La cute sensibile è un fenomeno incredibile: difficile da definire ma costantemente in crescita nell’attenzione dei consumatori e delle aziende dermocosmetiche.
Suscettibile, intollerante e reattiva. Sono questi i tre aggettivi che più ricorrono quando ci si riferisce a una cute che, comunemente, è riconosciuta come sensibile. Aggettivi che per lo più sfuggono a ogni possibilità di valutazione e misurazione obiettive, lasciando il campo, quindi, a più empiriche definizioni soggettive che possono, per questo motivo, essere fonte di equivoci, incomprensioni ed errori. A cominciare dalla diagnosi e dall’epidemiologia: a seconda degli studi si parla di una popolazione femminile, con segni e sintomi di sensibilità cutanea, che va dal 15 al 60%. La stessa variabilità si nota nella fase della scelta dei cosmetici e dei vari prodotti per l’igiene personale, prodotti il cui uso costituisce una delle cause esogene principali che determinano l’insieme di sensazioni che vengono riferite dai pazienti, e che vanno dal bruciore al prurito, alla desquamazione. Vista l’ampiezza della domanda, attualmente, circa il 44% del mercato di cosmetici idratanti per il viso è composto da prodotti specifici per pelle sensibile.
Cute sensibile: Come riconoscerla?
Ma, se è così difficile definirla, come si fa a riconoscere una pelle sensibile? Domanda non facile, cui i dermatologi stanno cercando di dare una risposta da circa quarantanni. Fin da quando cioè, nel 1968, uno sconosciuto specializzando svedese di nome Bjonberg, nella sua tesi descrisse una reazione cutanea atipica, osservata in pazienti già affetti da una dermatite, e ipotizzò, per primo, che una cute patologica può essere più sensibile se esposta ad alcune sostanze chimiche. Ipotesi oggi confermata da diverse ricerche che hanno dimostrato che i soggetti atopici, a causa del deficit della funzione di barriera, sviluppano più facilmente dermatiti da contatto di tipo allergico o irritativo. Ma, in relazione alla pelle sana, il vero primo studio di una certa significatività arriverà solo nel 1982, a firma di Frosch e Wissing, che riuscirono a correlare la iper-reattività cutanea, nei riguardi di alcune sostanze chimiche e dei raggi UV, con soggetti dalla pelle chiara e fenotipi I e II. Da allora tutta la ricerca è stata finalizzata all’identificazione delle alterazione di alcuni parametri biofisici che si verificano a seguito del contatto fra una pelle apparentemente sana, ma in realtà più sensibile di altre, e sostanze irritanti. La necessità che le metodiche si rivelassero non invasive, ha fatto si che il primo parametro su cui molti hanno riposto la loro attenzione fosse il TEWL (transepidermal Water Loss), che si è rivelato normalmente più elevato nelle pelli sensibili, ma che di fatto indica solo una minore capacità a trattenere l’acqua cutanea, misurandone l’evaporazione attraverso la cute.
Nel tempo, sono seguiti altri test strumentali tesi alla quantificazione del calore cutaneo, come parametro della sensazione termica soggettiva del bruciore, e diversi test per definire l’intensità del prurito, della disidratazione e della secchezza, e della desquamazione dello strato corneo. In altre parole si è cercato di comprendere i meccanismi della sensibilità, arrivando così a definirne i fattori predisponenti, studiando aspetti diversi della fisiologia cutanea e mettendo in evidenza quelli che più frequentemente possono essere alterati dal processo irritativo che scatena questa fastidiosa condizione. Ma torniamo ai nostri quattro aggettivi: sensibile, suscettibile, reattiva e intollerante e vediamo che cosa stanno rispettivamente a indicare. La pelle è sensibile se appare all’osservazione: fine, delicata e se desquama con facilità. è più suscettibile se risulta più predisposta alle allergie e a fattori endogeni alimentari, ormonali, stress ed emozioni. è, infine, più reattiva se mostra una particolare predisposizione a reazioni avverse indotte dai cosmetici. Per misurare il livello della sensibilità normalmente si effettua il cosiddetto test di Ramette, applicando, con un batuffolo di ovatta, dell’acqua distillata su una delle due regioni zigomatiche e una soluzione acquosa di acido lattico al 5%, sull’altra. Dopo due e cinque minuti, pur in assenza di qualsiasi tipo di reazione cutanea visibile, si registreranno le percezioni del soggetto, assegnando un valore zero all’assenza di sensazioni anomale, punteggio 1 nel caso di una sensazione di calore-bruciore leggero, 2 se moderato e 3 se il bruciore è percepito come forte. Passiamo ora a come si valuta la reattività e l’intolleranza.
Cute sensibile: Il test
Normalmente si effettua il test del dermografismo registrando le reazioni vasomotorie capillari alla stimolazione meccanica provocata dal contatto con una punta smussata sulla pelle. La comparsa di una stria rossa, segno di una vasodilatazione capillare da liberazione di sostanze istaminosimili o di amine vasoattive, che permane a lungo, è il sintomo di reattività vasomotoria. Per concludere, chiunque si cimenta con questa materia è costretto a barcamenarsi fra condizioni individuali, soggettivamente riferite dall’individuo con pelle sensibile, caratterizzate da sintomi e lesioni, che tendono a crescere più si va verso una forma di patologia cutanea preesistente (eczema, dermatite, atopia). Per quanto riguarda le cause, infine, sarebbe un errore limitare la propria attenzione a quei fattori esogeni e temporanei, propri di alcuni periodi stagionali (in particolare da dicembre a maggio), o a procedure cosmetiche aggressive (peeling, cerette, rasature, ecc.), o anche a particolari condizioni ambientali (UV, vento, freddo, inquinamento), perché molto importante è anche la condizione individuale di stress, la dieta, l’uso che si fa di bevande alcoliche, la concomitanza con eventuali altre patologie non cutanee e, soprattutto per le donne, il quadro ormonale. Tutto ciò rende l’intervento del medico molto complesso e spesso poco risolutivo, tanto che si comincia a pensare che, concluse tutte le possibili indagini, l’obiettivo perseguibile più concreto sia quello di arrivare a identificare e consigliare alle pazienti soprattutto un eventuale miglioramento del loro stile di vita e quei cosmetici che risultino più adatti alla loro pelle ipersensibile.