Intervista al prof. Ivo Pitanguy

Il più famoso chirurgo plastico del mondo è anche uomo di lettere, amante dell’arte e della natura. Una filosofia di vita che trasmette anche ai suoi allievi di tutto il mondo e i cui nomi ora sono disponibili su internet

di Giorgio Bartolomucci

Ivo Helcio Jardim De Campos Pitanguy è sicuramente il chirurgo plastico più famoso del mondo. Pochi conoscono la sua vera età. Nato in Brasile, a Belo Horizonte, si è laureato in medicina a Rio de Janeiro e poi specializzato in Chirurgia negli Stati Uniti, prima a Cincinnati, poi alla Mayo Clinic in Minnesota e per finire al Dipartimento di Chirurgia Plastica della New York University sotto la guida del Dr. John Marquis Converse.
Nel corso degli anni è stato visiting professor in numerose universita’ europee, fra cui l'”Hopital Americain” e l'”Hopital Saint Louis” di Parigi e il “Queen Victoria Hospital” e il “Churchill Hospital” di Londra. In Brasile, ha fondato il Dipartimento di Chirurgia Plastica del 38th Infirmary e la sua Casa di cura privata, la “Ivo Pitanguy Clinic” dove ancora oggi riceve e opera pazienti provenienti da ogni parte del mondo. E’ in queste due istituzioni che attualmente si svolge il Post-Graduate Course in Plastic Surgery, l’unico programma di formazione post-laurea, della durata di tre anni, che permette di iscriversi al ristretto gruppo degli “allievi di Pitanguy”. Sarebbe pero’ riduttivo restringere l’attivita’ dell’uomo alla pur importantissima attivita’ in campo medico e chirurgico. Il suo interesse per le discipline umanistiche è così forte che per ben 10 anni il Prof. Pitanguy ha ricoperto il ruolo di Presidente del Museo di Arte Moderna e curatore del Giardino Botanico di Rio de Janeiro, oltre che di membro del “Conservation International for Wild Life Preservation”, una istituzione interamente dedicata alla difesa della flora e fauna brasiliana. Da alcuni anni, infine è stato eletto socio della Accademia Brasiliana delle Lettere e si fregia, fra tante onorificenze ricevute, anche della Legion d’Honneur francese. Per il suo amore per la natura, anni fa acquisto’ un’isola, la “Ilha dos Porcos Grande”, dove ha creato un parco naturale che è un santuario per le specie animali in via d’estinzione. Abbiamo incontrato il prof. Pitanguy durante uno dei suoi recenti viaggi in Europa e gli abbiamo posto alcune domande per i nostri lettori.

Prof. Pitanguy, lei è autore di oltre 800 pubblicazioni scientifiche e numerosi libri, ma ci dica, come si fa a diventare il chirurgo plastico più conosciuto al mondo?
Sono molti anni che opero in questo campo. Come lei ha detto ho pubblicato moltissimo, sulle migliori riviste internazionali, ma soprattutto ho operato tantissimo. Senza volerla annoiare, sappia che in oltre 35 anni di professione, dal 1957 al 1999 ho realizzato oltre 7.500 lifting della faccia, più di 6300 blefaroplastiche, circa 2000 resurfacing, 400 addominoplastiche, e ben 6000 interventi per corregere l’ipertrofia del seno. Questa è la migliore pubblicita’ per un chirurgo.

Sono numeri impressionanti, così come quelli dei medici che hanno frequentato la sua clinica.

Certamente. Negli anni abbiamo formato oltre 500 chirurghi di nazionalita’ brasiliana e provenienti da 40 differenti Paesi. Tramite loro abbiamo diffuso tecniche originali e soprattutto abbiamo contribuito a demistificare la differenza fra una chirurgia estetica e una ricostruttiva perché entrambe sono importanti e l’estetica è intrinseca nella ricostruttiva. Un traumatismo corrisponde alla frantumazione dell’ego, e una correzione estetica corrisponde a un intervento per ridonare al paziente l’autostima perduta.

