Filler: rischi e complicanze

del Dott. Vincenzo Varlaro  Master Internazionale Biennale di II livello di Medicina Estetica e Terapia Estetica dell’Università degli Studi di CamerinoVarlaro Vincenzo copia 2

Il filler è il principale e più richiesto intervento di medicina estetica, tuttavia in rari casi possono verificarsi delle complicanze: ecco come affrontarle.

Essere brutte ha un vantaggio sull’essere belle: è una condizione che non peggiora, ma nessuna donna gradisce un tale tipo di vantaggio, meglio essere belle ed essere svantaggiate, tanto in soccorso della bellezza può sempre intervenire la medicina estetica con tutti i suoi ausili e quindi anche i filler. Mentre lo scultore opera per sottrazione di materia, il medico che utilizza i filler opera solo per addizione. Come ben sappiamo, i filler sono materiali biocompatibili che vengono iniettati nel derma e/o nel tessuto sottocutaneo allo scopo di riempire una depressione o aumentare i volumi. La popolarità dei filler è cresciuta nel tempo perché permettono un indiscutibile e immediato miglioramento estetico. Scolasticamente si possono distinguere in biodegradabili (riassorbibili) e non biodegradabili (non riassorbibili). Sono filler biodegradabili l’acido jaluronico (HA) (Stylage®, Restylane ®, Juvederm®, Belotero ®, Aliaxin®, Perfectha®, Glytone®…), il collagene (Evolence®), l’agarosio (Easy®), la carbossimetilcellulosa (CMC) (Erelle®), l’acido L-polilattico (PLLA) (Sculptra®), il polycaprolactone (PCL) (Ellansé®), l’idrossiapatite di calcio (CaHA) (Radiesse®) mentre sono filler non biodegradabili i polimetilmetacrilati (PMMA) (Artecoll®, Artefill®), la poliacrilammide (Aquamid®), il silicone (Silikon® 1000): proibito in Italia. A mio parere, la riassobibilità è la caratteristica cardine per scegliere un filler perché si evitano già in partenza tutti gli effetti avversi causati dai filler non biodegradabili (permanenti). Inoltre, il filler deve essere tracciabile (dotato di etichetta, nome identificativo, numero del lotto, scadenza), non immunogenico, non sensibilizzante, non cancerogeno, atossico, sterile, inerte (medical device), di consistenza simile al tessuto ospite, non migrante, di durata adeguata, con un giusto rapporto qualità/prezzo, dotato di un’ampia documentazione scientifica, di facile utilizzo. Queste caratteristiche identificano una sorta di filler ideale. Il materiale biocompatibile che più di altri possiede tali caratteristiche è l’acido jaluronico. Nell’ambito dei filler permanenti è da annoverare il lipofilling, dal greco λίπος (grasso) e dall’inglese to fill (riempire), che nulla ha a che vedere con i filler permanenti non biodegradabili. Il lipofilling consiste nell’utilizzo di tessuto adiposo autologo che viene aspirato (tramite cannule di 3/5 mm di diametro), lavato, centrifugato (isolato dal resto dell’aspirato: sangue, plasma, tessuto connettivo…), infiltrato. Una buona parte del grasso autologo impiantato viene riassorbito mentre un’altra parte attecchisce e rimane nella sede trattata come impianto permanente. L’intervento si esegue in anestesia locale, in sedazione, in regime di Day-surgery. Per limitare l’incidenza e la gravità degli effetti collaterali è importante utilizzare filler ideali, ma ancor di più avere la competenza professionale per poterli impiantare. Conoscere l’anatomia del viso è un cardine da cui non si può prescindere così come avere una formazione specifica. Sono tante le università statali italiane che hanno attivato Master di Medicina Estetica di II livello: Camerino (effettua la formazione a Roma), Chieti, Napoli, Parma, Pavia, Siena, Roma Tor Vergata. Chiariamo subito che tutti i filler possono causare ecchimosi. Tali complicanze sono più frequenti quando si effettuano impianti dermici o sottocutanei mentre lo sono meno quando si effettuano in prossimità del periosteo. Le ecchimosi si possono limitare nella loro incidenza ed entità facendo assumere preliminarmente per 20-30 giorni, per via sistemica, vasoprotettori (Venoral®, Fleboside®, Arvenum®, Daflon®…) e vitamina C (Cebion®, Redoxon®…); utilizzando una crema alla vit. k (Pro-K®, Cernor XO®, Auriderm XO®, Sidea Vitamin K®…) da fare applicare 2 volte al giorno per almeno 7 giorni prima dell’impianto del filler sulla pelle umida e dopo avere applicato un impacco caldo per favorire l’apertura dei pori sudorali. L’impacco caldo si può realizzare immergendo una benda in acqua calda e facendola, poi, applicare sull’area dove dovrà essere disposta la crema alla vit. K; utilizzando un disinfettante non alcolico (Citrosil®…): non interferisce con la microcircolazione per cui non si verificano effetti vasodilatatori; facendo applicare, nell’immediatezza del trattamento iniettivo, un gel refrigerante per creare una certa vasocostrizione distrettuale. Inoltre, si può velocizzare la risoluzione di eventuali ecchimosi applicando dopo l’impianto del filler, una crema alla vitamina k o anche alla nifedipina e alla vit. K (preparazione galenica: nifedipina 3% e vit. K 5%), fino alla risoluzione dell’inestetismo. Attualmente esiste in commercio la nifedipina in crema associata alla lidocaina (Antrolindelle ®) con l’indicazione clinica ragadi anali. Nell’impossibilità eventuale di poter adottare un preparato galenico appropriato si potrebbe, in effetti, per la terapia delle ecchimosi, adottare un tale tipo di preparato commerciale, informando dell’effetto anestetico dello stesso e della diversa indicazione clinica, per affiancare una terapia topica mediante una crema alla vit. k. Le ecchimosi sono più frequenti e più gravi in soggetti che assumono farmaci che interferiscono con i meccanismi coagulativi del sangue: antiaggreganti piastrinici (ASA, warfarin, clopidrogel, ticlopidina…), anticoagulanti (dicumarolo…), FANS, acidi grassi insaturi, inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SRRI), medicamenti fitoterapici a base di gingko biloba, aglio, iperico, ginseng; durante la fase mestruale; in situazioni cliniche piastrinopeniche.

