Nevi e melanoma

prof. Giorgio Landi
Prof. Giorgio Landi Consulente U.O. Dermatologia Ospedale M. Bufalini – AUSL di Cesena

Pochi anni fa erano pochi i pazienti affetti da melanoma che sopravvivevano alla diagnosi. Oggi una diagnosi precoce rende possibile un intervento rapido e risolutivo. Merito della ricerca scientifica e delle tecniche d’indagine.

I nevi nevociti sono neformazioni benigne, sparse sulla cute prevalentemente al capo, tronco e arti superiori, costituiti da melanociti. I nevi comuni compaiono per lo più dopo la nascita e crescono di numero e di dimensioni fin verso i 20 anni di età raggiungendo diametri di pochi millimetri, poi sono piuttosto stabili per alcuni decenni, per tendere a scomparire nell’età avanzata per maturazione e diminuzione delle cellule che li compongono. In un neonato su cento è anche possibile osservare un nevo congenito che di solito ha dimensioni leggermente superiori a quelle dei nevi acquisiti. I nevi congeniti, coinvolgendo il derma profondo e gli annessi, sono spesso pelosi e moriformi, di dimensioni piccole, medie o grandi fino al nevo gigante, che interessa ampie aree del corpo, con diametri superiori a 50 cm nell’adulto. nevi e melanomiMentre per i piccoli nevi congeniti il rischio di trasformazione in melanoma (MM) non è noto, ma probabilmente molto basso, l’incidenza di MM nei nevi melanocitici giganti è purtroppo elevata, tra il 5% e il 10% dei casi e spesso con insorgenza prima della puberta’. Fortunatamente, i nevi giganti si osservano solo una volta ogni 500.000 neonati. In rapporto alla localizzazione dei melanociti che li compongono, i nevi si distinguono in dermici, giunzionali oppure misti, quando hanno sedi sia nel derma che alla giunzione dermo-epidermica.

Nevo di Miescher
Nevo di Miescher al lobulo auricolare

Clinicamente, i nevi melanocitari di colore dal marrone chiaro, al bruno, al rossastro, si distinguono in nevi piani o lentigginosi, nevi cupoliformi del volto o di Miescher, nevi polipoidi, sessili o peduncolati del tronco o di Unna, nevi di Spitz che insorgono tipicamente nell’infanzia prevalentemente al volto, nevi di Reed più frequenti agli arti inferiori delle adolescenti e giovani adulte, nevi blu, più frequenti al volto e agli arti e caratterizzati da un colore blu verdastro.

Nevo di Unna
Nevo di Unna sul dorso

Particolare attenzione è oggi riservata ai nevi displastici di Clark che sono nevi piani o appena rilevati, spesso numerosi, di colorito non uniforme e di forma varia, spesso irregolare. La presenza di tali nevi può essere sporadica o famigliare, componendo la sindrome del nevo displastico famigliare. I nevi displastici rappresentano un consistente fattore di rischio per il MM, sporadico o famigliare, e pertanto devono essere asportati, sia per prevenzione sia perché spesso si propone una loro diagnosi differenziale con il MM, oppure attentamente monitorati e seguiti nel tempo.

Il melanoma

Il MM è il tumore maligno che origina dai melanociti e che compare prevalentemente sulla superficie cutanea o sulle mucose visibili, ma che può interessare qualsiasi altra sede ove siano presenti i melanociti, come occhio, meningi ecc. Il MM è oggi il tumore in più rapido aumento nella razza bianca.

Nevo di Spitz
Nevo di Spitz della natica destra
Nevo blu del dorso della mano
Nevo blu del dorso della mano

Il rischio di sviluppare un MM nell’arco della vita, 1/1500 nelle persone nate nel 1935, è diventato di un caso ogni 600 nel 1960, 1/75 nati nel 2000 e, in proiezione, sara’ 1/50 persone nate nel 2010. Con un’incidenza di circa 13 casi ogni 100.000 persone, il MM è oggi il settimo più comune tipo di tumore, il più diffuso nelle donne nella fascia di età tra 25 e 29 anni, secondo solo al cancro della mammella nelle donne tra i 30 e i 35 anni di età. In coincidenza con tale straordinario aumento dell’incidenza del MM negli ultimi decenni, si è fortunatamente realizzato anche un netto incremento degli indici di sopravvivenza per i pazienti affetti dalla neoplasia. Tale favorevole tendenza viene interpretata come il risultato di una maggiore attenzione a tale tumore e quindi alla precocita’ della sua diagnosi perché la prognosi è infatti legata fondamentalmente allo spessore in millimetri del tumore al momento della sua asportazione. Non risultano altri fattori ambientali, clinici o terapeutici di cui sia stata dimostrata con sicurezza l’efficacia nel modificare in senso stabilmente favorevole la progressione della malattia neoplastica.

