Dieta: cambiare il paradigma

A cura di N.H. Marco dott. Marchetti, Professore a Contratto, Università Roma Tor Vergata

Il termine dieta, nella sua più corretta accezione, significa corretto stile di vita. In realtà, per la società moderna, questa parola ha assunto un significato diverso. Essere a dieta viene percepito come uno stato di “privazione nutrizionale”. Oggi una dieta è “socialmente accettata” come una sorta di alimentazione più povera, meno varia, spesso monotona e, di frequente, specialmente in ambito dietoterapico dimagrante, ci si affida al fai da te, al consiglio dell’amico, all’articolo letto su google, all’applicazione di turno. I risultati, alquanto scadenti, sono sotto gli occhi di tutti. Difficilmente le “diete” scritte in questo modo centrano l’obiettivo, anzi molto più spesso innescano fenomeni controproducenti e, a volte, estremamente pericolosi. Ne sono un esempio i moltissimi stati carenziali indotti da insufficienti apporti di micronutrienti, nonché il celebre effetto yo-yo. Non ci stancheremo mai di ripeterlo: una dietoterapia dimagrante non è una normale alimentazione a cui viene applicato un indiscriminato taglio di calorie. In effetti, una vera e propria dieta, per quanto a scopo dimagrante, deve avere come fine principale quello di garantire tutti gli apporti necessari in termini di macro e microelementi. Bisognerebbe, a questo proposito quindi, cambiare il paradigma della dieta. Dovremmo intendere una dietoterapia dimagrante non più come una alimentazione che toglie, bensì come una alimentazione che primariamente fornisce… salute. Questa considerazione è tanto più vera quando la dieta è chetogenica poiché, in quel caso, gli apporti devono essere valutati e conteggiati con perizia ancora maggiore, dovendo fare i conti con una limitata scelta di nutrienti. Analizziamo, a titolo di esempio, una dietoterapia dimagrante. Dimagrire non significa solo perdere peso ma perderlo riducendo massa grassa. è diverso. Per perdere grasso è necessario quantificarlo. Per questo motivo è indispensabile un’attenta e approfondita valutazione dello stato nutrizionale del soggetto e della sua composizione corporea. Soltanto conoscendo la reale percentuale di massa grassa sarà possibile stabilire una corretta stima del peso da perdere, così come soltanto conoscendo la percentuale di acqua extra cellulare sarà possibile stabilire se un paziente ha necessità di drenare maggiormente. Infine, soltanto conoscendo la percentuale di massa magra è possibile stabilire con esattezza il corretto apporto proteico. Bisogna, infatti, ricordare che l’apporto proteico è fondamentale per garantire il mantenimento della massa muscolare. Poiché il turnover dell’azoto è costante ed è funzione dell’utilizzazione proteica da parte dell’organismo, e poiché dalla massa muscolare, naturalmente piena di mitocondri, deriva una buona percentuale del dispendio energetico basale, se la dietoterapia dimagrante non garantisse un adeguato apporto proteico, condurrebbe a un inevitabile deperimento. L’organismo, in condizioni di ristrettezza proteico-energetica, tenderà a recuperare i substrati aminoacidici di cui necessita “cannibalizzando” la propria muscolatura. Purtroppo, la perdita di massa muscolare è accolta con gioia dal paziente perché sulla bilancia si traduce in una perdita di peso. In realtà quella perdita è deleteria perché a una minore massa muscolare corrisponde un minore valore di dispendio energetico per effetto della deplezione di un gran numero di mitocondri, ossia delle nostre “centrali di dispendio energetico”, di cui i muscoli sono ricchissimi. In sostanza, la perdita della massa muscolare determina una perdita di dispendio energetico che avrà come inevitabile conseguenza l’innesco del famoso effetto yo-yo. L’organismo, consumando meno, inizierà ad accumulare massa grassa non appena si introdurranno più calorie, vanificando gli sforzi fatti e peggiorando la situazione. Ma l’apporto proteico è solo una delle innumerevoli variabili che un buon nutrizionista deve conteggiare. Sono fondamentali anche apporti adeguati di carboidrati (se la dietoterapia non è chetogenica) così come di lipidi e, all’interno delle quantità stabilite, sarà fondamentale discernere la qualità. Poniamo attenzione ai grassi. Aggiungere per esempio 200 KCal da lipidi, esattamente come può essere suggerito da una semplice applicazione scaricabile sul telefono, non significa di per sé nulla. Se quelle stesse 200 KCal sono costituite da grassi saturi, monoinsaturi, polinsaturi, cis o trans fa un’enorme differenza. Anche i micronutrienti devono essere attentamente conteggiati nelle loro effettive necessità. Vitamine e sali minerali, se non adeguatamente rappresentati, possono determinare stati carenziali ma non è sufficiente assumere un integratore per bilanciare la mancata assunzione. Le vitamine, specialmente quelle liposolubili, possono dare luogo a fenomeni di accumulo e peggiorare lo stato di salute. Non solo, assumere, per esempio, un integratore di Omega 3 comporta anche il bisogno di bilanciare l’apporto di antiossidanti presenti nella dieta. Poiché altrimenti, in carenza di un adeguato pool di antiossidanti, l’integrazione di Omega3 si trasformerebbe soltanto in un substrato da ossidare che peggiora lo stato di salute. Ma, a loro volta, anche gli antiossidanti devono essere correttamente bilanciati poiché molti di loro, a determinate concentrazioni, possono capovolgere la loro attività e divenire addirittura pro-ossidanti. Considerazioni come queste sono un piccolo esempio di tutte le valutazioni che devono essere effettuate prima di scrivere un protocollo alimentare. In sostanza, scrivere e prescrivere una dieta effettivamente personalizzata, efficace e salutare è un esercizio difficile che prevede una conoscenza estremamente approfondita e da aggiornare costantemente. Questo perché con la salute non si scherza. Per questo motivo è sempre bene affidarsi a un nutrizionista esperto, perché necessita tantissima conoscenza che per esempio una App digitale, per quanto raffinata, non può avere. (www.marcomarchetti.it)