Eritemi, iperpigmentazioni, dolenzia
L’eritema è frequente e solitamente compare dopo le iniezioni per una durata di poche ore. Le iperpigmentazioni, invece sono rare e si possono verificare in individui con biotipi cutanei elevati (IV–VI secondo Fitzpatrick) e quando si effettuano impianti superficiali. Per lo più si tratta di iperpigmentazioni post-infiammatorie. La dolenzia, anch’essa poco frequente, si risolve nel giro di qualche ora o, al massimo, di qualche giorno.

Edemi
L’edema della fase post-procedurale di impianto del filler è frequente e si verifica con tutti i filler anche se con una certa variabilità di intensità. Si tratta di una complicanza da relazionare al traumatismo e al tipo di molecola utilizzata: i polisaccaridi (acido jaluronico, agarosio, carbossimetilcellulosa) tendono a legare acqua più di altre molecole. Questo tipo di edema si risolve spontaneamente in 3-7 giorni. L’ostacolo al deflusso linfatico provoca un edema che si localizza soprattutto a livello malare. è una complicanza che si verifica se si effettuano impianti di filler a livello della regione infraorbitaria per interferenze di tipo compressivo con il sistema linfatico facciale. Un edema di tale tipo può persistere nella regione malare per 5-6 mesi. Nella regione infraorbitaria meglio utilizzare filler poco reticolati per evitare di interferire con il deflusso linfatico e meglio utilizzare acido jaluronico perché qualora si verificasse un ostacolo al deflusso linfatico potrebbero essere effettuate delle iniezioni di jaluronidasi (Jaluran®, Desinfiltral®, Lido-hyal®) nella sede di impianto del filler e delle applicazioni topiche di creme contenenti jaluronidasi (Jalovis®, Zimojal®). Gli effetti della jaluronidasi iniettata sono visibili già dopo 12 ore. Infine, è da menzionare l’angioedema che è da relazionare, invece, a un fenomeno di ipersensibilità IgE – mediata. Le IgE stimolano la degranulazione dei mastociti che rilasciano proteasi, eparina, istamina, citochine, prostaglandine, leucotrieni che causano edema, eritema, dolenzia, prurito con le caratteristiche tipiche della reazione allergica. Le reazioni allergiche possono essere anche gravi e durare diverse settimane e non limitarsi solo ai siti di iniezione ma interessare l’organismo anche a livello sistemico con possibili situazioni di prurito generalizzato, orticaria, edema di Quincke. I casi in cui l’angioedema progredisce rapidamente e assume caratteristiche sistemiche devono essere trattati come emergenza medica poiché possono verificarsi ostruzioni delle vie aeree e soffocamento. I casi di allergia sono da riferire in primis al collagene e alla lidocaina presente nei preparati commerciali di molti filler. Il tempestivo trattamento con adrenalina può salvare la vita.