Nevi atipici disseminati sul dorso
Nevi atipici disseminati sul dorso
Nevo lentigginoso atipico
Nevo lentigginoso atipico

Tra i fattori di rischio per il MM ricordiamo i fattori genetici, che concorrono largamente con quelli ambientali nell’aumentare l’incidenza del tumore. Cosi’ le popolazioni europee di razza anglossassone sono più suscettibili di quelle mediterranee alla neoplasia, la cui frequenza si riduce poi decisamente nei soggetti di razza nera e gialla. Nel mondo occidentale, i soggetti con carnagione chiara, capelli rossi o biondi, occhi chiari, difficoltà ad abbronzarsi, facilita’ alle scottature solari e allo sviluppo di efelidi, rappresentano un gruppo della popolazione generale più facilmente soggetto allo sviluppo del tumore. Ma sono soprattutto le mutate abitudini di vita e le diverse condizioni socio-economiche che sembrano aver influenzato l’aumento quasi epidermico del MM.

Nevo congenito di piccola taglia
Nevo congenito di piccola taglia
Nevo congenito gigante del dorso
Nevo congenito gigante del dorso
Melanoma a diffusione superficiale, sottile, iniziale
Melanoma a diffusione superficiale, sottile, iniziale

Vanno così ricordati il maggiore rischio per impiegati e professionisti che per gli addetti ai lavori manuali, così come quello per il lavoratore in spazi chiusi rispetto a chi svolge attivita’ all’aperto. Studi caso-controllo hanno inoltre dimostrato l’importanza causale dell’esposizione al sole durante le attivita’ ricreazionali e nel corso delle vacanze in posti fortemente soleggiati (maggiore frequenza nei soggetti di razza celtica abitanti in Australia, sud degli USA e altri paesi tropicali), l’abitudine ai bagni di sole e ai lettini UV e i cambiamenti nella moda degli abiti, che hanno favorito l’esposizione al sole di superfici cutanee sempre più ampie. Tale comportamento risulta particolarmente rischioso per i bambini e per gli adolescenti, che durante tali esposizioni abbiano riportato ustioni solari, per la successiva tendenza a sviluppare la neoplasia nel corso della vita. Tra i fattori di rischio individuale per il MM grande rilievo ha l’elevato numero di nevi, sia per la maggiore probabilita’ statistica di insorgenza del MM su uno di tali nevi, sia come rischio per il soggetto con molti nevi di sviluppare un MM su cute sana. Altri fattori di rischio individuale sono le familiarita’ per il MM, un precedente MM nell’anamnesi personale o la presenza di precursori quali il nevo melanocitico gigante e i nevi displastici di Clark. Relativamente alla singola lesione pigmentata, il più comune segno di rischio che essa sia un MM è il suo aumento di dimensioni, ad esempio il raddoppio in 6-12 mesi o una variazione del colore o della forma. Il prurito è un segno soggettivo precoce, ma assai aspecifico, mentre il sanguinamento o l’ulcerazione rappresentano segni tardivi, poco utili ai fini di una diagnosi precoce, ma che incidono sulla severita’ della prognosi.

