della dott.ssa Pata dermatologo coordinatore AIDA Toscana
Da una pianta la cui origine risale a centinaia di milioni di anni fa, si possono estrarre principi attivi di grande importanza per la salute dell’uomo. Da sempre conosciuto in Oriente, la sua storia più recente lo pone al centro di importanti ricerche in campo medico e cosmetico. Chi ha visto con attenzione il film Jurassic Park ricorderà con difficoltà i nomi dei vari dinosauri che popolano le scene del film, ma non potrà aver dimenticato che il colore dominante delle scene è l’intenso verde della vegetazione. Poco si conosce della flora preistorica, ma per certo si sa che le prime piante portatrici di semi (gimnosperme) apparvero sulla terra oltre 350 milioni di anni fa, erano senza fiori e non davano frutti. Di queste piante oggi rimangono tre gruppi: le conifere (pini, abeti, larici, ginepri, cipressi e le sequoie), le cicadee (piante tropicali e subtropicali) e le ginkgoine, o meglio il ginkgo, una pianta prodigiosa che dopo centinaia di milioni di anni sopravvive grazie alle sue notevoli capacità di adattamento.
Conosciuto con il nome scientifico di Salisburia Adiantifolia, il Gingko una volta era diffuso in tutto l’emisfero nord ma, nonostante l’intenso freddo dopo l’era glaciale era ancora presente in Cina, Giappone e Corea. Per questo motivo viene impropriamente chiamato “fossile vivente” mentre sarebbe più corretto parlare di un albero dalle grandissime capacità di resistenza e adattamento. Infatti oltre che al freddo resiste alla siccità, è immune agli insetti, ai funghi e a ogni specie di parassiti oltre che all’inquinamento atmosferico e industriale.
Si racconta che quando nel 1945 sul Giappone si scatenò la furia dei bombardamenti atomici un vecchio Gingko che si trovava all’esterno dell’Osservatorio di Hiroshima andò completamente carbonizzato. Qualche giorno più tardi, però, dai resti del tronco sorgeva un bocciolo vigoroso e già colorato. Da sempre comune in Oriente, la pianta arriva in Europa, per la precisione in Inghilterra, solo a metà del XVIII° secolo e più tardi viene piantato in America dove in principio, grazie alla sua bellezza è coltivato essenzialmente a scopo ornamentale in parchi, giardini e orti botanici. Attualmente, nella Carolina del Sud e nel Maryland esistono migliaia di ettari di piantagioni destinate alla produzione di foglie di gingko per uso medico e cosmetico.Le proprietà terapeutiche della pianta sono leggendarie e la storia della medicina annovera gli estratti delle foglie di gingko fra i primi rimedi usati dall’uomo. Per i cinesi la forma bilobata delle foglie, da cui il nome Gingko Biloba, 3000 anni avanti Cristo rappresentava la compresenza dello yin e dello yang, le due forme di energia che governano la vita dell’uomo, delle cose e della natura. In Giappone simboleggia autorità e compare sugli stemmi nobiliari e su costumi dei lottatori di sumo. Gli antichi fitoterapeuti orientali usavano l’estratto come tisana contro l’asma, i geloni e per i problemi circolatori. Anche in India, da secoli, si ha notizia del “soma” o elisir di longevità, la cui composizione vede presenti in grandi quantità le foglie di gingko biloba.
Se il Gingko biloba è da secoli una delle pianti più importanti e prestigiose della tradizione curativa orientale, è solo da qualche decennio che è diventato oggetto di una importante attenzione scientifica della farmacopea occidentale. La scoperta dei principali principi attivi indicati con il nome di gingkolidi e rappresentati da flavonoidi e diterpeni, ha dato luogo alla realizzazione di numerose ricerche nell’ambito di diverse patologie e alla pubblicazione di nuovi dati sulle molteplici proprietà terapeutiche della pianta. Hofferberth, in uno studio in doppio cieco, ha dimostrato che con un estratto dalle foglie di Gingko Biloba standardizzato a contenere il 24% di flavone-glicosidi e il 6% di terpenoidi, si ottengono notevoli risultati nella cura di molti sintomi associati all’invecchiamento e al deterioramento neurologico che si manifesta nelle prime fasi della malattia di Alzheimer.
Il Prof. Med, dell’Università tedesca di Nuernberg ha valutato la variazione della memoria a breve termine dimostrando che l’estratto di Gingko Biloba produce un miglioramento statisticamente significativo a partire dalle prime settimane di trattamento rispetto al placebo. Nel 1983, i ricercatori dell’Istituto Henri Beafour hanno dimostrato che i gingkolidi sono dei potenti antagonisti recettoriali specifici del PAF (Fattore di attivazione piastrinico), un importante mediatore fosfolipidico dei processi infiammatori, prodotto da diverse cellule (neutrofili, eosinofili, monociti, macrofagi, piastrine, cellule endoteliali) che è implicato anche in diverse patologie fra cui lo shock, l’allergia, l’ischemia, l’asma, i disordini del sistema immunitario e nervoso e in caso di alterazioni della microcircolazione sanguigna e linfatica. Negli Stati Uniti, i nutrizionisti consigliano il ricorso a un estratto di foglie di gingko biloba in caso di depressione lieve, impotenza, sclerosi multipla, malattia di Parkinson e sindrome pre-mestruale.
Ben conosciuta infine l’azione anti-radicali liberi che rende questo prodotto un ottimo strumento per contrastare i danni tipici da stress ossidativo, in particolare quelli tipici dell’invecchiamento e del photoaging