Quello del cosmetico naturale rappresenta un mercato in forte espansione ma l’utente ha ancora difficoltà a orientarsi
Circa il 60% degli italiani mostra un sempre maggiore interesse verso le tematiche di sostenibilità ambientale e il 28% di loro crede di poter fare la differenza con le proprie azioni. È quanto emerge da un sondaggio i cui risultati sono stati presentati a Bologna in occasione dell’ultimo Cosmofarma. Non solo, il 46% della popolazione è convinto che acquistare prodotti sostenibili sia un modo per affermare i propri valori. Fa riflettere, però, la percentuale che si considera confusa su quali siano i prodotti veramente sostenibili ed etici e dove si possano trovare (30%). Effettivamente, va riconosciuto che l’offerta cosmetica nei settori del biologico e del naturale, ma anche sui ripiani delle farmacie e della grande distribuzione, negli ultimi decenni è cresciuta rapidamente ed esistono centinaia di prodotti e formulazioni sulle cui confezioni spicca la parola “naturale” accanto a termini quali biologico, vegano, eco-friendly, cruelty-free. Non mancano poi i bollini che certificano la provenienza ecosostenibile dei principi attivi contenuti, la percentuale di naturalità (70-80-90 o 100%), la scelta etica della filiera produttiva. Il risultato è che per il consumatore non è affatto facile orientarsi. Per fare chiarezza, qualche anno fa è anche nata l’Associazione Internazionale di Ecodermatologia Skineco, che molto si è spesa per spiegare che il termine Ecocosmesi unisce in sé i due concetti di ecologico e di cosmetico e andrebbe riferito ai prodotti per la cura della persona formulati, sviluppati e realizzati sia nel rispetto delle caratteristiche della cute sia valutando gli effetti che i prodotti possono avere sull’ambiente. In Europa la produzione e commercializzazione di questi prodotti, così come quella di tutto il comparto, è sottoposta alle regole contenute nel Regolamento europeo 1223/2009. Nel documento, che tiene conto di tutte le modifiche apportate alla direttiva comunitaria 76/768/CEE, emanata nel 1987 al fine di rendere la disciplina uniforme a livello europeo, si trattano tutti gli aspetti relativi alle pratiche di fabbricazione, composizione, presentazione, valutazione della sicurezza, sperimentazione animale, adempimenti per l’immissione sul mercato, informazioni sugli effetti indesiderabili gravi dei cosmetici e, per finire, si sottolinea come essi dovrebbero essere fabbricati, manipolati, confezionati e venduti in modo tale da non causare danni alla salute umana. A vigilare in ambito nazionale, tra gli altri, il Ministero della Salute che ha il compito anche di raccogliere e verificare eventuali segnalazioni di reazioni avverse, nonché contrastare la distribuzione di prodotti irregolari. Eppure, scorrendo le informazioni contenute nell’atto, al di là degli enunciamenti di principio, non si trova alcuno standard ufficiale di ecologicità, di sostenibilità ambientale, di biodegradabilità dei prodotti. Esistono pertanto degli Enti, a livello nazionale e comunitario (questi ultimi con l’avvallo di quelli nazionali) che possono fornire delle certificazioni universalmente riconosciute ma che tuttavia differiscono tra loro. Due sono le certificazioni europee per i cosmetici ecologici: la Cosmos (Cosmetics Organic Standard), appoggiata dagli enti certificatori Ecocert e Cosmebio (Francia), Bdih (Germania), Soil Association (Regno Unito), Bioforum (Belgio) e Icea (Italia); e la NaTrue, sostenuta invece da CCPB (Italia), Bio.Inspecta (Svizzera), EcoControl (Germania). La prima, è entrata in vigore dal primo settembre 2009 e certifica una cosmesi sostenibile in tutto il suo ciclo produttivo, dall’origine delle materie prime, al packaging. Essa distingue due tipi di cosmetico certificabili: il Cosmetico Biologico (Cosmos Organic) e quello Naturale. Al primo, si richiede che almeno il 95% di PPAI biologici (ingredienti ottenuti da processi fisici) del prodotto finito, sia biologico. Per il Cosmetico Naturale Cosmos invece non è richiesta una percentuale fissa di ingredienti biologici e per ciò che concerne gli ingredienti ammessi, si rimanda ai singoli organismi certificatori nazionali. Discorso diverso per la certificazione NaTrue che suddivide gli ingredienti in 3 tipologie: Sostanze naturali, non sottoposte a trattamenti chimici; Sostanze natural-identiche: sostanze naturali manipolate con semplici metodi di trasformazione; Sostanze natural-simili, che si trovano in natura, ma modificate con trattamenti chimici. Gli ingredienti che non rientrano nelle tre categorie non sono ammessi. In base a questa certificazione, quindi, esistono due tipi di cosmetico certificabili, che corrispondono a 3 livelli di naturalità del prodotto finito: NaTrue una stella che equivale a Cosmetici Naturali; NaTrue due stelle, ossia Cosmetici Naturali con complementi biologici; NaTrue tre stelle ovvero i Cosmetici Biologici con le percentuali minime più elevate di ingredienti naturali non trasformati, delle quali il 95% dev’essere biologico. A livello nazionale, abbiamo già citato l’ente certificatore Icea (attivo anche in comparti economici diversi dalla cosmesi quali il tessile, l’edilizia, il turismo e la filiera forestale) e il CCBP. Ne manca all’appello uno dei più famosi, ossia l’AIAB (Associazione Italiana Agricoltura Biologica) che da oltre 10 anni certifica prodotti biologici realizzati da ditte italiane, secondo gli standard associativi che prevedono il divieto di utilizzo di pesticidi chimici. Il certificato AIAB garantisce, tra l’altro, che i prodotti sotto la sua egidia utilizzino nelle formulazioni solo materie prime vegetali non allergizzanti e irritanti; impieghino ingredienti agricoli e zootecnici da Agricoltura Biologica. Inoltre tali formulazioni devono risultare specificatamente non aggressive, ecocompatibili e ottenute limitando l’uso di procedimenti chimici. Infine una piccola semplificazione: tre le categorie di prodotti che rientrano nella denominazione di naturale. La prima riporta l’etichetta “Cruelty Free”: formulazioni non testate sugli animali neanche a livello di singoli ingredienti o di prototipo. I Bio-cosmetici sono invece quelle formulazioni che utilizzano ingredienti essenzialmente di natura botanica e materie prime di origine naturale selezionati e realizzati secondo i regolamenti dell’agricoltura biologica che proibiscono l’uso di numerose sostanze chimiche come pesticidi e fertilizzanti, ma anche OGM. Infine i cosmetici Vegan, che non utilizzano sostanze di origine animale e derivate come ad esempio la cera d’api, l’uovo, la bava di lumaca o l’acido ialuronico. Tutte queste classificazioni non devono spaventare perché rappresentano una griglia di garanzie per il consumatore, ma come si fa a non sentirsi confusi? La risposta viene dalla dermatologa Pucci Romano, presidente della Skineco, che suggerisce che il punto di partenza per la scelta deve sempre essere la valutazione preliminare della tipologia della pelle. A seguire, lo specialista potrà consigliare la formulazione più adatta. Un esempio per tutti: per chi ha una cute molto secca le formule a base di cera d’api sarebbero le più indicate per la loro azione ammorbidente, tuttavia, un cosmetico vegan che non utilizza la cera ma minerali selezionati può rivelarsi altrettanto efficace oltre ad assicurare che non ci siano reazioni allergiche.