Il suo nome spesso funge da garanzia per la bravura di un chirurgo plastico. Ma come si fa a sapere se egli è realmente stato un suo allievo?

Dal 1974 esiste una Associazione degli ex Allievi del Professor Ivo Pitanguy (AExPI) costituitasi come organizzazione non-profit, che riunisce e rappresenta quei medici che, sebbene vivano e operino in differenti nazioni e paesi, hanno portato a termine il corso di specializzazione o di formazione post-laurea sotto la mia direzione. Una lista completa con i loro nomi può essere trovata in Internet all’indirizzo: http://www.aexpi.com.br/.

Lei sa che alcuni chirurghi brasiliani arrivano in Italia proponendo tecniche operatorie molto aggressive?

Io sono convinto che tutto ciò che ha a che fare con la medicina debba essere condotto secondo scienza e coscienza e soprattutto secondo la legge. Inoltre non basta proporre una nuova tecnica, bisogna studiare e pubblicare molto, senza tralasciare mai i dettagli che sono sempre estremamente importanti. I chirurghi brasiliani, in generale sono bravi, ma non bisogna associarli sempre al mio nome. Pensi che una volta mi hanno detto che a Seul, in Corea, paese dove io non sono mai stato, c’è una clinica di chirurgia plastica che porta il mio nome.
Qual’è la caratteristica più importante in un chirurgo?
Oltre che la tecnica la componente umana. Bisogna saper rifiutare quando si sa che con il proprio intervento non si può portare un miglioramento o quando non ce n’è bisogno. Per esempio nei casi dismorfofobia, talvolta ci si deve solo limitare a dare un consiglio. La bellezza è frutto anche della propria accettazione e autostima. Per un chirurgo infine, i progressi non arrivano solo da una migliore manualita’ ma da un approfondimento nei campi della dermatologia, dell’immunologia, delle biotecnologie e dallo studio di nuovi materiali.

Lei lavora sia nel pubblico che nel privato. Come spiega questa scelta?

Io sono sempre stato convinto che l’iniziativa privata possa convivere con quella pubblica. In particolare nel campo dell’educazione e della formazione. Io non ho mai avuto alcun problema a vivere entrambe le esperienze.

Nella sua vita ha viaggiato moltissimo e parla molte lingue. Quali sono i suoi altri interessi?

In primo luogo la mia famiglia. Ho quattro figli (Ivo, Gisela, Helcius e Bernardo), e cinque nipoti con cui spendo il maggior tempo possibile. Fin dall’infanzia, poi, ho fatto sport, attualmente mi alleno prendendo lezioni di karate, scuba diving e tennis, inoltre mi è sempre piaciuta la natura

Al punto di comprarsi un’isola e trasformarla in un parco naturale. Ce ne può parlare?

La baia si chiama Angra dos Reis e fu scoperta dal navigatore portoghese Martim Afonso de Souza, il 6 gennaio del 1532. Quando la vidi per la prima volta ho sentito la stessa emozione del vostro Amerigo Vespucci che esclamo’ “Mio Dio! Se c’è un paradiso in terra non può essere tanto lontano da qui”. La mia isola si chiama “Ilha dos Porcos Grande” ed è localizzata a circa 150 km a sud di Rio De Janeiro, all’interno di un arcipelago di oltre 350 isole. La’ il verde della foresta tropicale si fonde con il blu dell’Atlantico. Per me è più che un rifugio dalla vita caotica della citta’, ma un luogo in cui siamo riusciti a fondere un paesaggio straordinario, una natura incontaminata e alcuni piccoli insediamenti abitativi che non alterano l’armonia del luogo. Tutto nel rispetto delle rigide leggi brasiliane per la protezione della natura e degli animali. Cosi’ è diventata un “wildlife sanctuary”, un’oasi protetta, dove molti animali in via d’estinzione possono essere curati e fatti riprodurre. E una volta raggiunta la maturita’ vengono lasciati liberi. Per me anche questo assume il significato della bellezza