Diagnosi del Melanoma

Ai fini della diagnosi di MM, oltre alla valutazione clinica ispettiva secondo i noti criteri dell’ABCD (Asimmetria, Bordi irregolari, Colore variegato, Dimensioni in crescita o già ampie), vengono oggi utilizzate le metodiche di dermoscopia o di microscopia in epiluminescenza, che con tecnica epidiascopica non invasiva e con ingrandimenti variabili da x10 a x50 e oltre permettono di visualizzare in trasparenza alcune peculiari caratteristiche delle lesioni pigmentate, migliorando sensibilmente l’accuratezza della loro diagnosi clinica. Aspetti dermoscopici quali il reticolo pigmentario irregolare, punti e globuli scuri disomogenei, aree di pigmentazione o strie irregolari, velo blu-biancastro sono gli elementi semeiologici che, variamente combinati, oggi consentono una diagnosi più agevole del MM, anche in fase iniziale. Un’evoluzione recente della metodica è rappresentata dalla videodermatoscopia, che con una telecamera a colori a elevata risoluzione consente la visualizzazione indiretta delle lesioni pigmentate su un monitor, la facile digitalizzazione delle immagini, la loro archiviazione e, al bisogno, la loro trasmissione telematica. Sul piano clinico i MM si distinguono classicamente in MM a diffusione superficiale, i più frequenti, MM nodulari, anche acromici, MM acrali lentigginosi e MM su lentigo maligna.
Nei casi in cui la diagnosi clinica non sia certa, una biopsia escissionale, cioè l’asportazione completa, ma limitata della neoformazione, rappresenta anche la procedura diagnostica decisiva per ogni lesione pigmentata sospetta, perché ne permette lo studio istologico ed immunoistochimico e la definitiva diagnosi. Il referto del patologo, oltre che essere dirimente ai fini interpretativi della lesione, ne indica alcune caratteristiche importanti dal punto di vista prognostico, quali spessore, livello d’invasione, eventuale ulcerazione, presenza di infiltrato linfocitario intratumorale, mitosi atipiche, infiltrazione neoplastica di strutture vascolari, fenomeni di regressione. Tali elementi si aggiungono a quelli risultanti dal tipo clinico e dalla sede della neoplasia e dalle caratteristiche del paziente.

Terapia del melanoma e biopsia del linfonodo sentinella

melanoma a diffusione superficiale, palpabile,
melanoma a diffusione superficiale, palpabile, con rilievo nodulare e aree di regressione

Il trattamento di scelta del MM primario consiste nella sua completa asportazione chirurgica estesa fino alla fascia muscolare sottostante e alla cute sana circostante. In passato, per aumentare le probabilita’ di guarigione venivano eseguite ampie demolizioni associate a dissezione dei nodi regionali. Tali ampie escissioni non riuscivano comunque a migliorare la sopravvivenza e due sperimentazioni cliniche eseguite negli anni ’80 e ’90 hanno dimostrato che escissioni fino alla fascia, ma con margini di solo 1-2 cm a seconda dello spessore della neoplasia sono sufficienti per bonificare la malattia localmente e assicurare la migliore sopravvivenza possibile.

Melanoma nodulare ulcerato del dorso
Melanoma nodulare ulcerato del dorso

Nell’ultimo decennio, al posto della linfoadenectomia elettiva adottata senza sicuri vantaggi in passato, è stata sviluppata la metodica della biopsia del linfonodo sentinella (LS), cioè del nodo regionale che drenando la linfa proveniente dalla sede del tumore può raccogliere per primo le sue cellule metastatiche. Dagli studi di Morton lo stato del LS è risultato espressivo della condizione dell’intera stazione linfonodale, per cui se il LS è negativo all’indagine istologica ed immunoistochimica seriata è estremamente probabile che tutti gli altri nodi della stazione linfonodale da cui esso è stato asportato siano negativi per metastasi. L’integrazione della metodica linfografica con colorante vitale, descritta da Morton nel 1992, con linfoscintigrafia preoperatoria con nanocolloidi di albumina marcata e l’uso intraoperatorio di una sonda manuale per raggi g hanno ulteriormente migliorato la precisione di tale metodica bioptica.

Melanoma su lentigo maligna con rilievo roseo acromico
Melanoma su lentigo maligna con rilievo roseo acromico

