La prescrizione di farmaci e cosmetici per il trattamento dell’acne attraverso algoritmi ragionati può migliorare i risultati terapeutici
La storia degli algoritmi ha origine antichissime ma, negli ultimi anni, con lo sviluppo dei sistemi basati sull’Intelligenza Artificiale, questo termine è diventato di uso comune e quotidiano, adoperato in tanti settori, non ultimo nella terapia dermatologica e in dermocosmesi. Vale quindi la pena approfondirne il significato e le differenze che esso assume in questi contesti. La parola algoritmo, inteso come successione d’istruzioni e operazioni da eseguire in sequenza per ottenere il risultato compare per la prima volta nel libro Regole di ripristino e riduzione, scritto nel VII secolo a.C dal matematico persiano Mohammed ibn-Musa al-Khwarizmi, direttore della Casa del Sapere, padre del l’algebra. Dopo tanti secoli, i campi di applicazione degli algoritmi non riguardano solo la matematica ma tutte le aree dell’Information Technology, dall’ingegneria meccanica a quella elettronica, e costituiscono la base di tutte le nostre azioni quotidiane che prevedono una sequenza precisa e non generica o ambigua. Semplificando, l’algoritmo può essere paragonato a una ricetta che indica una serie di istruzioni che, nel giusto ordine, consente di ottenere un determinato risultato. E qui veniamo alla prima applicazione di un algoritmo terapeutico in dermatologia. Una volta le avremmo chiamate linee guida, una serie di suggerimenti e prescrizioni, mediche e cosmetologiche, codificate e accettate, finalizzate a standardizzare e migliorare la qualità delle prestazioni specialistiche. Una migliore conoscenza della clinica delle patologie dermatologiche e la continua ricerca di terapie topiche e sistemiche, e di cosmetici da affiancare durante o a terapia ultimata, può potenziare l’efficacia dei trattamenti e fornire risultati più rapidi e soddisfacenti. Prendiamo, per esempio, il caso dell’acne, che può essere considerata il paradigma di una patologia cutanea, a patogenesi multifattoriale (aumentata attività delle ghiandole sebacee, disturbo della cheratinizzazione dell’infra-infundibolo, colonizzazione batterica, infiammazione e reazioni immunologiche follicolari e peri-follicolari), polimorfismo eruttivo ed evolutivo del quadro clinico che a seconda della gravità e del tipo di lesione dominante viene classificata in acne lieve (comedonica o papulo-pustolosa) acne intermedia (papulo-pustolosa con numerosi elementi e nodulare con poche lesioni) e acne severa (nodulare grave e conglobata). La complessità della patologia, le sue peculiarità clinico-topografiche e patogenetiche, il suo processo evolutivo che nella maggior parte dei casi moderato-severi può dar esito a pigmentazioni e cicatrici atrofiche, ipertrofiche e, talvolta, cheloidee, non permette di ricorrere a terapie standard e valide per tutti, ma richiede di attribuire a ogni forma di acne il trattamento individuale più idoneo alla fase in corso, anche a seconda del genere. Un trattamento quindi, il più possibile, personalizzato che parte dalla valutazione delle informazioni iniziali ma si alimenta e perfeziona con l’osservazione e l’analisi dei dati che emergono nel tempo, a seguito delle terapie adottate. In altre parole, seguendo un algoritmo terapeutico che permette di ricorrere al momento giusto alle potenzialità delle singole categorie di farmaci e cosmetici, al fine anche di evitare spiacevoli effetti collaterali singoli e sommatori. In base a questo ragionamento va scelto il momento giusto per inserire nel protocollo farmaci topici e/o sistemici, e cosmetici detergenti, idratanti, lenitivi, seboregolatori, cheratolitici e/o antimicrobici. Così, per esempio, nei casi di acne infiammatoria risulterà particolarmente utile associare il benzoilperossido a un antibiotico topico (clindamicina), in quanto il primo è capace di esercitare un’azione antibatterica, in particolare nei confronti del Propionibacterium acnes, il microorganismo presente in quantità anomale nella cute degli individui affetti da acne, ed è dotato di proprietà cheratolitiche sui comedoni, favorendo il ricambio cellulare rivelandosi molto utili nel trattamento dell’acne lieve e intermedia. Diverse reviews, (“European evidence-based guideline for the treatment of acne”, pubblicata dalla European Academy of Dermatology and Vereology sul numero 30 della rivista JEADV del 2016 a prima firma Alexander Nast, della Clinica Dermatologica dell’Università di Berlino; e “A Review of Anti-inflammatory Properties of Clindamycin in the Treatment of Acne Vulgaris”, pubblicata sul numero 85 della rivista Cutis, a prima firma James Q. Del Rosso, Dermatologo di Las Vegas, Nevada) sottolineano, infatti, come nonostante la clindamicina topica si usi per il trattamento dell’acne da più di trent’anni, il problema delle resistenze non ha influito sulla sua efficacia (soprattutto quando usata in associazione con BPO).
Dagli studi si evince, infatti, come sia dirimente il concetto delle concentrazioni subinitorie di clindamicina. A basse concentrazioni, quest’ultima, risulta svolgere un’azione indiretta e anti-infiammatoria con molteplici siti di azione (blocco di enzimi proinfiammatori prodotti dal Cutibacterium Acnes; blocco delle chemiotassi; blocco della sintesi di chemiochine pro-infiammatorie etc.). In particolare, ulteriori evidenze scientifiche, dimostrano come formulazioni topiche in formato gel a base di clindamicina in associazione a Benzoil Perossido Idrato, applicate una sola volta al giorno sull’area interessata dalle lesioni infiammatorie e non-infiammatorie, a carattere papulo-pustolose e nodulari, si rivelano efficaci in 2 – 5 settimane dall’inizio del trattamento negli adulti e adolescenti di età pari o superiore ai 12 anni. Una maggiore applicazione del prodotto, al contrario, non dimostra di aumentare l’efficacia del protocollo che non dovrebbe comunque mai superare le 12 settimane di applicazione continuativa, ma anzi può aumentare il rischio di irritazione cutanea, secchezza o desquamazione. Una raccomandazione da dare al paziente è di applicare il prodotto in uno strato sottile dopo aver lavato la pelle con un detergente delicato e averla completamente asciugata. Se non si riesce a spalmare facilmente il gel sulla pelle, può significare che ne è stata applicata una quantità eccessiva. Infine, mai dimenticare di lavare le mani dopo l’applicazione.