Filler zoneInterferenze con terminazioni nervose
Le interferenze con le terminazioni nervose si possono realizzare a livello del forame infraorbitario (dove emerge l’omonimo nervo) e del forame mentoniero (dove emerge il nervo mentoniero). Fenomeni compressivi sul nervo infraorbitario e sul nervo mentoniero possono causare parestesie e anestesie nelle aree di innervazione del nervo infraorbitario (naso, labbro superiore, palpebra inferiore) e del nervo mentoniero. A livello del forame infraorbitario e del forame mentoniero è bene non effettuare impianti, ma se proprio necessario, meglio utilizzare filler poco reticolati impiantati superficialmente e senza eccedere nelle quantità per evitare di realizzare fenomeni compressivi, quindi lesioni alle terminazioni nervose di nervi infraorbitario e mentoniero. Ed è meglio utilizzare acido jaluronico perché qualora si verificasse un fenomeno compressivo imprevisto, quindi lesivo dei nervi infraorbitario e mentoniero, potrebbero essere effettuate delle iniezioni di jaluronidasi nella sede di impianto del filler e delle applicazioni topiche di creme contenenti jaluronidasi.

Infezioni e ascessi
Sono eventi rari ma quando si verificano costituiscono un problema grave. Per limitare il rischio di tali effetti è bene sterilizzare il sito di iniezione con modalità accurate con un disinfettante non alcolico, rimuovere con attenzione ago e siringa dalla confezione singola sterile, indossare guanti durante la procedura, assicurarsi che l’ago non venga contaminato durante la stessa, non effettuare impianti in individui con storia clinica di infezioni erpetiche senza fare effettuare una profilassi antivirale con velaciclovir (500 mg due volte al giorno per 3-5 giorni) o con aciclovir (400 mg ogni 4 ore per 3-5 giorni) prima dell’impianto del filler, perché si può riattivare una infezione latente. La comparsa delle infezioni, così come degli ascessi è rara se si utilizzano filler biodegradabili (acido jaluronico, agarosio, carbossimetilcellulosa…) mentre è più frequente se si utilizzano filler non biodegradabili (polimetilmetacrilati, poliacrilammide…). Per le complicanze infettive batteriche è indicata una terapia medica antibiotica: ceftriaxone (Rocefin®, Eftry®, Fidato®…) (1 gr im die per 6 giorni) fatto seguire da ciprofloxacina (Ciproxin®, Flociprin®…) (500 mg 2 volte al giorno per 6 giorni). Gli ascessi oltre che essere trattati con una terapia antibiotica sistemica, è bene che vengano drenati in modo da eliminare il contenuto purulento. Nel caso fosse stato utilizzato un filler a base di ac. jaluronico, fare applicare localmente e massaggiando, 2-3 volte al giorno per 10-20 giorni, una pomata contenente jaluronidasi e clorexidina (Jalovis®).

Granulomi
Il granuloma è una lesione tipica delle infiammazioni croniche. Può costituire una conseguenza infettiva (granulomi settici) ma anche una reazione da corpo estraneo (granulomi asettici). è caratterizzato da una intensa proliferazione cellulare: da grosse cellule giganti multinucleate con funzione fagocitaria e da cellule epitelioidi. I granulomi asettici si sviluppano quando il materiale, anche se sterile, è eccessivo per poter essere fagocitato oppure quando la sua composizione resistente non permette ai macrofagi di eliminarlo mediante i sistemi di degradazione enzimatica. Le cellule epitelioidi e le cellule giganti di Langhans circondano il corpo estraneo aderendo alla superficie e lo isolano dall’ambiente circostante senza riuscire a eliminarlo. Dal punto di vista clinico il granuloma è visibile e palpabile come formazione nodulare. Infiltrazioni intralesionali mediante triamcinolone acetonide hanno causato atrofie cutanee per cui il trattamento è squisitamente chirurgico.

