Eliminare tutto il grasso? Un errore da evitare

La nostra società ha demonizzato il grasso facendolo apparire come il principale fattore degli inestetismi, ma non è sempre un nostro nemico

èinnegabile che la parola grasso, nella nostra epoca e società, ha una connotazione decisamente negativa. Utilizzata in forma di aggettivo, a mò d’insulto, oppure per indicare una pietanza o un alimento da escludere dalla dieta, ciò che è ritenuto grasso e untuoso non va di moda, specie quando è causa di obesità. Un fenomeno, quest’ultimo, molto complesso che però l’Organizzazione Mondiale della Sanità liquida con una definizione abbastanza semplice “una condizione caratterizzata da una eccessiva presenza di tessuto adiposo nell’organismo umano in misura tale da indurre un aumento significativo di rischio per lo stato di salute in ambedue i sessi”. Il numero degli obesi nel mondo occidentale è purtroppo in costante crescita e secondo diversi studi epidemiologici rappresenterebbe il 24% degli uomini e il 27% delle donne negli Stati Uniti d’America, con una prevalenza simile riscontrata anche in ricerche effettuate in Italia. Sarebbe però riduttivo considerare l’obesità sia come un semplice squilibrio del bilancio energetico tra l’energia introdotta nell’organismo e l’energia consumata, sia come risultato esclusivo di uno squilibrato metabolismo dei grassi, perché in entrambi i casi si rischia di ignorare la multifattorietà di questa patologia, che sappiamo bene essere dovuta a diversi fattori genetici e ambientali che, in concorso tra loro, sono in grado di accelerare lo sviluppo di un aumento ponderale. Inoltre considerare i grassi del nostro corpo come nemici assoluti, trascura la loro indiscutibile e, per molti versi, fondamentale importanza ai fini della nostra vita. Diverse ricerche suggeriscono che sia la quantità degli adipociti che la distribuzione della massa lipidica corporea sono determinati geneticamente. Inoltre, poiché il numero delle cellule adipose presenti nell’adulto è irreversibile, si pensa che non possa essere modificato neanche con il più rigido trattamento dietetico. Nessun individuo sarebbe quindi destinato al sovrappeso solo a causa dei suoi geni, mentre esisterebbe una predisposizione all’aumento di peso favorita dal fattore ambientale. Si ipotizza però che la predisposizione genetica possa essere attenuata o esacerbata dalla componente ambientale, con il conseguente sviluppo di un fenotipo che caratterizza la distribuzione individuale del grasso corporeo. In pratica le interazioni fra un determinato fenotipo, dotato di una certa quantità di massa grassa, e l’intervento nutrizionale, sarebbero modulate da uno specifico genotipo dell’individuo, con due possibili effetti attinenti all’obesità: il primo effetto può determinare un aumento del peso corporeo come conseguenza di una dieta ad alto contenuto calorico, o in seguito a uno stile di vita sedentario; nel secondo, gli effetti dell’interazione potrebbero favorire, sulla base della suscettibilità individuale, sia l’insorgenza delle malattie correlate all’obesità che la resistenza a un determinato trattamento terapeutico. La mappa dei geni dell’obesità identifica più di100 geni che possono essere coinvolti nella regolazione e il controllo del bilancio energetico. Il tessuto adiposo non è, infatti, solo una sede di accumulo di grassi e una riserva energetica metabolicamente inerte, ma è funzionalmente più complesso e dotato di una propria attività endocrina. Autonomamente, produce diverse e specifiche sostanze quali la Leptina, una proteina costituita da 167 aminoacidi, e altre citochine, Adiponectina ed elementi del sistema Renina-Angiotensina che ben spiegano l’associazione clinica tra obesità e l’ipertensione arteriosa, e soprattutto l’insulinoresistenza. Oltre all’attività ormonale il grasso umano ha anche altre funzioni che, ricorrendo a conoscenze basiche, appaiono oltre che positive anche fondamentali. Ricordiamo che il tessuto adiposo è il meno ricco di acqua (8-10%); più ricco di trigliceridi (85-90%) e in un soggetto normopeso si attesta intorno al 15-20% della massa totale. Nell’organismo umano esistono un tessuto adiposo bianco, più abbondante, concentrato nell’addome, intorno al cuore e ai reni, nella ghiandola mammaria e nell’ipoderma, il cui colore è in realtà giallognolo a causa dei pigmenti carotenoidi e biliari. I suoi adipociti, uniloculari, sono più grandi è metabolicamente attivi, in grado di sintetizzare trigliceridi, immagazzinarli o idrolizzarli per riversare il glicerolo e gli acidi grassi ottenuti nel sangue in base alle richieste di energia. Il tessuto adiposo bruno, è in quantità molto minore, è più vascolarizzato con adipociti più piccoli, multiloculari, il cui colore è scuro per l’abbondanza di mitocondri ricchi di ferro, responsabili esclusivamente del fenomeno della termogenesi, ossia della dispersione dell’energia attraverso lo sviluppo di calore, volta a mantenere la temperatura corporea. è il grasso bianco che svolge inoltre la protezione meccanica degli organi interni, che garantisce l’isolamento termico dell’intero organismo, una riserva quotidiana di metaboliti energetici per gli altri tessuti e organi, e durante il digiuno. Nel suo complesso, il tessuto adiposo ha avuto un grande significato evolutivo perché è coinvolto anche nelle funzioni della fertilità umana, nella formazione e differenziazione delle cellule ematiche, nella coagulazione del sangue e in diversi meccanismi di difesa immunitaria aspecifici e specifici, cellulari e umorali, tant’è che il sottopeso e il sovrappeso possono indurre stati infiammatori cronici. Da non sottovalutare, infine, la funzione meccanica di sostegno perché il grasso occupa gli spazi e i vuoti intorno ai nervi, i vasi e i muscoli, fungendo da cuscinetto riempitivo e protettivo anche in quelle aree del viso, che a causa dell’età possono svuotarsi. (Simone Careddu)