Insuccessi e complicanze in chirurgia estetica

Le complicanze in Chirurgia Estetica rappresentano una sgradevole possibilità che da origine a richieste di risarcimento danni e dispute medico legali.

Dott. Carmine Martino Chirurgo Plastico

Tutti i mezzi di informazione riportano dati estremamente allarmanti sul notevole incremento dei contenziosi per Colpa Professionale in campo Sanitario, con enormi costi Assicurativi e Sociali. Uno dei Settori più interessanti è quello della Chirurgia Plastica Estetica. In caso di complicanze in un intervento di Chirurgia Estetica la Scienza Medica ci dice che queste possono dipendere sia da colpa del chirurgo che da eventi imprevedibili, come in ogni altra branca della Medicina e della Chirurgia, che non sono scienze esatte. Una recente sentenza della Cassazione (Settembre 2004) stabilisce che in caso di insuccesso dell’intervento estetico al paziente và risarcito non solo il costo dell’operazione, ma anche il danno biologico conseguente allo stress e ai disagi. Ma, in effetti cosa si intende per insuccesso in Chirurgia Estetica? E qual è la differenza tra insuccesso e danno?
Il concetto di “insuccesso” si riferisce a un intervento che non ha portato a un miglioramento estetico, ma nemmeno a un peggioramento. Ciò può essere avvenuto per errore di indicazione, di progettazione o di esecuzione (colpa medica) oppure anche per complicanze impreviste di cui il chirurgo non ha colpa.

Allo stesso modo il concetto di danno si riferisce a una situazione in cui l’operazione ha portato a una situazione peggiorativa, che richiede interventi di revisione. Le cause sono le stesse prima citate. Attualmente la Prassi Giuridica tende ad attribuire al medico un obbligo contrattuale nei confronti del paziente che lo impegna a mettere in atto, per la guarigione, tutti i mezzi disponibili nel suo settore di competenza, (obbligo di mezzi e non di risultato). Nel caso della Chirurgia Estetica, invece, se il medico promette un risultato, deve poi mantenerlo (obbligo di risultato oltre che di mezzi); se non lo promette permane l’obbligo solo di mezzi, ma deve poter dimostrare di aver prospettato al paziente, anche la possibilità di un esito insoddisfacente, coinvolgendo lo stesso in una assunzione di rischio. Il concetto di obbligo contrattuale introduce, però, una novità ancora insospettata dalla classe medica e molto sfavorevole e, cioè, il fatto di dover rispondere, civilmente, di inadempienza contrattuale. Quindi, se vi è una qualsiasi complicanza, dovrà essere il medico a dimostrare di non aver colpa e non il paziente a portare prove dell’errore.

In altre parole, questo significa che in caso di contestazione, è il medico che deve dar conto della correttezza del proprio operato con una evidente inversione dell’onere della prova, che nei casi di inadempienza di un contratto ricade sul ricorrente. Ma allora, quale deve essere l’oggetto del contratto in una Operazione Estetica? Certamente non garantire la realizzazione di ciò che il paziente desidera, ma solo, impegnarsi a intervenire al meglio per raggiungere lo scopo, avvertendolo di tutti i rischi, in modo che egli possa decidere conoscendo tutti gli aspetti dell’atto chirurgico. Secondo gli orientamenti attuali, promettere un risultato sicuro in una operazione chirurgica, a maggior ragione in un intervento estetico, è un atteggiamento sconsiderato se non disonesto (teso a carpire l’assenso del paziente). Tutti i chirurghi sanno che nessuna operazione è sicura, che vi sono percentuali di rischio variabili non legate alla abilità professionale. In estetica, poi, molte complicanze assolutamente ininfluenti in altri tipi di chirurgia, possono compromettere l’esito finale.

Ecco, dunque, la necessità di spiegare bene al paziente tutti i rischi, le caratteristiche e i limiti dell’intervento in un accurato e chiaro protocollo di consenso informato, perché, in difetto di consenso, se si concretizza una complicanza imprevista, anche in assenza di errore tecnico del medico, gliene potrà essere attribuita la colpa. Allo stesso modo in caso di insoddisfazione del paziente, il medico deve poter dimostrare, nel modulo di consenso, che aveva promesso un miglioramento, ma non la perfezione assoluta e che in ogni caso è impossibile prevedere con esattezza il grado di miglioramento che si può ottenere. Naturalmente rimangono tutte le responsabilità legate all’errore medico, ancorchè citate nel consenso. Il protocollo di assenso diviene, a tutti gli effetti, un vero contratto di prestazione d’opera che il chirurgo e il paziente si impegnano a rispettare e, quindi il primo punto di riferimento di ogni controversia. Esso va consegnato sempre al paziente alcuni giorni prima dell’operazione, perché le notizie in esso contenute, devono essere attentamente valutate e il paziente deve riflettere, eventualmente discutere, col medico e anche rifiutare l’intervento. Un’altra arma importante di difesa è un’accurata redazione della cartella clinica, con una annotazione tempestiva e completa di tutto quanto è stato effettuato. Dal momento che al medico tocca dimostrare la correttezza del suo operato, solo sulla cartella vi è la descrizione di ciò che egli ha fatto, come nella “scatola nera” di un aereo e tutto ciò che manca figura come non eseguito in caso di contestazioni.

Un’ultima riflessione. Un intervento chirurgico con finalità estetiche risponde a esigenze terapeutiche? Io credo di sì, perché elimina una imperfezione fisica che, pur frequente nella popolazione, può essere vissuta in maniera diversa dai vari individui. Di conseguenza, se un soggetto arriva al punto di sottoporsi a una operazione chirurgica per eliminare quel difetto, mostra un disagio psicologico grave nei cui riguardi l’atto chirurgico è terapeutico e non meramente voluttuario. In tal caso, come in ogni altro settore medico l’Operatore dovrebbe avere un obbligo dei mezzi e non di risultato, dal momento che è impossibile garantire sempre il successo. Passi, quindi, il particolare dovere d’informazione, che fornisce al paziente tutti gli elementi per poter scegliere, e siamo d’accordo nello specificare il meglio possibile l’oggetto del contratto, che non può essere la perfezione estetica della regione operata, ma solo un suo miglioramento estetico. Il contenzioso, allora, potrà nascere solo se il paziente lo ritiene insufficiente, ma qui si cade in un campo estremamente soggettivo, quello del gusto estetico. Non valido ai fini medico-legali, che dovrebbero restare su un piano strettamente scientifico, allo scopo di valutare il risultato conseguito in base allo stato dell’arte nella disciplina, come in qualsiasi settore medico, partendo dalla condizione preoperatoria del difetto, e valutando se si poteva ottenere un risultato mediamente migliore con quel tipo di intervento. Ne deriva come sia assolutamente indispensabile che nella perizia ci si avvalga della consulenza di uno specialista in chirurgia plastica accanto al medico legale, per valutare la tecnica chirurgica seguita e la correttezza del consenso.