Il racconto di una esistenza segnata dalla psoriasi attraverso esperienze personali e la descrizione delle vite di personaggi celebri che ne soffrivano
Sergio Del Molino, nato a Madrid nel 1979, scrittore e giornalista, collabora con diversi quotidiani e programmi televisivi e soffre di una grave forma di psoriasi che lo accompagna dai tempi dell’università. Edito in Italia da Sellerio, il suo “Pelle” è un libro a metà tra il romanzo autobiografico e il saggio. A partire dalla propria storia personale e distanziandosi dalla narrativa body-positive, Del Molino scrive in modo pragmatico e disincantato, di come avere una pelle malata possa portare a percepirsi come un “mostro”. Il linguaggio agile e ironico gli permette di fare grandi salti con estrema leggerezza: dalla minuta descrizione del disagio seccante, imbarazzante, profondamente intimo che caratterizza l’avere una pelle “impresentabile”, alle immaginifiche storie di dittatori, popstar, scrittori e narcotrafficanti affetti da psoriasi. Il racconto va a indagare, nelle parole dello stesso Del Molino, “quella brutta pelle che ha condizionato il loro modo di vedere il mondo, il loro modo di relazionarsi, il loro modo di essere e di intendere la realtà e anche di concepire le proprie opere”. Personaggi ampiamente conosciuti e studiati – da Stalin a Cindy Lauper – vengono raccontati da un punto di vista inaspettato e originale grazie al quale ogni storia si arricchisce di nuovi significati. Non si tratta solo della relazione di ciascuno con la propria pelle, ma anche della relazione di ciascuno con il mondo esterno in cui la pelle si fa intermediaria dal punto di vista estetico, emotivo e forse addirittura morale. L’autore ci accompagna in riflessioni che sono raramente affrontate da chi ha la fortuna di avere una pelle sana: chissà se il fatto che il criminale narcotrafficante colombiano Pablo Escobar soffrisse in tal modo di una malattia così terribile e imbarazzante è stata una delle cause alla base della sua crudeltà? Accompagnando queste riflessioni ai risultati di una meticolosa documentazione storiografica e alla propria sensibilità di scrittore curioso e spudorato, Del Molino dipinge un interessante affresco che spazia su argomenti che vanno dalla vergogna di sentirsi osservati al bisogno di nascondersi fino ad arrivare alla cultura ossessiva dell’immagine, al razzismo e al classismo. Lo fa selezionando con grande cura un mix di storie appartentemente distanti tra loro: quella del “Negro di Banyoles” – il boscimano illegalmente esumato e sottoposto a tassidermia nella prima metà dell’800 e rimasto in esposizione in un museo fino al 2000 – si trova infatti a poche pagine di distanza dal racconto adolescenziale di un primo bacio e del valore di questo tipo di contatto nella vita di ciascuno. Nel solco di uno stile ricco di ironia, il primo bacio viene infatti descritto come il momento topico che scandisce la fine del “Medioevo della pelle” ovvero il periodo in cui si vive il distacco dalla fisicità genitoriale e non è ancora iniziata quella romantica.