di Paola Marchi
Microtrapianto ed effetto bambola
L’autotrapianto di capelli con la tecnica a isole può lasciare cicatrici e inestetetismi che oggi però è possibile rimuovere. La storia della chirurgia della calvizie inizia quasi duecento anni fa, ma l’origine della moderna implantologia molto più recente e può essere indicata come il 1952. è in questo anno, infatti, che Norman Orentreich, inventore della tecnica di autotrapianto dei capelli, trapiantò per la prima volta in un paziente affetto da alopecia androgenetica delle isole di cute da quattro millimetri l’una, espiantate dalla regione occipitale, per riformare l’originale linea frontale. Da allora, e per molti anni a venire, la soluzione tricologica proposta dalla chirurgia in caso di alopecia, diradamento e calvizie androgenetica sarebbe stata una sola: l’autotrapianto ad isole. E’ innegabile che nel campo del rinfoltimento del cuoio capelluto, fino a vent’anni fa questa rappresentava una metodica d’avanguardia e un’ottima alternativa ai capelli posticci, ma oggi, a distanza di tempo, questa tecnica appare decisamente obsoleta e chi ne porta le evidenti tracce prova spesso più imbarazzo che essere calvo. Il risultato estetico raggiungibile non è stato, infatti, mai considerato ottimale e fin dagli anni ‘70 molti chirurghi di tutto il mondo hanno apportato numerose innovazioni in grado di garantire risultati estetici sempre più validi.
La più importante è stata certamente la tecnica del microautotrapianto di capelli, che a seconda della Scuola si è andata declinando in tante diverse metodiche, ognuna delle quali ha avuto fortuna e diffusione variabili, ampliando i risultati estetici e diminuendo i rischi di effetti collaterali. Fra le tecniche più innovative tese a conseguire un obiettivo – il rinfoltimento – con mezzi che permettano un esito assai naturale – va registrata una ideazione di origine italiana, messa a punto a Padova dal dottor Carlo Alberto Pallaoro, specialista in chirurgia estetica, che rappresenta una procedura di trapianto capelli monofollicolare d’avanguardia, con cui anche le scomode tracce di un precedente intervento di autotrapianto possono essere eliminate all’insegna della chirurgia invisibile e dai risultati naturali.
Per ”unità follicolare” si intende un sistema completo e autosufficiente di uno o più follicoli piliferi (fino a 3) con i relativi annessi. Tali unità, con il trapianto, mantengono una sorte di memoria della zona di provenienza (la nuca) che geneticamente non è interessata da calvizie, perciò i capelli trapiantati e adeguatamente attecchiti, non saranno soggetti a caduta. Un argomento questo di cui raramente si parla nelle riviste ad ampia diffusione e rivolte al pubblico, ma che va bene affrontare in una rivista specializzata come La Pelle. Spieghiamo quindi perché per molti chirurghi, al giorno d’oggi, un trapianto di capelli con la tecnica ”a isole” (o graft) sia ormai considerato superato e come possa dar luogo a risultati antiestetici tali da necessitare di essere successivamente corretto. Per farlo confronteremo questa tecnica di trapianto di capelli tradizionale, chiamata ”ad isole”,”a zolle” o ”graft” con il trapianto a singole unità follicolari partendo dai risultati raggiungibili. Nonostante gli esiti siano certamente più raffinati rispetto a vent’anni fa, resta concreto il rischio che l’intervento del chirurgo sia ben visibile con un evidente effetto artificiale della nuova capigliatura. Infatti, ”questo tipo di tecnica – spiega il dottor Pallaoro – prevede il prelevamento dalla nuca di una sorta di losanga di cuoio capelluto dove siano ancora presenti i capelli. Tale striscia di cute viene successivamente porzionata in piccole frazioni dove saranno presenti alcuni follicoli vitali (da cinque a venti).
Nella zona calva vengono incisi dei fori che accoglieranno poi la zolla di tessuto cutaneo. Infine viene suturata l’incisione della nuca e medicato il cuoio capelluto”. E’ evidente che questo tipo di trapianto di capelli ha alcune caratteristiche negative inevitabili. In primo luogo, sulla nuca sarà presente una lunga cicatrice orizzontale nel punto in cui è stato prelevato il lembo di cute con i follicoli; in secondo luogo i tempi di guarigione saranno piuttosto lunghi, vista l’importanza dell’incisione; infine, aspetto fondamentale per chi si affida alla chirurgia estetica per migliorare l’immagine, il trapianto risulterà visibile soprattutto lungo la scriminatura e la linea frontale, con un brutto effetto detto ”a bambola’ dato dalla densità non omogenea a causa dei nuovi capelli disposti a ciuffetti.
