Abbronzarsi? Questione di sopravvivenza

Durante l’evoluzione l’uomo ha sviluppato un sistema di difesa dai raggi solari che ha favorito la carnagione più scura rispetto agli incarnati più chiari. Puo’ sembrare superfluo, ma non lo è, ricordare che l’abbronzatura in natura non è finalizzata alla bellezza dell’individuo, ma è una reazione di difesa della pelle: la melanina, infatti, è nient’altro che un filtro solare naturale che fa riflettere i raggi solari.

Oggi è pero’ innegabile che, finiti i tempi delle colonie marine in cui i bambini venivano di fatto obbligati ad arrostirsi sulla spiaggia in nome della lotta al rachitismo infantile, una migliore conoscenza della natura dei raggi UV responsabili dell’abbronzatura, e una più ampia scelta di Fattori di Protezione, rendono quella dell’abbronzatura o del suo rifiuto una decisione ben ponderata e squisitamente personale, sempre se non influenzata da patologie cutanee. Il quesito è quindi: cosa porta la maggior parte dei cittadini del mondo occidentale a guardare al sole come fonte di positiva trasformazione estetica? Secondo il vissuto generale, i soggetti con la pelle abbronzata appaiono più in salute e sensuali; si scottano di meno al sole e quindi mostrano una maggiore resistenza biologica, quando invecchiano la diradazione dei capelli è meno evidente. Le donne abbronzate possono usare tutte le tonalita’ di trucco, mostrano un viso più espressivo, in cui risaltano di più gli occhi e difficilmente hanno l’e­spressione della svampita. Un corpo, un viso in particolare, quando è abbronzato è sicuramente considerato più bello perché il colore dorato ne esalta le forme e ammorbidisce le linee del viso. Secondo il dermatologo ravennate Matteo Cagnoni, se queste sono le ragioni d’apparenza, il bisogno di diventare e rimanere abbronzati tutto l’anno sarebbe qualcosa di più di un piacere estetico, ma un vero e proprio bisogno, una dipendenza che prende il nome di tanoressia. A esserne colpiti sarebbero il 20% degli italiani tra i 16 e i 60 anni che non possono fare a meno di essere sempre abbronzati; il 47% si esporrebbe al sole nelle ore di punta senza usare protezioni solari adeguate. Questa abitudine diffusa tra i giovani (68%) cala con il passare degli anni (31% tra gli over 55); mentre il 42% si sottopone spesso a lampade abbronzanti sia d’estate che d’inverno per mantenere l’abbronzatura. I soggetti sono prevalentemente donne che vivono in metropoli del Nord Italia. E infine il 30% delle persone ritiene esagerati gli allarmi dei dermatologi: una su quattro pensa che le lampade non siano pericolose e il 17% è disposto a correre qualche rischio pur di avere una pelle dorata e apparentemente in salute. Il sole inoltre fa star bene perché attiva i circuiti del piacere nel cervello e aumenta i livelli di endorfine e di serotonina. Migliora il tono dell’umore, fa calare lo stato d’ansia, aumenta la sicurezza di sè. Vediamo ora cosa, al contrario, induce un limitato numero di soggetti, soprattutto donne, a difendere dai raggi solari la loro pelle chiara e perennemente non abbronzata. Chi impazzisce per il candore della propria pelle ritiene, in primo luogo, che l’abbronzatura non sia più di moda. Inoltre evitare estenuanti sessioni sotto i raggi del sole è certamente un bene per chi ha una pelle chiara e povera di quella buona e sana melanina pronta a proteggerla. Facendolo diventare un punto di orgoglio estetico, si prova quindi a esaltare la propria carnagione per le sue caratteristiche di trasparenza, candore e luminosità. Per sostenere tale decisione, che a quanto pare per queste donne è quasi obbligata per evitare ripetute scottature e un precoce invecchiamento cutaneo, si adotta come modello estetico e culturale, quello delle donne orientali, in particolar modo giapponesi. In realta’ alla base del loro aspetto non c’è solo una scelta di moda ma, come è emerso durante il Congresso Mondiale di Dermatologia che si è tenuto a Seoul a maggio di quest’anno, la decisione di evitare al massimo l’insorgenza di macchie brune, inestetismo a cui sono particolarmente esposte. In realta’ il fine ultimo sia per le donne occidentali che orientali è quello di mantenere una sana uniformità del colorito, qualità imprescindibile per un aspetto più sano e luminoso. Per questo, in modo più o meno consapevole, queste donne difendono se stesse anche dal punto di vista oncologico perché il loro fototipo le rende più a rischio e con la più alta incidenza mondiale di melanoma. Una scelta estetica quindi, che facilita atteggiamenti di fotoprotezione che possono dimostrarsi essenziali anche nel campo della prevenzione dei tumori cutanei. E qui arriviamo al quesito da cui eravamo partiti: perché si sceglie o meno di abbronzarsi? Probabilmente nel processo evolutivo, la pelle scura rappresenta un adattamento finalizzato a proteggere la cute dalle radiazioni ultraviolette e la predominanza selettiva di soggetti con questo tipo di pelle ha indotto, più o meno inconsapevolmente, quelli con la pelle più chiara, sottile e sensibile a utilizzare tutti gli strumenti utili a difendersi dal sole, aggiungendo motivazioni estetiche e culturali a quella che poteva essere solo una ragione di sopravvivenza. (L.Z.)