Una risonanza per l’endometriosi

Anche la ginecologia esplora metodiche che permettano diagnosi sicure attraverso il ricorso a tecnologie con un basso profilo di aggressività.

della Dr.ssa Lucia Manganaro – Dip. Scienze Radiologiche, Università di Roma

Per un lungo periodo l’ecografia con approccio sovrapubico e transvaginale ha rappresentato l’unica modalità di imaging della pelvi femminile. Attualmente pur rimanendo l’esame di prima istanza si è reso necessario l’impiego di metodiche più sofisticate quali la Risonanza Magnetica. Questa metodica grazie ad alcune caratteristiche intrinseche quali l’elevata risoluzione di contrasto, e la multiplanarietà, abbinate a un ampio campo di vista, consente una valutazione delle strutture pelviche con elevata accuratezza. Sempre di più si parla di imaging al femminile.

Le patologie che interessano tale sfera sono numerose, basti pensare a quelle di tipo funzionale e disfunzionale del pavimento pelvico e al grande capitolo dell’oncologia, risulta quindi necessario un radiologo dedicato che collabori strettamente con la figura del ginecologo per un flusso bidirezionale di notizie. Mi vorrei ora soffermare su una patologia che rappresenta senza dubbio uno dei più grandi capitoli della ginecologia: l’endometriosi. Certamente tutti i medici dovrebbero sapere in cosa consiste. Si stima che nel mondo colpisca circa il 3-10% delle donne in età riproduttiva. Spesso determina dolore pelvico cronico, infertilità e dispareunia (dolore in occasione dei rapporti sessuali). Il 25-35% delle donne con problemi riproduttivi e il 20-40% delle donne con dolore pelvico cronico presenta lesioni di tipo endometriosico. Tra le adolescenti con dolore pelvico severo è stata stimata una prevalenza del 53%.

È rarissima prima del menarca e molto rara dopo la menopausa e generalmente una prima diagnosi avviene intorno ai 20 e i 35 anni. Si tratta di una malattia benigna determinata dalla presenza di tessuto simile all’endometrio che normalmente riveste la cavità uterina, in sede ectopica quindi al di fuori dell’utero; tipicamente nella pelvi dove può determinare aderenze, cisti, sanguinamenti e un vasto spettro di sintomi che vanno da una infertilità in una donna asintomatica all’addome acuto che necessita di immediata esplorazione chirurgica. L’impiego della Risonanza Magnetica risulta particolarmente utile e viene generalmente eseguita con apparecchiature ad alto campo (1.5 T) con studio ad alta risoluzione in condizioni basali senza necessità di impiegare mezzo di contrasto per via endovenosa se non in casi estremamente selezionati. La durata dell’esame è di circa 20-30 minuti ed è ormai assodato che la Risonanza Magnetica riesce a fornire dati circa la localizzazione e l’estensione di patologia e quindi offrire numerose informazioni circa le localizzazioni ovariche e del setto retto vaginale, eventuali aderenze, la presenza o meno di adenomi osi, di ectasia tubarica ed eventuali impianti extra-ovarici. Inoltre, nell’ottica di una medicina sempre meno aggressiva, una Risonanza Magnetica può essere richiesta, nel caso di una paziente con dolore pelvico cronico e quadro ecografico negativo, ben prima di sottoporla ad ind12agini più invasive.