Interferenze vascolari arteriose
Costituiscono una complicanza spesso gravissima. Possono essere di tipo compressivo oppure di tipo embolizzante. A livello glabellare si possono verificare effetti compressivi sulle arterie sopraorbitale e sopratrocleare con conseguenze di tipo ischemico/necrotico della regione glabellare. A livello della regione laterale del naso si possono verificare fenomeni compressivi sull’arteria facciale, là dove prende rapporti con il piano rigido dell’osso mascellare, e sull’arteria angolare (anastomosi tra l’arteria faciale e l’arteria dorsale del naso: ramo terminale dell’arteria oftalmica) con conseguenze cliniche di tipo ischemico/necrotiche a livello del naso. A livello della glabella, del dorso e della regione laterale del naso, della branca mandibolare (dove l’arteria faciale prende rapporti con il piano rigido dell’osso mandibolare), si possono verificare effetti embolizzanti arteriosi. Tali zone possono essere considerate aree dove bisogna fare molta attenzione (red zones). Da tali embolizzazioni arteriose possono derivare eventi gravissimi: ischemia e necrosi della regione glabellare, della regione laterale e dorsale del naso, della regione faciale, occlusioni dell’arteria retinica,di quella dorsale del naso, di quella sopraorbitale o sopratrocleare, occlusione dei rami terminali delle arterie cerebrali (stroke cerebri). Il filler una volta pervenuto nel circolo arterioso può viaggiare in direzione anterograda o retrograda a seconda delle diverse circostanze che si possono realizzare. Se il filler viene iniettato nelle arterie sopraorbitale, sopratrocleare, dorsale del naso (embolizzazione dell’arteria dorsale del naso: ramo terminale dell’arteria oftalmica, delle arterie della regione glabellare quali la sopratrocleare e la sopraorbitale: rami terminali dell’arteria oftalmica) in direzione anterograda si possono verificare situazioni cliniche ti tipo necrotico/ischemiche a livello della regione glabellare e nasale. Se l’iniezione è effettuata in direzione retrograda, per la forza centripeta significata dall’iniezione effettuata in direzione retrograda e quando tale forza centripeta supera quella centrifuga significata dall’attività cardiaca e soprattutto dalla sfigmicità arteriosa, si può verificare una embolizzazione retrograda: l’embolo, purtroppo, viaggia in senso retrogrado cioè in direzione centrale, e può giungere fino all’arteria carotide interna con situazioni ischemiche a livello cerebrale. Quando si esaurisce la forza centripeta impressa dall’iniezione, quella centrifuga determinata dall’attività cardiaca e dalla sfigmicità arteriosa fa muovere gli emboli in senso anterogrado cioè in direzione periferica. Gli emboli possono ritornare nelle arterie sopratrocleare, sopraorbitale, dorsale del naso e determinare, quando raggiungono vasi di piccolo calibro, situazioni cliniche di tipo ischemico/necrotiche a livello della regione glabellare e a livello della regione del naso. Gli emboli possono prendere anche la via delle arterie ciliari posteriori e dell’arteria centrale della retina e viaggiare in senso centrifugo con conseguenze gravissime come l’occlusione dell’arteria centrale della retina con cecità irreversibile. Si può verificare, inoltre, una embolizzazione dell’arteria angolare (anastomosi tra l’arteria faciale e l’arteria dorsale del naso) e anche una embolizzazione dell’arteria faciale. In tal caso l’embolo viaggia in senso centrifugo fino a livello dell’arteria dorsale del naso; poi si muove in senso centripeto, cioè retrogrado, verso l’arteria oftalmica e l’arteria carotide interna. Quando la forza centripeta si esaurisce l’embolo torna in senso centrifugo cioè in direzione periferica: dall’arteria oftalmica verso la periferia con situazioni cliniche di tipo ischemico/necrotiche a livello della regione glabellare e del naso e di tipo occlusivo a livello di arteria centrale della retina.