Una nuova cura per la vitiligine

Torello Lotti Professore di Dermatologia Univ. Firenze

Nella cura della vitiligine si sta affermando il ricorso a una particolare lunghezza d’onda luminosa che non provoca danni

Da alcuni anni la cura della vitiligine si è arricchita di una nuova metodologia innovativa chiamata Microfototerapia Bioskin. Senza l’assunzione di farmaci o fotosensibilizzanti, l’emissione specifica e selettiva di un fascio di luce ultravioletto di tipo B, permette di stimolare in modo graduale le cellule melanocitarie la cui assenza è causa della mancanza di colore nella zona affetta. Si tratta di melanociti che risiedono più in profondità rispetto all’epidermide, vicino al bulbo pilifero, e che solo raramente vengono coinvolti dal processo che causa la vitiligine. Il razionale alla base della microfototerapia è che se opportunamente stimolate, queste cellule possono riattivarsi e moltiplicarsi, risalire nell’epidermide e dar luogo a nuova pigmentazione portando quindi a una ripigmentazione delle zone rese acromiche dalla vitiligine. Un fenomeno che può essere favorito dalla semplice esposizione al sole, che però aumenta il contrasto di colore fra la cute sana e la macchia vitiligoidea. Alla base della terapia ci sono stimoli luminosi di luce “fredda”.

Per capirne di più abbiamo posto alcune domande al Prof. Torello Lotti, dermatologo presso l’Università di Firenze e autore del volume “La vitiligine nuovi concetti nuove terapie”.

Che cosa è la luce fredda?
Con questo termine s’intende una luce di elevata intensità, ma senza la percentuale di calore dei raggi infrarossi, “luce fredda”, povera cioè di radiazioni rosse e arancio, che rappresentano un elemento di disturbo.
Come è possibile curare la vitiligine con i raggi UVB senza causare i danni dovuti a tutte le altre radiazioni solari tipo quelle infrarosse e ultraviolette A?
La lunghezza d’onda dello spettro solare che stimola più efficacemente i melanociti a duplicarsi e a produrre melanina è una miscela filtrata di raggi UVB (95% UVB e 5% UVA). Bioskin è in grado di focalizzare il fascio luminoso esclusivamente sulle macchie di vitiligine e in profondità verso i melanociti perifollicolari. Queste microdosi di luce fredda, non provocano il fotoinvecchiamento della pelle. Inoltre per ogni singolo paziente, l’emissione dei raggi e la durata di ogni singolo spot terapeutico vengono personalizzati in relazione alla dimensione delle chiazze acromiche e alla loro sede, escludendo le parti sane. Per far ciò si utilizzano spot con diametro diverso.

Qual è il protocollo che si utilizza?
Sono sufficienti 1-2 sedute al mese di Bioskin, mentre la cura in totale ha una durata che varia secondo l’estensione delle aree colpite dalla vitiligine. In relazione alle zone ci sono risposte più o meno veloci: con 8-10 sedute, volto, ascelle, genitali, collo, seno e cosce si ripigmentano, mentre mani e piedi impiegano più tempo. Nel frattempo non si evidenziano ne fastidio, dolore o ustioni. Per informazioni: www.vitiligine.info