elemento costante dei tumori benigni. Nelle neoplasie maligne, il grado di differenziazione può variare da uno stadio di alta differenziazione, sino a quadri istologici in cui le cellule sono morfologicamente e funzionalmente diverse dal tessuto di origine (indifferenziate). In particolare nell’ambito delle neoplasie maligne, il ”grading” di differenziazione cellulare, è strettamente correlato alla prognosi della neoplasia. Infatti come già descritto, partendo da aspetti morfologici che riproducono fedelmente il tessuto originario, si può arrivare, passando per stadi intermedi, a quadri istologici costituiti da cellule altamente indifferenziate. In tali condizioni la difficoltà diagnostica può essere superata attraverso l’utilizzo di marker citoplasmatici che identificano il citoscheletro delle singole cellule, definendo la loro reale origine.