Alimentazione e integrazione nutrizionale possono costituire un valido supporto per migliorare la qualità della vita e i sintomi che si presentano nella fase più delicata della vita di una donna.
Dott.ssa Alessandra Grassi, specialista in Dermotologia e Venereologia, Dott. Raffaele Scuderi, specialista in Ginecologia e Ostetricia
In Italia circa 11 milioni di donne hanno superato i 50 anni e la loro attesa di vita è attualmente di 81 anni, tra le più elevate in ambito europeo. Fino al secolo scorso, quando la vita media della donna non superava i 50 anni, la menopausa era considerata una fase conclusiva in cui l’organismo femminile perdeva le sue capacità riproduttive, smettendo di essere dispensatore di vita. In alcune popolazioni slave si cercava di “risvegliare” il corpo femminile facendo indossare in menopausa le vesti utilizzate per un parto nella speranza questo agisse stimolando il corpo femminile addormentato.
Oggi, la menopausa rappresenta circa un terzo dell’esistenza di una donna ed è perciò diventata un’epoca quasi centrale nel corso della sua vita biologica. In questo periodo si può distinguere una fase precoce caratterizzata da vampate di calore, calo del tono dell’umore, sudorazione notturna e insonnia; e una tardiva in cui si evidenziano maggiormente i sintomi legati all’interruzione dell’attività ormonale come osteoporosi, obesità, disturbi uro-genitali e maggiore incidenza di malattie cardiovascolari. Il termine climaterio ha un significato clinico più che cronologico, infatti i sintomi di esordio che caratterizzano la pre-menopausa, possono continuare a lungo per diversi anni.
Sicuramente la carenza di estrogeni che si verifica nella donna in menopausa è responsabile di molti cambiamenti che si verificano in tutti i tessuti del corpo. Particolarmente sensibili all’azione degli estrogeni sono la pelle e le mucose, dove si osserva secchezza, assottigliamento, prurito e riduzione dell’elasticità. La carenza di estrogeni in menopausa porta a una riduzione dello spessore della pelle, del contenuto di acqua, di collagene, di fibre elastiche, di fibroblasti e della vascolarizzazione. Concetto importante considerando che il contenuto di acqua legato ai corneociti e ai lipidi nell’epidermide e ai glicosaminoglicani del derma, determina la funzione barriera della cute, la cui integrità è indispensabile al mantenimento delle condizioni fisiologiche e alla prevenzione di danni che possono favorire alterazioni e l’invecchiamento della pelle. Anche gli annessi cutanei non sono risparmiati da questi cambiamenti, infatti, si verfica una riduzione della secrezione sebacea e un diradamento dei peli pubici. La carenza di estrogeni agisce anche a livello delle mucose genitali, dove avviene una riduzione del collagene e assottigliamento della mucosa. Come conseguenza può comparire secchezza vaginale, prurito e bruciore.
L’aumento della vita media ha sensibilizzato il mondo scientifico sull’importanza della prevenzione che rappresenta l’intervento più efficace per le malattie cronico – degenerative dell’età matura. Studi scientifici hanno sempre più sottolineato il ruolo dei fattori ambientali, e dell’alimentazione, nello sviluppo di malattie geneticamente determinate. In particolare nel climaterio occorre assumere nutrienti che contrastino l’osteoporosi, bisogna ridurre l’apporto calorico per evitare l’obesità e l’aumento dei lipidi, della glicemia e di problemi cardiovascolari. Occorre, inoltre, ridurre il consumo di alimenti ricchi di fosfati (formaggi fusi, creme, gelati), di cibi con un elevato contenuto di fitati (crusca, legumi, pane integrale) e alimenti ricchi di ossalati (spinaci e bietola), ma anche di grassi animali, sale, alcool, caffè. È utile in post-menopausa aumentare l’assunzione di calcio, privilegiando latte, formaggi “magri”, acqua minerale carbonato-calcica, di alimenti con vitamina D come il pesce azzurro, con acidi grassi polinsaturi (oli vegetali), di frutta e verdura. Anche in dermocosmetologia una corretta integrazione dietetica può essere utile per il mantenimento di un buono stato di salute e del nostro aspetto. In particolare è ormai assodato che sono fondamentali le vitamine abbondanti negli alimenti freschi, la gelatina e glicina utili per migliorare l’idratazione della pelle, gli aminoacidi solforati necessari per la formazione delle cheratine (delle unghie e capelli), oltre che gli antiossidanti, i bioflavonoidi (che migliorano la permeabilità dei capillari), i minerali e gli acidi grassi polinsaturi omega-3 e omega-6, indispensabili per il mantenimento della fluidità delle membrane e della normale struttura e funzione dell’epidermide.
