Si sente spesso parlare di Ecodermocompatibilita’. Ma che cosa si intende esattamente con questo termine altisonante? Lo abbiamo chiesto a Riccarda Serri, Specialista in Dermatologia, Presidente della Skineco (Associazione Internazionale di Ecodermatologia®). ”Alla base del concetto di Dermoecocompatibilita’ c’è un profondo rispetto per la salute, per la pelle e per il pianeta. Un cosmetico che abbia questa etichettatura ha principalmente due caratteristiche fondamentali. La prima è che si tratta di una formulazione Ecologica, nel senso di ecologicamente sostenibile, ovvero che sia concepita per avere il minor impatto possibile sull’ambiente nel suo intero ciclo produttivo. La seconda è che sia Dermocompatibile, ossia che rispetti l’ecosistema cutaneo, ma anche gradevole nell’uso, reologicamente piacevole, testato, scientificamente razionale, efficace nelle sue funzioni. Un ulteriore passo avanti è costituito dalla Eco – Bio – Dermocompatibilita’. In questo caso gli ingredienti attivi sono essenzialmente botanici, quindi di derivazione naturale.
Le sostanze, se bio, proverranno da agricoltura biologica e rispetteranno gli standard per la coltivazione, senza l’uso di pesticidi, concimi chimici eccetera”. Come si traducono in concreto queste linee programmatiche? Se un’azienda attiva nel settore cosmetico decide di aderire a questo programma deve impegnarsi a produrre prodotti che non contengano (o graduamente lo facciano sempre meno) ingredienti di origine petrolchimica, e da chimica non sostenibile e non biodegradabile. Come: Petrolatum, paraffinum liquidum, mineral oil, Siliconi (ciclometicone, dimeticone, etc), Polietilenglicoli (PEG) – contengono ossido di etilene che può formare diossano, Cessori di formaldeide- Diazolydinyl urea, Imidazolidinyl urea, DMDMHydantoin, Bronopol, ecc…, Ammine (DEA, MEA, TEA, MIPA): rischio formazione nitrosammine, EDTA – ittiotossico, Nonoxynol, poloxamer e nonilfenoli- alterazioni ormonali (disturbatori endocrini), Triclosan – antibatterico tossico se troppo presente, -trimonium e -dimonium: ittiotossici e non biodegradabili, BHA – disturbatore endocrino. Come vengono superate in campo produttivo queste limitazioni? L’efficacia delle formulazioni persiste? Le si supera con la cosiddetta Green Chemistry, o ”Chimica Amica”. Una branca della chimica cosmetica che fonde insieme empiria, scienza, etica e qualita’. Questa scienza non promette miracoli, ma unisce principi attivi efficaci, nel rispetto della pelle e dell’ambiente introducendo nuovi ingredienti non di esclusiva derivazione vegetale. Potrebbe farci qualche esempio? Prendiamo i principi attivi nell’antiaging. Essi devono essere efficaci nella prevenzione del danno in atto, e solitamente sono Antiossidanti, Fattori di protezione cellulare – Anti-infiammatori – Protezione solare; nella riparazione e rigenerazione, e sono Growth Factors (peptidi) – Retinoidi – Antiossidanti; nella protezione e mantenimento della integrità cutanea, ovvero nella detersione, idratazione e protezione solare.
La Green Chemistry propone principi cosmetici che sono anche nutrizionali. Tra gli antiossidanti e anti-infiammatori ad azione anti-ageing, ad esempio: il Resveratrolo (Inibizione, tramite l’attivazione di SIRT-1, delle metalloproteine nei fibroblasti del derma); il Coenzima Q10 (accelera la produzione di componenti fondamentali del derma – per es. laminina e collagene in cheratinociti e fibroblasti); la Proantocianidine da Pino marittimo (si legano selettivamente al collagene ed elastina proteggendole dalla degradazione – azione antiinfiammatoria e idratante); la gamma – orizanolo (contrasta gli effetti deleteri della radiazione UV); la Vitamina C (sostiene la sintesi collagenica). Per rigenerare la pelle invece si utilizzano: Tripeptidi come la Palmitoyl Oligopeptide (stimolazione sintesi collagene e GAG) e il Palmitoyl Tripeptide-3 (attivazione tissue growth factor beta (TGF-beta); Dipeptidi come la Carnosina (prevenzione danni da UVB, ritarda senescenza fibroblasti) e il Matrixyl (palmitoyl pentapeptide-3) dalle spiccate azioni antiaging in vivo e in vitro paragonabili a acido retinoico e vitamina C; ed Estratti di gemme come il Ribes nigrum: che contiene biostimoline, amminoacidi, una buona concetrazione di vitamina C; Fagus sylvatica: che possiede numerosi oligoelementi e ha una composizione in amminoacidi simile alle proteine strutturali del tessuto cutaneo supportandone l’azione tonificante. Infine per preservare e ripristinare l’integrità della barriera lipidica: Polideceni e vaseline vegetali al posto del paraffinum liquidum; Nuove molecole simil-siliconiche; Olii e burri di derivazione vegetale: olii di borragine, acai, argan, enotera, burro di monoi. Ma l’approccio ecodermocompatibile non riguarda solo i principi attivi utilizzati nelle formulazione ma anche il veicolo. L’applicazione topica dei lipidi infatti può essere divisa in due approcci: si possono usare lipidi non fisiologici come petrolati, lanolina, etc, che non entrano nel pathway secretorio dei corpi lamellari ma che piuttosto riempiono gli spazi extracellulari dello strato corneo con lipidi idrofobici, che inibiscono gli scambi di acqua ed elettroliti. Il trattamento con questi lipidi non fisiologici può essere molto rapido, ma solo parzialmente ristabilisce la normale permeabilita’ della barriera lipidica cutanea. Ulteriore svantaggio è che tali derivati lipidici possono inibire i meccanismi di restauro della fisiologica permeabilita’ della barriera cutanea. Oppure si possono usare i precursori dei lipidi che sono normalmente presenti nei corpi lamellari (miscele di colesterolo, ceramidi, acidi grassi) che possono migliorare l’omeostasi della barriera cutanea. Rispetto ai lipidi non fisiologici, essi vengono trasportati tramite lo strato corneo verso lo strato granuloso, dove si mescolano con il pool di lipidi endogeno. In questo caso i veicoli ecodermocompatibili sono Emulsioni liposomali, Emulsioni gel-network, Emulsioni A/O, Emulsioni O/A, Gel (o sieri), Maschere.