Gelosia e sindrome di Rebecca

Scopriamo grazie a uno psicologo specializzato nello studio della gelosia cos’è la cosiddetta sindrome di Rebecca e le ripercussioni che ha su chi ne è affetto

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Vecchia, pensando – olio su legno (60×60 cm)

Molto spesso si sente parlare della gelosia romantica, ovvero di quel tipo di gelosia che si prova all’interno della relazione di coppia. Ma che cos’è con esattezza? Perché certe persone sembrano esserne completamente soggiogate mentre altre si dichiarano completamente immuni dalla gelosia? La gelosia può essere declinata in vari modi ma possiamo affermare che rispecchia un problema più ampio che è la difficoltà a vivere nella coppia un rapporto di reciprocità e di scambio con l’altro. La gelosia in questo senso ha a che vedere con fantasie distruttive rispetto al legame, e sono per questo dei veri e propri attacchi al rapporto di dipendenza. Molte persone gelose difatti denunciano un profondo senso di instabilità e fragilità quando si sentono “vincolati” all’altro, sentimenti che non provano quando sono “single”. Per certi versi, il geloso soffre del rapporto di coppia e finisce per controllare il proprio partner in maniera ossessiva. La sua pretesa diviene quella di poter possedere i pensieri, le emozioni e perfino il passato dell’amato. A tal proposito è opportuno parlare di un tipo di gelosia meno nota ma non per questo meno presente nei rapporti d’amore descritta attraverso la curiosa dicitura di “Sindrome di Rebecca”. Essa deriva dal celebre romanzo di Daphne Du Maurier “Rebecca, la prima moglie” (1938), da cui è stato poi tratto il film omonimo di Alfred Hitchcock (1940). La storia del film si articola sulla base di un matrimonio tra una dama di compagnia e un ricco vedovo, Maxim De Winter. Il ricordo assillante della prima moglie, Rebecca, renderà la relazione ingestibile fino a rendere folle la povera ragazza. Parlare di “Sindome di Rebecca” o di Gelosia Retroattiva significa quindi parlare della gelosia che una persona prova per il passato sentimentale del partner. Chi è affetto da questo disturbo emotivo, solitamente soffre terribilmente per i continui confronti (immaginari) con l’ex coniuge o fidanzato/fidanzata. Spesso la rimuginazione mentale, gli interrogatori pressanti contro il partner, corrodono il rapporto, talvolta in maniera irrimediabile. Bisogna dire che la gelosia retroattiva è molto più comune di quanto si immagini; infatti la gelosia riguardo i precedenti partner coinvolge moltissime coppie. Bisogna aggiungere che i legami affettivi, i legami d’amore sono sempre per certi versi rischiosi. Chiunque sia implicato in un rapporto di coppia sa bene quanto questo significhi essere, per così dire, esposti e per certi versi, in balia del desiderio dell’altro. Parlare dei legami sentimentali significa, quindi, trattare sempre di un labile confine dove nulla può essere dato per certo. La gelosia, per molte persone, è un vissuto emotivo che si presenta con una grande intensità e che spesso logora e stravolge il rapporto fino a renderlo insopportabile. Ma cosa si può fare per aiutare chi soffre della “Sindrome di Rebecca?”.

attraverso l'anima
Attraverso l`anima – olio su legno (80×100 cm)