Un risultato che non compare quasi mai a seguito di un microautrapianto ben eseguito. ”Lunghi anni di studio e di esperienza nel campo della chirurgia estetica mi hanno portato – dice il dottor Carlo Alberto Pallaoro – a ideare e realizzare uno strumento che permettesse di evitare i disagi e gli aspetti antiestetici del rinfoltimento. A tale strumento abbiamo dato il nome Trilix, ma in realtà si tratta di una sorta di micro drill dotato di un sottile puntale cavo ad altissima velocità di rotazione in grado di asportare millimetriche porzioni di cute, ovvero una unità follicolarè.
Dopo la somministrazione dell’anestesia locale e dell’adrenalina quale vasocostrittore, il chirurgo procede all’espianto del singolo sistema completo e autosufficiente di follicoli (da uno a tre) dalla zona donatrice, solitamente la nuca. In un secondo momento con il medesimo strumento viene creata la sede d’insediamento della micro porzione e viene inserita. Tra i vantaggi: una rapida ripresa post operatoria, in quanto non è presente alcuna incisione né sutura. Nel luogo di espianto dei follicoli non è necessaria infatti la lunga escissione orizzontale, perché le unità follicolari vengono prelevati singolarmente con un unico gesto e il foro lasciato dal Trilix è talmente piccolo (1 mm circa di diametro) da non necessitare punti chirurgici e la conseguente cicatrizzazione sarà esteticamente irrilevante.
Neanche la nuova sede dei follicoli espiantati riporterà importanti esiti cicatriziali, poichè le dimensioni dell’innesto e del foro corrispondono perfettamente, al fine di un minimo stress post chirurgico (rapido attecchimento dei follicoli). ”Con questa metodica – aggiunge il dott. Pallaoro – è possibile eliminare quasi tutti gli esiti tipici di qualunque altro tipo di trapianto di capelli. Nel caso di isole troppo visibili che determinano l’effetto ”bambolà’, il trapianto può essere studiato per camuffare e non per rinfoltire. Microtrapianto ed effetto bambola
Microtrapianto ed effetto bambola
Prima: effetto bambola a seguito di trapianto di capelli eseguito con tecnica ”a isole”. Dopo: correzione tramite trapianto a singole unità follicolari eseguito con il Trilix per un aspetto più naturale della capigliatura.
Le unità prelevate dalla zona donatrice serviranno a riempire i vuoti tra un ciuffo e l’altro e per rendere più naturale la linea frontale dell’attaccatura dei capelli. Un altro problema della chirurgia tricologica ”ad isole” è dato dall’inevitabile presenza della lunga cicatrice sulla nuca che seppure segue la naturale attaccatura dei capelli ed è camuffata dalla ricrescita, resta purtroppo un segno evidente della chirurgia. ”In questo caso con il Trilix siamo in grado di asportare il tessuto atrofico della cicatrice e, in sua vece, ricollocare delle unità pilifere – sottolinea il chirurgo -senza che la punta dello strumento dia luogo a un altro importante processo cicatriziale. La disposizione delle unità trapiantate, la distanza tra esse, il disegno della nuova attaccatura e la direzione di crescita permettono inoltre di effettuare un rinfoltimento diverso per ogni paziente, programmato in base al quadro tricologico presentato, al tipo di calvizie, al tipo di capello e al tipo di risultato desiderato”.
La densità dei capelli trapiantati mediante questa microtecnica è omogenea e molto naturale, tanto da essere consigliata per eliminare anche le cicatrici date da piccoli traumi sul cuoio capelluto o da piccoli interventi chirurgici, come la rimozione di cisti. Anche per il trapianto di capelli ci sono però dei limiti oggettivi che non possono essere trascurati, uno di questi è il tipo di diradamento: perché i risultati siano visibili, il paziente dovrà presentare alcuni requisiti. Non può essere fatto un autotrapianto ad un calvo o su un soggetto fortemente diradato, se cioè la zona donatrice non è adeguatamente fornita. Inoltre un autotrapianto eccessivo su un paziente soggetto a ulteriore perdita dei capelli non darà gli esiti sperati, perché c’è il rischio che la calvizie avanzi e restino invece integre le unità trapiantate”.
Approfondimenti: Chirurgia estetica capelli