Frida Kahlo: passioni e dolori dipinti sulla pelle

di Giulia Sofia Arduini

A sessanta anni dalla morte di Frida Kahlo una mostra a Roma ne fa rivivere il mito e ne illustra attraverso rari scatti fotografici la vita travagliata.
Sono passati 60 anni dalla morte di Frida Kahlo, la nota pittrice messicana, probabilmente l’artista donna più amata e ammirata dal pubblico e dalla critica di ogni tempo. Una mostra a Roma ne ripercorre la vita attraverso le foto dell’epoca, i filmati e naturalmente i suoi dipinti inconfondibili, in grado di unire in felice connubio naif, realismo e arte popolare messicana. Un’artista dotata di una personalità forte e sfaccettata, animata da passioni accese e inarrestabili, simbolo stesso della caparbietà e delle mille anime che vivono nel popolo messicano, che ancora oggi è capace di affascinare e attrarre, come quasi un secolo fa, non solo gli amanti dell’arte. Eppure, se non fosse stato per un tragico evento, forse non sarebbe mai nata la scintilla da cui sarebbe divampato il genio della sua creatività. Nata a Coyoacàn, in Messico, il 6 luglio del 1907, Frida si avvicina infatti al mondo dell’arte solo da adolescente, per fuggire al terribile destino che le era stato assegnato. È il 17 settembre del 1925 a Città del Messico, quando resta coinvolta in un incidente stradale: il corrimano dell’autobus su cui sta viaggiando le trapassa il corpo fratturandole la colonna vertebrale in tre punti e costringendola a un lungo periodo di immobilità. Fu proprio durante questa interminabile convalescenza che la giovane cominciò a disegnare, osservando prima di tutto se stessa: i genitori, per confortarla in questo difficile periodo di solitudine e sofferenza, le regalarono un letto a baldacchino con uno specchio sul soffitto e dei colori per dipingere. Da quel momento, la giovane Frida cominciò a realizzare i primi autoritratti, un soggetto che non abbandonerà mai e grazie al quale riuscì a proporre una propria visione della femminilità, fatta di quei tratti e di quelle espressioni marcate che ne decretarono la fortuna. Non per niente, come affermerà più tardi la stessa artista: “Dipingo me stessa perché passo molto tempo da sola e sono il soggetto che conosco meglio”. Ma a risaltare nelle sue opere vi è anche la cultura popolare e il folclore del Messico, continua fonte di riferimento e ispirazione per la pittrice. La sua produzione artistica è costantemente imbevuta e nutrita dal sentimento di appartenenza alla propria terra, visibile nella scelta dei colori, nei soggetti, nelle decorazioni e nelle impostazioni dei suoi dipinti, spesso simili a raffigurazioni di immutabili idoli precolombiani.  Il primo dipinto, risalente al 1926, venne realizzato per il suo primo ragazzo, presente anche lui sull’autobus il giorno dell’incidente e rimasto miracolosamente illeso. L’amore dei due era giovane e immaturo, e non riuscì a superare il trauma dell’incidente. Da allora, ben 32 furono gli interventi a cui Frida dovette sottoporsi per tutto il corso della sua vita, che lasciarono segni indelebili sulla sua pelle olivastra, ma che non bastarono a risanarne il corpo e lo spirito offeso: la perdita, la privazione, il dolore fisico e morale torneranno sempre nelle tele dell’artista, a rimarcare i contorni di una ferita mai cicatrizzata. Nonostante le innegabili sofferenze però, Frida riuscì a trarre forza dalla propria condizione e a battersi per superare i limiti che un destino ingrato le aveva imposto: rimessasi in sesto, portò il suo portfolio a Diego Rivera, uno degli artisti messicani più famosi del tempo, che rimase colpito dal vigore e dalla spiccata sincerità dei suoi dipinti. Tempo pochi attimi, e fra i due scoccò la scintilla: lui la inserì nella propria cerchia di amici e la introdusse nel Partito Comunista Messicano. Di lì a poco convolarono a nozze, nonostante l’evidente differenza di età (circa 20 anni) e la fama di donnaiolo impenitente di Diego. Una storia ardente, accesa di gelosia e passionalità, costellata di gravidanze fallite e di svariati tradimenti dall’una e dall’altra parte.frida-kahlo-2Quando Diego arrivò a sedurre la sorella della moglie, Frida stabilì che era decisamente troppo. I due divorziarono, e la donna intraprese relazioni con altri uomini, tra cui Lev Trockij, in esilio in Messico, e André Breton, il teorico del Surrealismo che volle conoscere la carismatica Frida, la cui fama aveva raggiunto l’Europa. Ma il destino aveva previsto che Diego e Frida si riunissero, ricominciando insieme la loro vita di successo e amor folle. La loro grande fortuna artistica andò di pari passo: oltre alle numerose mostre in patria, Frida esporrà anche a New York e a Parigi, grazie soprattutto all’amico Breton che contribuì a diffonderne la fama. Sebbene da molti avvicinata al Surrealismo, la pittrice si dichiarerà sempre indipendente e scevra da classificazioni ed etichette di sorta: “Pensavano che anche io fossi una surrealista, ma non lo sono mai stata. Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni”. Realtà fatta di amarezza, di sessualità repressa, di rinunce, ma anche di giocosità e ironia, che pervadono le opere dell’artista rendendole uniche e iconiche. Tra i dipinti più significativi esposti a Roma ricordiamo: Henry Ford Hospital (1932), Ciò che l’acqua mi ha dato (1938), Le due Frida (1939), Autoritratto con collana di spine (1940), Ritratto come Tehuana o Diego nei miei pensieri (1943), La colonna spezzata (1944). Protagonista e mai vittima di una vita rocambolesca e straordinaria, Frida è passata alla storia per essere stata la prima donna nel mondo dell’arte a raffigurare in maniera totalmente sincera, e a volte quasi spietata, quei temi e quelle problematiche connesse solo ed esclusivamente alla sfera femminile. Soggetti come l’aborto, la maternità negata, la percezione della propria sessualità e della propria alterità irrompono nelle tele della pittrice messicana, aprendo un canale di comunicazione preferenziale con il mondo delle donne, e colpendo alla pancia il resto del pubblico con la sfrontatezza tipica di una vera rivoluzionaria anticonformista: non è un caso infatti che Frida sostenesse di essere nata nel 1910, anno della Rivoluzione Messicana, per sottolineare la sua adesione alla causa libertaria e indipendentista. L’anticonformismo è evidente in ogni aspetto della sua vita: artista cruda e spudorata, donna impegnata politicamente e moglie sensuale e insubordinata, in grado di ripagare i tradimenti del marito vanesio con la stessa moneta (si parla addirittura di pruriginosi amori saffici). La stessa dipartita dell’artista fu atipica e romantica: pochi giorni prima della sua morte, oramai gravemente sofferente e privata della gamba destra da tempo malata, Frida completa quello che diventerà uno dei suoi quadri più straordinari: Viva la Vida – Coyocàn 1954 Mexico. In un tripudio di coloratissimi cocomeri, l’artista aggiunge su uno di essi la scritta “Viva la Vida”, a decretare l’amore per un’esistenza vissuta a pieno e goduta fino all’ultimo respiro.