Donne ustionate dall’acido solforico

In Bangladesh le donne che rifiutano i loro corteggiatori, o le mogli che non portano una cospicua dote al marito, rischiano di venire ustionate dall’acido lanciato da quegli uomini che pretendono amore in cambio dell’odio. Un grande movimento di solidarietà per sottoporre a operazioni di chirurgia plastico-ricostruttiva le donne che hanno subìto questa barbara violenza.

Di Alfredo Mariani Foto di Ugo Panella

Gioventù bruciata. Non è soltanto il titolo del celebre film con James Dean, ma una attuale e triste realtà che riguarda moltissime donne in uno dei paesi più popolati del mondo: il Bangladesh. La prima denuncia che abbia raccolto un diffuso interesse si è avuta poco meno di due anni fa, grazie alle parole della giornalista Renata Pisu ed alle immagini del fotografo Ugo Panella, pubblicate su “D. La Repubblica delle donne”, l’allegato del martedì del quotidiano La Repubblica. Si è trattato di un servizio straordinario e commovente per la sua intensità, che ha scatenato una serie di pronte risposte di solidarietà. A quell’articolo ne sono seguiti altri, sia da parte degli stessi autori che di altri giornalisti, e nel volgere di poco tempo le energie di persone volenterose si sono prontamente attivate per alleviare le sofferenze delle ragazze bruciate dall’acido. Sì, perché proprio di questo si tratta: in Bangladesh, così come in altri paesi asiatici, milioni di donne vivono con il terrore di un atroce ricatto: se rifiutano il corteggiamento dei loro pretendenti, o se già sposate non portano al marito la dote che questi si aspettava, rischiano di subire la vigliacca vendetta degli uomini respinti, che consiste sempre più frequentemente in una bottiglia di acido solforico, quello usato nelle batterie delle automobili, lanciata sul volto.

Renata Pisu e Ugo Panella hanno raccolto e documentato decine e decine di storie simili, di esistenze di giovanissime donne che hanno visto in un attimo la propria vita trasformata in un tunnel di dolore. Dolore fisico, quello dell’acido, che durerà per sempre: l’azione corrosiva colpisce gli occhi, il naso, la gola. Impedisce la masticazione e la respirazione, rende cieche e sorde. Le lesioni dell’acido scatenano infezioni spesso letali, e sempre danno origine a gravi patologie croniche. Ma anche il dolore morale di queste tragedie non è da meno, e forse è addirittura quello più pesante: in una società ancora arcaica, nella quale l’unico ruolo sociale ammesso per una donna è quello di moglie e di madre, il volto deturpato dall’azione dell’acido solforico impedirà per sempre a queste giovanissime donne di vivere una vita normale, di sposarsi, formare una famiglia, avere dei figli. Saranno per sempre condannate alla solitudine, reiette in un limbo di crudeltà accompagnate solo dalla loro sofferenza. Derise, costrette a coprirsi, a nascondersi, a non vivere, molte di loro si sono tolte la vita.

Dalla tragedia a una nuova vita

In un contesto socioculturale nel quale la donna è considerata una merce di scarso valore, alcune di queste ragazze hanno saputo reagire, e non nascondendo più la loro condizione stanno tracciando una nuova strada di esempio e di civiltà per le loro sorelle di dolore. I loro volti deturpati rappresentano la denuncia più forte verso i loro aguzzini. Accettando di parlare, di raccontarsi, di far partecipi della loro tragedia i due giornalisti italiani, sono riuscite a darsi una possibilità, ad intravedere la luce del possibile ritorno all’esistenza. Tra le prime associazioni di volontariato a scendere in campo è stata l’associazione di volontariato COOPI, nata nel 1961 e già artefice di importanti progetti a favore delle popolazioni dei Paesi in via di sviluppo. La sensibilità e l’efficienza di Ennio Miccoli, di Marco Pedrazzi, di Silvana Scandone e di tanti altri volontari ha permesso la rapida messa a punto di uno specifico programma di interventi.

Il volontariato in chirurgia plastica e ricostruttiva

Interplast Italy, l’organizzazione di chirurghi plastici volontari che ha sede a Bologna ed è coordinata dal Prof. paolo Morselli, da molti anni è attiva in Bangladesh operando sul posto le donne ustionate dall’acido oppure trasferendo in Italia i casi più gravi. Questa associoazione interviene inoltre su molte patologie chirurgo-plastiche nei paesi del terzo mondo.
Tel e fax 051-252525/308987. Sito Internet: www.comune.bologna.it
e-mail “aii@iperbole.bologna.it”
È stata immediatamente organizzata una prima missione, alla quale hanno partecipato psicologi ed esperti logistici, per aprire la strada alla seconda missione specificatamente medica. Preziosa è stata l’opera della psicologa Alessandra Ferri e dell’equipe composta dalla Prof.ssa Angela Faga, titolare della Cattedra di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva dell’Università dell’Insubria di Varese, dal Prof. Daniele Scevola, infettivologo docente presso l’Università di Parma, e dall’anestesista Dott. Marzio Mezzetti della clinica “Mater Domini” di Castellanza. Sappiamo che anche altre iniziative a favore delle ragazze bengalesi sono state attivate da altre organizzazioni o associazioni, e tra queste abbiamo notizia dell’opera dell’equipe del Prof. Paolo Morselli, coordinatore di Interplast Italy