In maniera sintetica si può sollecitarlo a riconoscere che l’idea che il partner pensi alla propria ex è solo una fantasia proiettata e non la realtà (smitizzare l’assunto secondo cui si pensa “la gelosia non è mia ma lui/lei vorrebbe tornare” versione riconducibile alla più nota “non sono io razzista è lui che è nero”); inoltre il paziente va aiutato a riconoscere come questa fantasia produca emozioni distruttive verso se stessi, verso il partner e verso il rapporto di coppia. Altri obiettivi sono la comprensione del senso emozionale della fantasia di confronto con l’ex (per esempio la fantasia di essere un ripiego o semplicemente una seconda scelta…); la messa in discussione delle proprie fantasie (di possesso, narcisistiche, di autoesclusione…); l’accettazione dell’aiuto di uno psicoterapeuta nel caso si comprenda che non si riesca da soli a risolvere il problema. Chi soffre della “Sindrome di Rebecca” deve insomma affrontare il proprio problema provando a interrogarsi riguardo le proprie fantasie. Perché mi costringo al paragone con l’ex? Spesso la risposta mostra tutta una serie di fragilità rispetto alla propria identità personale e allora la psicoterapia è sicuramente un valido aiuto per accompagnare un percorso di sviluppo emotivo. Anche perché, sebbene a volte si legga il contrario, raramente la gelosia alimenta e vivacizza un rapporto di coppia poiché spesso è invece il campanello di allarme (frequentemente vere e proprie scampanellate) di blocchi emotivi da affrontare per vivere la relazione in modo appagante e soddisfacente. Senza contare che alla lunga la gelosia può sfociare in comportamenti aggressivi e decisamente violenti: un problema più noto come “stalking”. Ovviamente non tutte le gelosie diventano casi di stalking ma molto spesso la gelosia retroattiva diventa un valido motivo per concludere un rapporto. Bisognerebbe forse ricordarsi delle parole del celebre scrittore francese Roland Barthes: “(…) la vera originalità non è né in me né nell’altro, ma nella nostra stessa relazione. Ció che bisogna conquistare è l’originalità della relazione. La maggior parte delle ferite d’amore me le procura lo stereotipo: io sono costretto, come tutti, a far la parte dell’innamorato: a esser geloso, trascurato, frustrato come gli altri. Ma quando la relazione è originale, lo stereotipo viene sconvolto, superato, evacuato, e la gelosia, a esempio, non ha piú luogo d’essere in questo rapporto senza luogo (…)”. In conclusione, ogni rapporto dovrebbe essere qualcosa di nuovo e, vivere nel passato e del passato dell’altro, non può che limitare la crescita della nuova relazione e quindi, di riflesso, degli individui lasciandoli ancorati a ciò che erano e impedendo loro di vedere chi potrebbero essere. di Marco Ventola, Psicoterapeuta ad indirizzo Psicoanalitico, Fondatore   del Cespig, Centro per la Gelosia

 

Una rappresentazione artistica delle nostre pulsioni più nascoste

The BirthLe suggestive immagini che illustrano l’articolo, sono opera di una giovane artista italiana: Marta Lapillo. Molto apprezzata per i suoi lavori in Inghilterra, Marta è nata a Cagliari e attualmente vive e lavora a Woking un paese del Surrey. Ciò che colpisce delle sue opere, come avrete notato, è che esse sono dotate di una carica comunicativa non indifferente in cui prevalgono atmosfere cupe, quasi morbose. Sogno e realtà si fondono e confondono arrivando a generare qualcosa di altro che sembra parlare direttamente all’anima dell’osservatore. Uno stile volutamente ombroso e scenografico che mette in luce nella personale visione della pittrice, quei particolari crudi, a volte taciuti, quasi mai manifesti, della realtà attuale. Perché le opere di Marta parlano proprio di questo: della vita che ci scorre attorno e dalla quale spesso siamo rapiti in peregrinazioni senza fine, immaginari viaggiatori destinati a non raggiungere mai la meta. Il dettaglio sanguinolento, la concretezza della carne, l’efferatezza della mutilazione fisica divengono, così, istantanee di una sofferenza mentale reale. Di una inquietitudine dell’animo appena percepita. Che non può che restare a fior di pelle, quasi fosse una sensazione o il ricordo di un sogno, poiché nascosta tra i milioni di pieghe del nostro universo onirico. E allora, guardando le opere di Marta, in un gioco di immedesimazione e repulsione, riflesso della costante dinamica umana di accettazione e fuga dalle proprie pulsioni più intime non si può che restare tramortiti o affascinati. Poiché essi rappresentano schegge di ciò che siamo e di ciò di cui abbiamo più paura: quella sfera segreta dentro ognuno di noi fatta di inquietitudini e desideri, voglie infantili e sacri terrori. Una dimensione oscura da cui siamo irresistibilmente attratti ma che preferiamo spiare, perché visitarla vorrebbe dire spogliasi di tutte le strutture e schematicità proprie dell’essere adulti e restare completamente indifesi, come il bambino del quadro qui sopra (La nascita – olio su legno). www.martalapillo.com