dott. Giulio Ferrante, dermatologo IDI – Roma
Siamo abituati a guardare alla cellulite come a un inestetismo superficiale. Un dermatologo che si occupa di microscopia ci fa esplorare le alterazioni che si svolgono al di sotto della cosiddetta buccia d’arancia.
L’aumento volumetrico dell’area compresa fra le cosce e i glutei viene comunemente definito “cellulite”. In genere si accompagna a cute ipotermica di colorito violaceo con aspetto “a buccia d’arancia” per la presenza di chiazze rilevate, punteggiate da piccoli tappi cornei.
Spesso il termine cellulite viene usato anche per quelle condizioni che dovrebbero, più correttamente, essere definite: modificazioni della silhoutte ed eccesso di adiposità localizzata. La vera condizione patologica risiede, realmente, nella cosiddetta Panniculite Edemato-Fibro-Sclerotica. Si tratta di un’affezione degenerativa a carattere evolutivo del tessuto adiposo, dovuta inizialmente ad alterazioni del microcircolo. Questa condizione patologica mostra un suo sub-strato istologico ben definito e classificabile in almeno quattro diversi quadri evolutivi. Nel I° stadio domina l’edema e il lipoedema con deformazione degli adipociti, conseguente rottura delle membrane citoplasmatiche e fuoriuscita di trigliceridi. Gli adipociti perdono le loro connessioni permettendo la formazione di lacune interstiziali di varia grandezza. Anche il microcircolo mostra alterazioni ben visibili, che si esplicano mediante ectasie vasali, microaneurismi e altri fenomeni che esitano in stasi microcircolatoria. Nel II° stadio gli adipociti subiscono cospicui fenomeni di regressione distrofica, mentre la componente stromale fibrosa circostante i lobuli adiposi, tende a ipertrofizzarsi. Si osserva, contestualmente, un aumento della microangiopatia ipodermica con accentuazione della vasodilatazione, ipovolemia capillare zonale e iposfigmia per deficit della vasomotilità. L’ipossia distrettuale che consegue a tutti questi fenomeni, determina una significativa diminuzione del trofismo adipocitario. Il III° stadio è caratterizzato da una ulteriore fibrillogenesi connettivale che tende a incapsulare singoli, o piccoli gruppi, di adipociti dissociati e rarefatti, con formazione di micronoduli, a cui consegue uno scompaginamento del confine fra l’ipoderma e il derma. Quest’ultimo mostra una lieve sclerosi diffusa, mentre l’epidermide partecipa all’affezione con una ipercheratosi focale. Le cospicue alterazione già evidenziate nel microcircolo, interessano, in questo stadio, anche la parete di arteriole di maggior calibro. Tale fenomeno rende così cospicua la stasi venulo-capillare da aumentare considerevolmente l’ipossia distrettuale che colpisce queste aree.
Il danno delle pareti vasali è anche testimoniato da significative microemorragie. Il IV° stadio rappresenta la fase di massima espressione patologica di questo fenomeno. La tipica strutturazione in lobuli dell’ipoderma è completamente persa e sostituita da macronoduli irregolari, incapsulati da travate connettivali molto spesse che tendono a schiacciare i pochi adipociti residui, esitando in una diffusa liposclerosi. Fenomeni regressivi si repertano anche a livello del derma (sclerosi focale del collagene e atrofia annessiale), e dell’epidermide che appare assottigliata e, spesso, introflessa. Infine la dilatazione venulare, la ipovolemia capillare e l’arteriolosclerosi distrettuale, determinano un grave deficit della regolazione del flusso microcircolatorio.
Stadi della cellulite
Questi quattro stadi, in parte, coesistono, rendendo difficile una rigida classificazione ed una efficace terapia. Gli aspetti istologici ben rappresentano la complessità della patogenesi di tale affezione.
Essa è caratterizzata da tre eventi essenziali:
1) Abnorme polimerazzazione del tessuto connettivo
2) Alterazioni primitive del tessuto adiposo
3) Alterazioni del microcircolo.
Tali alterazioni molto spesso si potenziano combinandosi fra loro e possono produrre ulteriori danni che, a loro volta, favorisco l’instaurarsi degli eventi scatenanti. Verosimilmente il “primum movens” è da ricercarsi nelle alterazioni degli sfinteri pre-capillari e della conseguente modificazione della permeabilità venulo-capillare .L’edema e il trasudato pericapillare e interadipocitario, ben presto si associa e favorisce le alterazioni metaboliche delle fibrille collagene che appaiono iperplastiche e tendono ad accumularsi in sede pericapillare e intorno agli adipociti. Le fibre collagene così drasticamente alterate, si aggregano intorno a piccoli gruppi di adipociti fortemente distrofici. L’aggregarsi di più micronoduli porta alla formazione di macronoduli che hanno un significativo riscontro clinico. Le alterazioni del tessuto connettivo, sia nella sua componente cellulare che extra-cellulare, sono condizionate fortemente dalla funzionalità dei fibroblasti. A loro volta essi sono influenzati fisiologicamente da numerosi fattori: tra questi un grande rilievo è ricoperto dagli estrogeni, i quali attraverso le modificazioni indotte sui fibroblasti inducono e potenziano la iperpolimeraizzazione del tessuto connettivo, l’aumento della idrofilia e dell’osmosi interstiziale. La ritenzione idrica favorisce la compressione dei vasi con conseguente cospicua ipossia distrettuale. A sua volta l’ipossia induce l’aumento della produzione di collagene, che aggrava il processo patogenetico.
Cellulite e ormoni
Gli estrogeni partecipano alla patogenesi della cellulite anche influenzando i recettori degli adipociti con conseguente ipertrofia e anisopoichilocitosi delle cellule adipose. In conclusione, la cellulite è una affezione dovuta a una complessa etiopatogenesi multifattoriale, nella quale grande rilievo hanno le alterazioni del microcircolo, della biosintesi del collageno e il trofismo degli adipociti. A questi elementi, si associano altri eventidirettamente o indirettamente correlati ai tre fattori principali. Tra questi sembrano avere grande importanza, l’influenza degli estrogeni, il fenomeno dell’ipossia, la presenza di alcune citochine infiammatorie e anche alcune alterazioni dell’apparato neurovegetativo. L’interruzione del “circolo vizioso” che innesca e automantiene tale affezione è lo scopo che ogni dermatologo dovrebbe porsi quando è chiamato a fronteggiare questo comunissimo problema.