Gli aiuti e la solidarietà dei volontari italiani

COOPI è la sigla di Cooperazione Internazionale, una associazione di volontariato che opera nei Paesi in via di sviluppo dal 1965 ed ha già realizzato più di 200 progetti. Attualmente interviene in 18 Paesi del sud del mondo con 80 volontari. Il COOPI ha da tempo attivato alcuni importanti progetti per portare un concreto aiuto a queste donne devastate nel corpo e nella mente dalla violenza perpetrata nei loro confronti e sta per essere completata la costruzione di un padiglione ospedaliero dedicato interamente ai pazienti ustionati. Sono però già funzionanti ed operativi ambulatori per la rieducazione fisioterapica, pre e post-operatoria, e la relativa formazione di personale locale. Sono inoltre in svolgimento programmi informativi ed educativi di prevenzione nelle scuole e nei gruppi femminili, così come è attivo sia il sostegno psicologico alle donne ferite dall’acido ed alle loro famiglie. Per le donne che versano in condizioni più gravi, vengono eseguiti interventi di chirurgia plastica con medici e sanitari specialisti italiani, indispensabili per recuperare il danno estetico ma ancor più per prevenire lo sviluppo di pericolose infezioni e per salvaguardare e restituire, laddove possibile, l’uso di alcune funzioni fondamentali compromesse. Tra le finalità a medio e lungo termine spiccano l’istituzione di un corso di specializzazione per chirurghi plastici locali ed una serie di attività volte a reinserire le donne che hanno subìto le lesioni nel tessuto sociale ed economico locale. COOPI Cooperazione Internazionale, Via De Lemene, 50 – 20151 Milano. Tel. 02/3085057 Fax 02/33403570 Numero Verde 800-11 77 55 E-mail: coopi@una.org Internet: “www.una.org” . Per i contributi in denaro è stato attivato il seguente conto corrente postale: C/C postale 902205 intestato a COOPI Un volto per la vita oppure C/C bancario 10.000 presso Credito Italiano Ag. 36 Milano ABI 2008 CAB 1636. È stato inoltre approntato, per il finanziamento dell’iniziativa “Un volto per la vita”, un kit di oggetti di artigianato bengalese composto da 30 spille in argento, 30 decorazioni tradizionali per il corpo (bindi), 30 bloc-notes fatti a mano, 30 foulards in seta tipica, 50 bigliettini augurali oltre a dettagliatissimo materiale informativo ed illustrativo. Ogni kit è in vendita a lire 564.000, ed il ricavato contribuirà al progetto in favore delle donne sopravvissute all’acido solforico. Il kit può essere prenotato al Numero Verde sopra riportato
donne sfigurate e acido solforico Il nostro giornale ha volutamente dedicato molto spazio alla descrizione della tragedia delle donne bengalesi proprio perché consapevole delle qualità morali dei suoi lettori, che non si sono mai tirati indietro di fronte a richieste di concreta solidarietà. Ma soprattutto perché naturalmente sappiamo che tutte le persone che leggono e che contribuiscono attraverso i loro articoli, suggerimenti e proposte a fare di questo giornale un importante punto di riferimento, rappresentano il più specialistico pubblico che si sarebbe potuto trovare per affrontare un simile argomento. La rivista “La Pelle” viene abitualmente letta da medici dermatologi, da chirurghi plastici, da ricercatori dei migliori istituti del settore, da manager e collaboratori scientifici delle più importanti industrie farmaceutiche. L’aiuto più immediato può essere quello economico, e come in ogni situazione di solidarietà anche le piccole offerte risultano utilissime. Ma il COOPI è anche e soprattutto pronto ad accogliere ogni idea possa provenire da tutti i professionisti del nostro settore: dall’impegno individuale o dalla disponibilità a partecipare in prima persona alle loro iniziative fino ad interventi di sponsorizzazione da parte di istituti o aziende. L’invito è pertanto quello di contattarli per discutere con loro di ogni proposta e per conoscere meglio tutti i loro progetti di cooperazione internazionale.