Luci e ombre della chirurgia estetica

Cresce la richiesta di maggiori garanzie di sicurezza per chi si sottopone a interventi di medicina e chirurgia estetica e il Ministero della Salute decide di aumentare i controlli

di Giorgio Maggiore

La riflessione è nata all’interno della stessa Chirurgia Estetica e se ne è parlato a lungo nel corso di un’apprezzata conferenza tenutasi recentemente a Roma, organizzata dal chirurgo plastico Marco Gasparotti con il titolo: ”Luci e le ombre della chirurgia plastica”. Ovvero i risultati buoni e le aspettative reali, ma anche gli interventi mal riusciti e le eccessive illusioni. La spettacolarizzazione dei risultati ottenibili con il bisturi – si è detto – sta determinando il moltiplicarsi di procedure tese all’ottenimento di nuove forme e dimensioni del corpo e al ringiovanimento del volto. Di conseguenza sono cresciuti sia gli atteggiamenti di superficialità che i rischi per i pazienti e le richieste di risarcimenti del danno, tanto che la Società Italiana di Chirurgia Plastica ha sentito il dovere di richiamare i propri iscritti alla deontologia stabilita dal proprio codice etico. Le statistiche dicono che negli ultimi 5 anni i ritocchi di interventi originali sono cresciuti del 40% e ciò ha fatto crescere di molto il premio che le assicurazioni chiedono ai chirurghi plastici, che sta diventando costosissimo proprio a causa dell’aumento dei conflitti giudiziari. I casi che finiscono in tribunale sono tantissimi ma spesso rimangono nell’ombra, cosa che non è successa però quando a raccontare la propria disavventura è stata la più volte ministro Margherita Boniver. L’allarme si è così esteso anche al settore dei fillers, le sostanze più comunemente iniettate per distendere le rughe, correggere i difetti cutanei, reidratare e sostenere i tessuti, e si è riaffermata l’esigenza di anteporre biocompatibilità e criteri di sicurezza alla semplice durata degli effetti. L’on. Boniver si era sottoposta all’infiltrazione di un filler sul viso, per attenuare le tracce dell’età, ma all’improvviso erano comparse eruzioni, bolle e gonfiori che alteravano in modo eclatante i suoi lineamenti. Il sospetto è caduto su una sostanza semipermanente iniettata anni prima, forse a sua insaputa, e si è arrivati alla conclusione che potrebbe trattarsi di un rigetto nei riguardi dell’ultimo prodotto usato. Questa singolare disavventura, terminata per il meglio e con la risoluzione delle complicazioni, ha fatto molto scalpore sia per la personalità che per la decisione della vittima di raccontarla alla stampa, e potrebbe aver contribuito all’ondata di richiami alla sicurezza, l’ennesima risposta emotiva che fa seguito a un classico caso di malasanità. Qualcosa di diverso sta nel fatto che il Sottosegretario alla Salute, Francesca Martini, ha annunciato una serie di iniziative legislative e ministeriali per regolamentare l’uso dei filler nel verso del divieto, oltre del silicone liquido già bandito, di altre sostanze iniettabili di natura permanente. Saranno vietati anche gli interventi di chirurgia plastica in minori di 18 anni. L’annuncio, molto amplificato dai media, secondo Gasparotti, un chirurgo che da anni si batte per la definizione di standard di qualità che garantiscano la salute dei pazienti, ”non ridurrà il ricorso alla chirurgia estetica, che è legato a molti motivi, fra cui l’aumento della fascia centrale della vita e il bisogno che le donne in carriera hanno di dare di sè un’immagine più aggressiva. Nel caso delle giovanissime – aggiunge il il chirurgo romano – molte volte il problema viene dalle mamme che le vogliono perfette per tentare una carriera televisiva.

Quello che aumenterà è però l’attenzione rispetto agli errori che sono spesso legati a una cattiva manualità dell’operatore e alla decisione di attuare ritocchi non adatti a quel tipo di persona. Il 45% delle pazienti andrebbero respinte, in particolare se escono da separazioni, lutti o sono in depressione. E’ vero, invece, che non tutti i chirurghi lo fanno, specie se a chiedere l’intervento è un uomo, una categoria ancor più narcisista, mentre le più aggressive sono le quarantenni, in competizione con le ragazzine. Ben vengano – conclude Gasparotti – le linee guida per una maggiore sicurezza e qualità, ma soprattutto bisogna rivolgersi ad aziende serie e affidabili, che garantiscano controlli su tutta la filiera, per la qualità dei cosmetici e dei filler. Senza dimenticare la necessaria sicurezza anche per i luoghi in cui si svolgono gli interventi.

Dobbiamo regolamentare un settore che è come il Far West

Il Sottosegretario alla Salute Francesca Martini commentando il sondaggio della SWG sulla “Medicina Estetica: i perché e i rischi visti dalle donne italiane”, ha sottolineato “la necessità di dare una regolamentazione a un settore che è un vero e proprio Far West. Negli ultimi 10 anni vi è stata una proliferazione di interventi di chirurgia estetica e in particolare di protesi mammarie”. Dal sondaggio è emerso che una donna su tre ammette di essere scontenta del proprio aspetto fisico, il 36% delle minorenni non si piace e di queste il 17% non è soddisfatta del proprio seno. In generale il 49% delle intervistate ha ammesso che un seno prospe­roso aumenta l’autostima migliorando la percezione di sè. Il 60% delle donne ha dichiarato di non avere sufficienti conoscenze sugli impianti di protesi mammarie e l’87% delle intervistate è favorevole a una normativa che vieti tali interventi per le minorenni.

Il Sottosegretario Martini ha aggiunto che “per quanto riguarda gli interventi di chirurgia estetica, sempre più spesso le adolescenti, più fragili e sensibili ai messaggi dei media, chiedono un seno nuovo. Ma considerati i rischi per la salute di interventi eseguiti quando la ghiandola mammaria non è ancora formata, stiamo pensando di escludere i ritocchi sulle minori non motivati da problemi medici. Voglio chiarire che non sono contraria alla chirurgia estetica, ma vorrei fornire a chi vuole sottoporsi a questo tipo di interventi garanzie e sicurezza. A tal propo­sito abbiamo riunito un tavolo tecnico-scientifico di cui fanno parte specialisti e società scientifiche, per arrivare a linee guida chiare nel settore e alla realizzazione di un Registro nazionale delle protesi al seno, che ne garantisca la tracciabilità. Il Registro, sarà collegato con una banca dati nazionale dove dovranno essere registrati il numero degli interventi effettuati, i materiali usati per le protesi, le strutture dove vengono effettuati gli interventi e gli esiti degli stessi, tutto ciò per avere un quadro epidemiologico preciso, nella tutela della privacy delle pazienti”.