Allo scopo di studiare nuove terapie che potessero alleviare questi disturbi legati al climaterio, e migliorare la qualità di vita della donna, alla fine della seconda guerra mondiale sono state condotte delle ricerche sulle abitudini di vita in Giappone e sulle abitudini alimentari. Alcuni scienziati notarono, infatti, che le donne giapponesi presentavano una ridotta percentuale di disturbi legati alla menopausa, come la pres#enza di vampate, rispetto alle donne americane. Nel 1951 questo particolare aspetto della popolazione femminile giapponese in contrasto con quanto avveniva nella popolazione occidentale, fu messo in relazione con lo stile di vita che imponeva alla donna una ridotta esposizione al sole, per l’ideale della bellezza femminile legato a una pelle diafana. L’alimentazione era caratterizzata dall’assenza di bevande alcoliche, dall’assunzione di una bassa quantità di proteine di tipo animale e dalla grande quantità di proteine di origine vegetale e in particolare della soia di cui tutte le pietanze giapponesi sono ricche. Risalendo alla letterature antica si è costatato che i medici cinesi hanno sempre utilizzato erbe contenenti fitoestrogeni e che fa parte della storia dell’uomo il tentativo di individuare elementi vegetali capaci di svolgere un’azione benefica sul corpo femminile. Sono quindi risultati particolarmente interessanti gli studi su alcune sostanze, che presenti nel mondo vegetale, sembrerebbero avere degli effetti simili a quelli degli estrogeni. Tali sostanze sono definite fitoestrogeni.
I fitoestrogeni contenuti soprattutto nella soia sono composti vegetali presenti anche in circa 300 piante. Sono sostanze con azione estrogenica, ossia sono capaci di legarsi al recettore degli estrogeni, anche se tale attività è compresa tra un millesimo e un decimillesimo di quella dell’estradiolo, il principale ormone femminile. Le quattro classi principali di fitoestrogeni comprendono gli isoflavoni, i lignani, i cumestani e i lattoni, anche se solo le prime due presentano un’attività sull’uomo, gli altri nell’animale. I cumestani si trovano nei germogli di fagioli e nei cavoli di Bruxelles, nel trifoglio e nei semi di girasole. Gli isoflavoni sono i fitoestrogeni con attività estrogenica maggiore. I lignani sono presenti in quasi tutti i cereali e vegetali, con la più alta concentrazione nei semi di sesamo e di lino. I due isoflavoni più importanti per la donna sono genisteina e dadzeina, la prima ha un’attività estrogenica 7 volte superiore alla seconda. In natura molti fitoestrogeni sono legati a una molecola di zucchero a formare i glucosidi inattivi o gliconi. Diventano biodisponibili, e quindi utilizzabili dall’organismo, quando nel sistema digerente l’azione litica della flora batterica elimina lo zucchero, permettendo l’assorbimento. Tale assorbimento dipende da molti fattori, infatti, può essere ridotto da pasti ricchi di fibre o dall’uso prolungato di antibiotici che modificano la flora intestinale, o dall’assunzione di farmaci o dalla quantità di ormoni presenti in circolo. La fonte più ricca di isoflavoni è la soia (Glycine max), che appartiene alla famiglia delle leguminose ed è usata in Cina da secoli, ed è per l’Occidente l’alimento del presente e del futuro. Nel seme di soia circa il 70% di isoflavoni è rappresentato dalla genisteina, il 25% dalla daidzeina e solo il 5% da altri tipi come la gliciteina.
