COVID 19 fa molte vittime ma affossa l’economia

L’epidemia da COVID-19 sta mettendo alla prova non solo il nostro sistema sanitario, ma anche la nostra classe politica, l’efficienza del governo , non ultimo, il nostro sistema economico e produttivo. È un momento in cui, inutile negarlo, l’Italia intera è in grande difficoltà, e certo non consola che nella stessa situazione si trovino anche molti altri paesi europei ed extraeuropei. Il Coronavirus è stato più volte paragonato alla peste manzoniana, con la differenza, però, che il nostro attuale sviluppo scientifico e medico ci permetterà, in tempi più o meno lunghi, di fronteggiare un virus che si trasmette velocemente ma statisticamente appare poco letale. In molti, in questi giorni, hanno segnalato con orgoglio che l’epidemia ci ha fatto riscoprire un senso di comunità e di appartenenza, ritrovando l’unità indispensabile per superare il momento di crisi. Tanti altri hanno scritto e preannunciato che la pandemia in corso produrrà degli effetti e dei cambiamenti duraturi anche sulle nostre vite, e che ne usciremo migliori. Si sente dire che la quarantena forzata e la “reclusione” prolungata di questi giorni stia beneficiando l’ambiente, per la riduzione degli spostamenti di persone e veicoli, e che anche noi rimando a casa stiamo migliorato le nostre relazioni familiari e sociali. Il tempo dirà se tutto questo è vero. Per il momento non possiamo far altro che attendere il drammatico evolvere della situazione epidemiologica di Covid-19 e, al massimo, riflettere su come potremo ripartire con le nostre specifiche attività professionali e imprenditoriali, in una realtà che, a medio-lungo termine, sarà sicuramente più fragile e incerta. È sotto gli occhi di tutti, infatti, che accanto all’emergenza sanitaria c’è quella economica. Le misure di contenimento, per quanto giuste, stanno avendo ripercussioni sugli scambi commerciali e sul movimento delle persone le cui conseguenze dipenderanno anche dalla durata dell’epidemia. Le previsioni, intanto, non sono certo positive. Tutte le attività commerciali sono sotto pressione e i consumi tendono a concentrarsi nei supermercati o on-line su beni di prima necessità. A essere particolarmente colpito è soprattutto il settore del turismo, anche di natura congressuale. Il blocco dei voli e la quarantena estesa a tutta l’Italia, hanno rallentato e reso quasi impossibili gli spostamenti nazionali e internazionali. Ne stanno già risentendo le compagnie che si occupano di trasporto, i tour operator e le agenzie di viaggio, quelle che organizzano i congressi, ma la filiera è enorme perché include gli hotel e le altre attività ricettive, i bar, i ristoranti, i servizi del catering, quelli tecnici e per le traduzioni, ma anche il mondo del duty free, della moda, del lusso, della cultura (musei, teatri, cinema, concerti). I danni dovuti al crollo delle presenze di turisti è al momento incalcolabile. Ma queste sono solo le prime conseguenze a breve perché quelle a lungo termine saranno legate al perdurare della pandemia globale, e avranno ricadute sul sistema economico italiano nel suo complesso, che nessuno è ancora in grado di valutare. Approfondiamo ora un paio di temi che coinvolgono direttamente questa rivista, a partire dalle ricadute che la crisi sta avendo sui medici lavoratori autonomi, coloro i quali, in altre parole traggono il proprio sostentamento non da un lavoro dipendente dal SSN, dall’Università o da altre strutture private, ma esclusivamente dall’attività svolta nel proprio studio medico, spesso in affitto e con dipendenti stipendiati. Si parla di interventi governativi, incentivi e sgravi fiscali, contributi e politiche attive a sostegno in primo luogo di imprese e attività produttive, al fine di evitare le conseguenze più negative di una recessione ormai inevitabile, ma è difficile capire quale sarà la maniera più giusta ed efficace utilizzata per individuare i destinatari proprio all’interno del mondo degli autonomi. Sfortunatamente le priorità non saranno fissate solo in base a criteri di urgenza ma soprattutto su pressione dei diversi attori politici e delle categorie con maggiore capacità di influenza. In questa situazioni di crisi, quindi, non sarebbe strano se i medici autonomi non fossero considerati fra i soggetti più deboli e a rischio, senza più reddito e quindi bisognosi di un supporto economico da parte dello Stato. Per un consolidato pregiudizio è difficile per l’opinione pubblica immaginare che il mondo del lavoro autonomo e delle professioni possa oggi essere investito dalle conseguenze dell’epidemia da coronavirus al pari, se non addirittura più, di altri settori produttivi. Si tratta invece di un settore che rischia di restare senza tutele per il fatto di non disporre della stessa forza di rappresentanza di altre realtà economiche. Passiamo ora a parlare della formazione e dei congressi medici che in Italia valgono alcuni miliardi di euro e impiegano migliaia di lavoratori, direttamente o indirettamente, in enti di formazione, agenzie organizzatrici, centri congressi e aziende. Un comparto che a seguito del blocco delle attività nelle regioni più colpite dal virus ha già pagato un costo molto elevato. Nelle prime settimane dell’epidemia molte Società scientifiche dermatologiche e della Medicina estetica, italiane e straniere, sono state costrette a cancellare tutte le loro attività congressuali, con conseguenti danni dal punto di vista sia della domanda che dell’offerta formativa. Nel solo primo mese di quarantena, e solo per l’Emila Romagna, Lombardia e il Veneto, si stima la perdita di oltre un miliardo e mezzo di euro per le imprese del settore dei congressi e delle fiere di settore, e le cancellazioni sono già arrivate fino a giugno. Nessuno dubita dell’indispensabilità delle misure necessarie per tutelare la salute pubblica ma l’aver cancellato lo svolgimento di centinaia di eventi e congressi ha arrecato un ingente danno economico non solo alle imprese direttamente coinvolte nella loro organizzazione, ma anche alle città e ai territori che avrebbero dovuto ospitarle alla luce dell’indotto generato. Per rimediare a queste perdite non basteranno certamente né le misure fiscali, né gli ammortizzatori sociali o la rimodulazione delle imposte, perché alle enormi ripercussioni economiche si affiancano anche le ricadute in campo scientifico e proprio nel settore della educazione medica. La frase che più si sente? Bisogna resistere e avere fede.