Il Diritto alla Salute è rafforzato dal Principio di Eguaglianza dei Diritti e dei Doveri dall’art.3 della Costituzione
Dott.Saverio Corasaniti, già Presidente del TAR
L’attuale dibattito e le battaglie politiche sulla cosiddetta Riforma Calderoli, contenuta nel decreto approvato dal Consiglio dei Ministri dello scorso 2 febbraio 2023, che potrebbe dar luogo a quella che viene definita un’Autonomia asimmetrica e che, ove approvata, interverrà su 23 materie, porta in primo piano il tema del principio di eguaglianza di tutti i cittadini italiani, dal nord al sul del paese. A questo proposito abbiamo chiesto al Presidente Saverio Corasaniti un suo contributo utile a chiarire i termini del dibattito.
Il principio di eguaglianza è alla base delle Costituzioni repubblicane e, quale loro patrimonio, pervade i principi politici, economici e sociali delle stesse Costituzioni. In questi termini rappresenta un pilastro anche dell’edificio della nostra Carta, richiamando tutti i diritti fondamentali dei cittadini (i diritti di libertà, il diritto al lavoro, il diritto alla salute, il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero…) ma anche i doveri di solidarietà: eguaglianza vuol dire, infatti, eguali diritti e doveri. Purtroppo nella nostra società esistono già e perdurano di fatto ancora differenziazioni e disuguaglianze territoriali, soprattutto quelle tra le popolazioni del Sud e quelle del Nord. In tale oggettivo contesto si è tuttora in presenza di una profonda ingiustizia che mal si concilia con i principi di cui agli artt. 3 e 2 della stessa Carta: il primo prevede i diritti “inviolabili” della pari dignità e l’eguaglianza di tutti i cittadini ed impone alla Repubblica di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che….impediscono il pieno sviluppo della persona umana….”; l’art. 2 accosta ai predetti diritti i doveri “inderogabili” di “solidarietà politica, economica e sociale” e fa riferimento ai diritti dell’uomo “sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”. Ora se i diritti della persona umana e della sua dignità sono garantiti dalla Costituzione e ciò vale, come detto, per tutti i cittadini, a prescindere dalla loro collocazione territoriale, ben si può o si deve ipotizzare una violazione sostanziale della stessa Costituzione da parte dello Stato o Autorità pubbliche ove non impediscano che i cittadini del Sud, in quanto membri del popolo unito, vengano di fatto ridotti o privati della garanzia dei diritti medesimi. La Carta costituzionale, infatti, garantisce l’eguaglianza, intesa come divieto di discriminazioni ingiustificate tra le persone, senza distinzioni (art. 3). Se quello riferito è il valore ed il rispetto che la Costituzione attribuisce alla persona umana in quanto tale e ai suoi “diritti inviolabili” la persistenza, sotto gli occhi di tutti, e il rischio di aumentare le disuguaglianze tra cittadini finisce per inculcare nelle menti di quelli più sfortunati che gli indicati principi altro non sono che una mera astrazione, un’utopia. Senza poi dire che la diversità oggettiva, sotto più profili, tra i cittadini di distinti territori mal si concilia con l’idea di quella “unità e comunità nazionale” rappresentata dal Capo dello Stato (art. 87 cost.) e tutelata dalla stessa Carta. In conclusione ritengo che, stante l’oggettiva posizione di svantaggio in cui da sempre si trovano le popolazioni del Sud, la battaglia contro le disuguaglianze stesse non può attendereoltre, e ogni indifferenza alla soluzione della medesima è sommamente iniqua nel nostro sistema democratico. Più che crearne ulteriori, sono invece doverosi sostanziali interventi diretti decisamente alla rimozione degli ostacoli, di ordine economico, sociale e di sanità e sicurezza pubblica, che limitano di fatto l’uguaglianza e le libertà. Ed invero allorquando le diversità delle posizioni e delle possibilità di molte persone sono eccessivamente diverse e sperequate e comunque tali da ledere i predetti loro diritti, in modo talmente pesante da condizionare la vita delle persone stesse, lo Stato/ordinamento ha il potere-dovere di intervenire in modo deciso e definitivo a meno che, abdicando alla propria sovranità, non accetti come inevitabili e immodificabili le differenze e squilibri che ne derivano anche sul piano della dignità con buona pace delle citate norme costituzionali e della democrazia. In altri termini s’impone al legislatore statale e regionale ed alla P.A. in generale, che fino ad oggi non hanno dato pieno seguito alle predette disposizioni costituzionali, di concretizzare il principio di eguaglianza in modo tale che situazioni eguali abbiano lo stesso trattamento: ingiustificate differenziazioni sono in definitiva da ritenersi illegittime in quanto la stessa Carta costituzionale e la Consulta sanciscono l’eguaglianza “senza distinzioni”. è evidente che questo si applica anche ai sistemi sanitari, quando mostrano una diversa efficacia e sicurezza, perché il Servizio Sanitario Nazionale rappresenta un elemento di coesione nazionale, mentre un maggior livello di autonomia nelle disponibilità economiche e nella gestione delle risorse legittimerà il divario Nord-Sud, accentuando le attuali diseguaglianze nella accessibilità ai servizi sanitari tra varie aree del Paese, con una mobilità sanitaria dalle regioni del Sud, che peraltro continuano a percepire meno soldi. Tutto ciò mentre la Legge 833/78, riafferma ancora l’uguaglianza dei cittadini nel diritto alla tutela della salute, tramite il superamento degli squilibri territoriali nelle condizioni socio-sanitarie del Paese come previsto dall’articolo 32 della Costituzione.