Una malattia tropicale molto rara e pericolosa per l’uomo che si pensava ormai estinta ma che sta tornando in alcune zone dell’Africa
A vete mai sentito parlare di Dracunculiasi? Probabilmente starete pensando a qualcosa che ha a che fare con il celebre conte Dracula. E invece anche se il nome curiosamente suona similare, quella di cui stiamo parlando è una malattia molto rara provocata da un verme denominato Dracunculus medinensis. Non ci è dato sapere se si tratti di un parassita succhiatore di sangue, come il celebre personaggio storico/letterario portato alla notorietà dalla penna di Bram Stocker, quello che però sappiamo con certezza è che il pericoloso invertebrato in questione ha le sembianze di un lungo verme. E che era piuttosto conosciuto nel passato. Se ne hanno infatti i primi riferimenti nella Bibbia all’interno del libro dei Sumeri mentre un suo antenato in forma calcificata è stato ritrovato all’interno dei una mummia. Insomma, quello che viene anche chiamato “verme della Guinea” o “filaria di medina” è un parassita che esiste da sempre e che per moltissimo tempo ha costituito un rischio concreto per la salute in moltissimi paesi africani. Basti pensare che è stato calcolato che negli anni ’80 avesse contagiato oltre 3,5 milioni di persone. Fortunatamente oggi la Dracunculiasi è ormai quasi debellata e resiste, come spiegato qualche tempo fa durante la seconda edizione della Giornata mondiale per le Malattie Tropicali Neglette, cui essa appartiene, solo in 4 Paesi dell’Africa Centrale: Mali, Ciad, Sud Sudan ed Etiopia. Ma come si viene infettati da questo parassita e che cosa comporta? Iniziamo col dire che il contagio avviene bevendo direttamente da uno stagno o da altre fonti infestate da minuscoli microcrostacei che si sono nutriti delle larve del verme della Guinea. Le femmine di queste ultime penetrano le pareti intestinali dei soggetti colpiti e qui trovano l’ambiente ideale per crescere, arrivando alla lunghezza, in alcuni casi, di 120 cm. Nonostante le dimensioni, però, il verme è capace di insinuarsi attraverso il tessuto connettivo, spostandosi verso gli arti inferiori dell’ospite. Giova ricordare, per prima cosa, che i sintomi iniziali si manifestano all’incirca tra i 10 e i 14 mesi dal momento in cui è avvenuta l’infestazione. Tra questi i più frequenti sono: febbre moderata, rash pruriginoso, nausea, vomito, diarrea e capogiri. Ma non solo: l’inquilino indesiderato secerne anche un acido che può causare vescicole e ulcere cutanee. Se queste ultime non vengono curate in tempo possono causare diverse manifestazioni, tra cui le più note, sono: cellulite, ascessi, tetano, sepsi e artrite settica. L’unico rimedio che permette di accelerare la guarigione consiste nell’incidere la superficie ulcerosa e arrotolare il verme intorno a un bastoncino. Tentare di rimuoverlo in modo inappropriato, infatti, può comportare che il verme si spezzi e in questi casi l’unica soluzione è l’amputazione. Durante l’estrazione, il paziente è debilitato dal dolore, specie quando essa si verifica vicino a un’articolazione, in quanto possono insorgere contratture e, finanche, disabilità permanenti. La malattia può debilitare per diverse settimane, impedendo ai bambini che la contraggono di frequentare la scuola e agli adulti di lavorare nei campi. Purtroppo però, va detto, spesso i malati nel tentativo di allievare il dolore, sono portati a bagnarsi presso le sorgenti d’acqua locali, dove il verme rilascia immediatamente migliaia di larve, perpetuando all’infinito il suo ciclo di vita. Pur non essendo mortale, la Dracunculiasi può essere una causa indiretta di morte provocata dalle setticemie conseguenti le infezioni ulcerose. Fortunatamente, il rischio di contrarla è molto basso, come ha certificato l’Organizzazione Mondiale della Sanità sostenendo che 198 nazioni sono libere dalla dracunculiasi. “Siamo prossimi all’interruzione della trasmissione nel Sud Sudan“, ha detto Makoy Samuel Yibi, responsabile del programma nazionale di eradicazione presso il ministero della sanità. Nonostante il brillante risultato ottenuto, non esistono farmaci specifici per trattarla e l’unica opzione terapeutica si riduce alla prevenzione. Proprio per questo, nei villaggi più remoti e nei sobborghi delle metropoli africane, dove il verme della Guinea è ancora presente, l’OMS ha dato vita negli ultimi decenni a capillari programmi di sensibilizzazione della popolazione. In particolare è stato introdotto l’abitudine a bere dai corsi d’acqua ricorrendo a cannucce con un filtro, che può essere realizzato anche con una semplice garza, onde impedire di ingerire il parassita bevendo. Molto importante, a fini preventivi, anche cuocere i crostacei e i pesci che provengono da corsi d’acqua sporchi o inquinati. Secondo gli esperti dell’OMS, quella del verme della Guinea si candida a diventare la prima malattia parassitaria mai eradicata e, probabilmente, la seconda malattia umana a essere eliminata nel mondo dopo il vaiolo.