Nell’esperienza personale di oltre 800 casi così trattati, la biopsia del LS è riuscita nel 99.7% dei casi, e sempre negli ultimi 500. Nello casistica personale il LS è risultato positivo per metastasi accertate al microscopio in media nel 16% dei casi, ma con incidenza molto bassa, inferiore all’1% nei MM sottili, sotto 1 mm di spessore, invece elevata oltre al 20% e al 30% nei MM a spessore superiore ai 3 e 4 mm. Sulla base di tali osservazioni, anche in sintonia con l’orientamento internazionale, oggi proponiamo la biopsia del LS solo per i MM a spessore superiore al millimetro. Nei casi in cui il LS sia risultato positivo per metastasi, si procede poi a svuotamento dell’intera stazione linfonodale perché, in oltre 130 casi con LS positivi da noi visti, in un caso su quattro è possibile che oltre al LS siano già sede di metastasi subcliniche anche uno o più nodi non sentinella della stessa regione.. Negli altri pazienti, nei quali lo studio del LS risultava negativo per metastasi non abbiamo proceduto a ulteriori trattamenti chirurgici. Oltre che con le metodiche istologiche e immunoistochimiche, la presenza di metastasi nel LS viene oggi indagata con indagini di biologia molecolare attraverso la ricerca con RT-PCR del RNA messaggero della tirosinasi, l’enzima che trasforma la tirosina in melanina ed è esclusivo delle cellule melanocitarie normali e patologiche.

La linfoscintigrafia
La linfoscintigrafia, nello stesso caso. dimostra un linfonodo sentinella in ascella dx e un linfonodo sentinella in ascella sn. L’area “calda” centrale corrisponde alla sede d’iniezione del tracciante.

E’ stato calcolato che, mentre l’indagine istopatologica convenzionale non supera il potere di riconoscimento di una cellula su diecimila, l’espansione genica consente l’identificazione di una cellula di MM su un milione di cellule del linfonodo, ma poichè in circa il 10% dei linfonodi sentinella sono presenti agglomerati di cellule neviche, in prossimita’ o nello spessore della capsula, tale metodica perde di specificita’ e non può quindi essere utilizzata per decidere quali pazienti avviare a svuotamento dei linfonodi regionali.

 

Lo studio per la ricerca del linfonodo sentinella
Lo studio per la ricerca del linfonodo sentinella inizia con iniezione intradermica di albumina marcata ai bordi di un melanoma del dorso

Su oltre 300 pazienti da noi sottoposti a studio del LS con RT-PCR per la tirosinasi è risultato che su 250 pazienti con LS risultati al patologo negativi per micrometastasi o per nevi melanocitari tale metodica era ancora positiva nel 25% dei casi. Per i pazienti con LS positivi solo alla PCR non è previsto uno svuotamento dei linfonodi regionali, ma un accurato follow-up, comprensivo di monitoraggio ecografico della stazione nodale interessata.

 

Linfonodo sentinella radioattivo e colorato dal patent blu
Linfonodo sentinella radioattivo e colorato dal patent blu. Sulla destra la radiosonda ricoperta da guaina sterile bianca. In basso un vaso linfatico colorato e afferente al linfonodo sentinella

Anche se minimamente invasiva, la metodica di biopsia del LS non è esente da alcune possibili non gravi complicanze, tra le quali nell’esperienza personale sono state osservate urticaria da colorante vitale in due casi, linfedema dell’arto inferiore o sieroma crurale nel 5% dei casi.

Un altro elemento di cui deve tenersi conto nel programmare una biopsia del LS è rappresentato dalla osservazione che, quando eseguita dopo ampie escissioni dei MM, essa può non riuscire correttamente in conseguenza delle alterazioni del drenaggio linfatico determinate dal rimaneggiamento chirurgico locale. è pertanto raccomandabile, una volta formulata la diagnosi di MM, informare il paziente che oggi è possibile una stadiazione regionale con la biopsia del LS e, se il paziente desidera sottoporsi a tale indagine, praticarla prima dell’escissione allargata del primitivo.

 

 

Flow chart della gestione dei nevi atipici e del melanoma

• Dermoscopia e mappa digitalizzata dei nevi atipici con controllo periodico
• Asportazione diagnostica dei nevi sospetti
• Exeresi allargata a 1 cm di margine e fino alla fascia in caso di melanoma (MM) a spessore fino a 1 mm.
• Biopsia linfonodo sentinella (LS) e poi exeresi allargata a 1-2 cm in caso di MM a spessore superiore 1 mm.
• Svuotamento linfonodi regionali nei casi di LS positivo per metastasi e stretto follow up.
• Stretto follow up dei casi con LS istologicamente negativi per metastasi, ma con PCR positiva.
• Regolare follow up dei pazienti con LS negativi per metastasi sia istologicamente che alla PCR.