Il ricordo di due incontri avvenuti trent’anni fa ritorna attuale oggi che abbiamo tanto bisogno di pace di uguaglianza e tutela dei diritti
del dott. Saverio Corasaniti, già Presidente TAR
Nella lunga storia della Chiesa cattolica spiccano i nomi di personaggi che hanno lasciato orme indelebili. Tra questi vanno senza dubbio annoverati Madre Teresa di Calcutta e Papa Wojtyla. Avendo avuto la fortuna e l'onore di incontrarli e conoscerli personalmente nel 1993 nella mia qualità di sub commissario straordinario del Comune di Roma avverto l’esigenza di esternare su di loro, dopo 30 anni, una riflessione ed un ricordo personale. Quali pilastri e strenui difensori dei diritti umani erano accumunati dal fatto che i malati, gli oppressi, coloro che vivono ai margini e cioè gli ultimi; hanno sempre avuto un posto speciale nei loro grandi cuori. Questa particolare attenzione e sensibilità verso la sofferenza e le condizioni sub umane di vita hanno creato tra questi due grandi del nostro tempo un rapporto di così intensa spiritualità da unirli in vita nella loro missione apostolica e post mortem da un immediato processo di beatificazione e santificazione. La loro scomparsa non ha fermato la forza del loro pensiero, il magnetismo che affascinava e conquistava. Avendo entrambi predicato ideali ed alti valori morali ed umani la loro eredità spirituale, la loro anima è tuttora viva più che mai, ispira fiducia ed energia per lottare contro la miseria e l’ignoranza di una parte dell’umanità disperata e contro le guerre tra i popoli. Per tale motivo che, anche e soprattutto nella realtà mondiale attuale prostrata dallo scoramento, ogni individuo,indipendentemente dalla fede religiosa, sente delle emozioni particolari quando pensa a Madre Teresa di Calcutta e al grande Papa. Il loro profondo legame spirituale è stato cementato dal sacrificio e volontà di combattere insieme i fenomeni negativi, dalla dedizione della loro vita ai bisognosi di tutti gli angoli del pianeta come se si fossero entrambi sentiti cittadini della terra intera. La conoscenza diretta di Madre Teresa è stata occasionata dall’aver consegnato nelle sue mani il provvedimento di concessione alla sua congregazione di un edificio in Roma (quartiere Tor Bella Monaca) da adibire a centro sociale per i più bisognosi. L’incontro con la sorella, venuta a Roma da lontano per un incontro con papa Giovanni Paolo II, ha scatenato un’emozione collettiva con momenti toccanti: eravamo tutti consapevoli di trovarci di fronte ad un mito del ventesimo secolo. Dalla sua piccola ed esile statura emanava un sentimento grande e totalizzante di serenità e forza morale e spirituale: una sensazione di porto sicuro. Tutti l’ascoltammo in un silenzio quasi irreale ed alla fine della cerimonia ho ricevuto dalle sue mani due medagliette con immagine della madonna, una delle quali è stata nel 1995 posta nella bara di mia madre. Nel salutarla mi sono complimentato, a nome di tutti i funzionari, per il suo senso profondo della comunità unito alla sua grandiosa missione: missione che l’ha portata all’onore degli altari anche se i devoti preferiscono chiamarla ancora semplicemente Madre Teresa e non Santa. L’incontro indimenticabile con Papa Giovanni Paolo II è avvenuto al cimitero del Verano di Roma in occasione della festa dei defunti del 2 novembre 1993. Mi colpì Il suo sguardo inflessibile che incuteva rispetto ed i suoi occhi che sprigionavano intelligenza, forza spirituale, ma anche umana deferenza verso i defunti e vivo cordoglio nei confronti dei presenti che riverenti lo circondavano. Non posso dimenticare il suo modo diretto di comunicare la concretezza con quella decisa voce che non aveva perso l’accento polacco delle origini; un suo saggio insegnamento che richiamava una precisa responsabilità morale di tutti, compresa verosimilmente quella dell’amministrazione comunale da me là rappresentata. Rivolgendosi a noi presenti ha sostenuto infatti che il grado di civiltà di un paese si misura dal rispetto per i defunti. Credo facesse riferimento al profondo riguardo dovuto ai morti anche tramite l’attenta manutenzione e pulizia dell’ambiente cimiteriale: un’intelligente e soft tiratina d’orecchio nei miei riguardi. Mi sono reso conto di trovarmi di fronte ad un illuminato artefice che ha dato lustro alla Chiesa cattolica degli ultimi decenni del novecento, un Papa del quale il Vaticano doveva andare e va orgoglioso. è stata questa diretta sua conoscenza ed assoluta riverenza nei suoi riguardi che mi hanno spinto dopo circa 10 anni (2003) a partecipare con un gruppo di giuristi italiani alla stesura del volume di 1174 pagine “Giovanni Paolo II. Le vie della giustizia” con riflessioni in suo omaggio per il XXV anno di pontificato: il mio breve scritto riporta il titolo “Giovanni Paolo II, il Papa dell’accoglienza” Mi sono un pò di più dilungato sul Pontefice per la sua immagine di uomo libero e di forti convinzioni e per avere avuto egli un’incredibile anticipazione in merito al dovuto rispetto non solo dell’individualità ma anche delle comunità nel loro patrimonio di libertà, di cultura e di stili di vita. La salvaguardia di tali diritti e valori, la condanna delle guerre e dei fenomeni mafiosi e corruttivi sono stati il principio al quale, in un tornante tragico della nostra storia, Papa Wojtyla hadispiegato ed ispirato la sua lunga ed infaticabile azione. Tutto ciò ha fatto di lui un protagonista politico, uno statista lungimirante.