La soia è diversa dagli altri legumi infatti è uno dei più proteici e digeribili, ricco di sali minerali, oligoelementi, vitamine ed enzime. È priva di colesterolo e ha un rapporto ideale tra acidi grassi insaturi e saturi; inoltre ha una notevole presenza di lecitina nei suoi grassi, utile nel controllo del colesterolo a bassa densità LDL. Alcuni studi recenti hanno evidenziato che gli isoflavoni della soia alle dosi di 30 – 60 mg, che corrispondono all’assunzione quotidiana di 2 – 3 porzioni di cibi contenenti soia, hanno un modesto effetto sulla temperatura cutanea media, potrebbero, quindi, essere benefici in alcuni casi nel controllo dei disturbi della menopausa, come le vampate e l’eccessiva sudorazione. Fonti di isoflavoni sono la soia, le proteine della soia, la farina di soia, il tempeth (cibo indonesiano) e il miso (cibo fermentato ottenuto dalla soia). La deidzeina e la genisteina sono state individuate anche nella birra. È possibile assumere degli integratori alimentari contenenti isoflavoni di soia che permettono di utilizzare con costanza un preciso dosaggio anche nei casi in cui la soia non è di proprio gradimento. È stato dimostrato, inoltre, che la daidzeina e la genisteina per uso topico sono catturati dalla cute in seguito a ripetute applicazioni transdermiche. Per tale motivo prodotti dermocosmetici contenenti fitoestrogeni potrebbero essere indicati nel trattamento della pelle che presenta un assottigliamento, perdita di tono e aumento delle rughe dopo la menopausa. Secondo alcune ricerche esiste una correlazione tra la quantità di soia consumata nei vari Paesi e l’incidenza delle vampate. Nella popolazione giapponese la quantità di soia raggiunge e supera i 200 mg al giorno, mentre nella popolazioni dell’Asia questa quantità scende a 25 – 45 mg al giorno e nella nazioni occidentali a 5 mg al giorno.
Questa importante variazione nell’assunzione di soia e di fitoestrogeni sembra poter spiegare alcuni dati interessanti, secondo i quali, le vampate sono un disturbo che interessa il 70% di donne in Europa, il 57% in oriente (Malesia) e il 18% in Cina. È particolarmente interessante, anche da un punto di vista epidemiologico, valutare l’impatto che si è avuto nella popolazione giapponese al momento della sua integrazione con altre culture. Dall’inizio degli anni ’50 vi è stato un costante fenomeno emigrativo dal Giappone verso altri Paesi. Per cui sarebbe interessante valutare se questi nuclei hanno mantenuto le loro abitudini alimentari e in caso contrario se è aumentata l’incidenza dei disturbi legati al climaterio. Molti studi sono ancora in corso e richiedono tempi lunghi, perciò se da un lato bisogna essere cauti nell’abbracciare entusiasticamente queste sostanze presenti in natura che possono essere assunte anche in grandi quantità, allo stesso tempo queste nuove prospettive sono incoraggianti. I fitoestrogeni possono essere utili alla donna in menopausa, tanto più che è una realtà osservare donne che hanno superato i 50 anni non solo con un aspetto più giovane che in passato, ma anche più sane. Donne in armonia con il loro corpo, che hanno imparato a “curarsi” e vivono con ottimismo una maggiore qualità della vita. Per queste donne fortunatamente la menopausa non è più un epilogo, come si pensava in passato, ma una fase gioiosa della vita in cui far progetti, assicurandosi un maggior stato di salute e di longevità. Molto ancora si deve approfondire e studiare, è in ogni modo straordinario osservare come la nostra conoscenza si sia arricchita e riappropriata di elementi importanti, passando dalla Cina dei tempi antichi ai grandi e attrezzatissimi laboratori scientifici dei nostri giorni.