Detersione della pelle atopica

di Nicole Salvoni

La pulizia della pelle eczematosa o atopica deve tener conto del ruolo fondamentale svolto dai lipidi cutanei e dei rischi legati a una loro eccessiva rimozione

Continua il nostro ideale viaggio all’interno del mondo dell’igiene cosmetologica e dei fondamentali atti quotidiani con cui ci si lava per evitare la formazione di cattivi odori, mantenere il benessere di cute e mucose e migliorare l’aspetto esterno. Parlando di pelle sensibile, in un precedente articolo, abbiamo segnalato come l’interazione fra l’individuo e la sua pelle, l’ambiente in cui egli vive e si muove, e i prodotti usati per un’igiene efficace e completa, possa determinare benefici ma anche, paradossalmente, danneggiare la cute disidratandola o impoverendola nelle sue difese sia verso aggressioni chimiche che microbiologiche. Vogliamo oggi prendere in considerazione come una detersione sbagliata o troppo aggressiva possa influire su una particolare condizione cutanea: la dermatite atopica che, a seconda delle ricerche epidemiologiche svolte in diversi Paesi, colpisce fra il 5 e il 20% della popolazione infantile mondiale. Come è noto si tratta di una malattia multifattoriale determinata da cause intrinseche e estrinseche: quali allergeni alimentari, ambientali, pollini, residui animali, allergeni microbici e micotici. Per comprendere perché sia estremamente importante una detersione delicata nei soggetti affetti da una dermatite eczematosa, e in particolare nel caso di una dermatite atopica non si può far a meno di ricordare il ruolo svolto dai lipidi nella barriera dello strato corneo, il rapporto che essa ha con la ritenzione di acqua e i difetti di permeabilità che determinano l’aumento della secchezza cutanea tipica della pelle atopica. L’importanza che gli Acidi Grassi Essenziali rivestono per i cheratinociti è infatti ormai indiscussa. L’uomo non in grado di sintetizzare i capostipiti delle serie omega 6 e omega 3, che devono essere forniti con il cibo e la loro mancanza, provoca sindromi carenziali, che si manifestano soprattutto a livello cutaneo. Il velo lipidico che ricopre la cute umana, inoltre, risente in maniera diretta, soprattutto negli aspetti organolettici e nelle proprietà fisiche e biochimiche, del grado di insaturazione e della lunghezza della catena carboniosa degli acidi grassi dei trigliceridi. Come è noto, la parziale idrolisi dei trigliceridi ne libera, sulla superficie epidermica, una quota che assolve a numerose funzioni: • strutturali all’interno delle membrane cellulari, in quanto componenti dei fosfolipidi e degli sfingolipidi e nel cemento lipidico intercorneocitario: legati alla sfingosina nelle ceramidi; esterificati al colesterolo; in forma libera, come FFA. Ma anche di regolazione: gli acidi grassi legati a taluni fosfogliceridi e sfingolipidi di membrana sono coinvolti nel ruolo di ”secondi messaggeri”, partecipando alle catene di trasmissione attraverso cui gli impulsi originati da stimoli recettoriali raggiungono il target endocellulare specifico. I PUFA dei fosfogliceridi di membrana sono incanalati nella cascata degli eicosanoidi: per azione successiva della fosfolipasi A2 e delle ciclo o lipossigenasi, vengono prodotti leucotrieni e prostaglandine. Infine, gli acidi grassi polinsaturi e i loro derivati eicosanoidi rappresentano i ligandi naturali dei recettori nucleari PPAR, la cui stimolazione promuove la differenziazione dei cheratinociti e la sintesi lipidica, accelerando il ripristino della barriera. Altra alterazione lipidica, cui si attribuisce uno specifico ruolo patogenetico nella dermatite atopica, è il deficit dell’attività dell’enzima delta-6-reduttasi, capace di giustificare l’aumento che si registra nel plasma del tasso di acido linoleico e la riduzione dei suoi metaboliti. In conseguenza di ciò, si assiste a una maggiore degranulazione del mastocita e dei basofili, a una minor produzione di AMP ciclico e a un deficit della sintesi di PGE1, a sua volta responsabile di un calo dell’immunità cellulare con anomalie del livello di IgE e aumento di alcuni mediatori pro-infiammatori (LTB4 e PGE2). Il ciclo di automantenimento dell’atopia chiarisce il modo in cui, durante le varie fasi della malattia, le cause primarie dell’affezione (genetiche, difetti della funzione di barriera, deficit immunitari) conducono all’insorgere di condizioni secondarie quali infiammazione, prurito e infezione. Queste, a loro volta, a causa di comportamenti spesso sbagliati del paziente (p.e. grattamento, bagni troppo caldi, saponi aggressivi, coabitazione con animali, abbigliamenti irritanti, ecc.) portano all’esacerbazione delle cause primarie, innescando un ciclo che non solo aggrava i sintomi clinici, ma li prolunga nel tempo, rendendoli quasi autonomi rispetto alle influenze e ai trattamenti esterni. Come ridurre il rischio che questo meccanismo venga innescato anche semplicemente attraverso comportamenti quotidiani? In primo luogo,  evitando l’uso di saponi e detergenti che minano l’equilibrio idrolipidico e il livello ottimale di idratazione cutanea. Meglio detergenti delicati che, oltre alla pulizia, assicurano elementi idratanti e lipidici, senza trascurare fattori lenitivi e rinforzanti. Il danneggiamento della struttura lipidica dello strato corneo, evento più che possibile ricorrendo ai comuni saponi, aumenta i sintomi della dermatite atopica favorendo l’ipereattività cutanea. A partire da pazienti atopici molto piccoli, anche neonati, il bagno va fatto con acqua non troppo calda e formulazioni delicate che risparmiano il film idrolipidico, unendo un’azione restituente, che apporta alla cute sostanze in grado di conservare o ripristinare ciò che viene rimosso o alterato durante la procedura di lavaggio. Dopo il II anno di vita, le lesioni appaiono eritematose ma meno infiammate e tendono alla lichenizzazione come conseguenza dell’intenso grattamento. Fondamentale quindi impedire la colonizzazione della cute da parte di batteri piogeni, in particolare dello stafilococco aureo, e ridurre il rilascio dei mediatori che sono causa del prurito da parte delle mastcellule e dei basofili. Sulle lichenificazioni sono attivi i corticosteroidi, ma più in generale si deve ridurre la disidratazione cutanea di cui normalmente soffre il paziente atopico. Il prurito notturno è il sintomo più grave nella dermatite atopica dell’adolescente e dell’adulto mentre le lesioni sono per lo più a carattere eritematoso – infiltrativo e possono essere ricoperte di squame, croste e lichenificazione. Il polimorfismo delle lesioni non è dovuto solo alla contemporanea presenza delle lesioni tipiche delle varie fasi evolutive, ma anche all’associazione di quadri clinici diversi come l’eczema nummulare e la disidrosi delle mani. Anche in questo caso, per ridurre il ricordato ciclo di automantenimento, bisogna eliminare il contatto con sostanze chimiche e saponi che aggravano il deficit della funzione barriera della cute, cui segue una maggiore suscettibilità verso gli agenti irritanti. Vanno evitate anche le condizioni in cui si verificano: un aumento della sudorazione, brusche variazioni climatiche e la presenza di animali domestici. In conclusione, qualsiasi sia l’età e la cura adottata, nei soggetti atopici è fondamentale una detersione delicata che abbia lo scopo non solo di eliminare lo sporco, il sudore e i residui di sebo in modo delicato ma anche il riequilibro del deficit lipidico, il ripristino della funzione barriera e dell’idratazione cutanea.