La tecnica dell’autotrapianto propone metodiche meno invasive, più veloci e precise. Effettuabili con originali strumenti sempre più sofisticati
per approfondimenti: trapianto dei capelli
Lo stato di calvizie non insorge improvvisamente. I primi stadi che preludono la perdita irreversibile di parte della capigliatura fanno ancora sperare e spesso la situazione viene trascurata. Il vero problema insorge quando l’atrofia della matrice follicolare è completa: il capello non cresce più e l’unica soluzione non cosmetica e definitiva è l’autotrapianto. Questa tecnica tricologica non è certo una novità per la chirurgia estetica, che da decenni la pratica, ma il suo successo è sempre stato relativo. Certo, la particolare vitalità dei follicoli piliferi consente che i capelli trapiantati riescano a ricrescere, e i risultati per lo più durano a lungo nel tempo, perché i bulbi provengono da una zona che geneticamente non è soggetta a calvizie, la nuca.
”Il vero scoglio per la chirurgia tricologica, quindi, è sempre stata la reale qualità estetica del trapianto”, conferma il dottor Pallaoro, specialista in chirurgia plastica a Padova. Infatti, se un ottimo successo riscuote l’attecchimento dei follicoli trapiantati, non è altrettanto per la naturalezza del risultato. ”Un forte deterrente per chi potrebbe essere un buon candidato per il trapianto dei capelli – riprende il chirurgo – è proprio l’aspetto artificiale che potrebbe avere la nuova capigliatura, in particolare a causa della disposizione troppo schematica dei capelli e della linea frontale e la presenza di cicatrici, che tradiscono subito l’intervento chirurgico, soprattutto quella sulla nuca, necessaria per prelevare il lembo di cute da frazionare per ricavare le graft con i follicoli da trapiantarè’. A tal proposito, ci si ricorda del pessimo effetto ”bambola” frutto di un autotrapianto grezzo di vecchia generazione, che piuttosto di eliminare l’imbarazzo dell’essere privo di capelli, fa ottenere l’effetto contrario al malcapitato che quasi rimpiange la calvizie.
Perciò, la chirurgia tricologica oggi sta compiendo una sorta di silenziosa rivoluzione microchirurgica, anche grazie a innovazioni come il Trilix, una sorta di micro-drill che consente un trapianto di singole unita’ follicolari senza esiti cicatriziali evidenti. A parlarcene è il dottor Carlo Alberto Pallaoro, ideatore appunto di questo inedito strumento. ”La chirurgia tricologica più attuale non può prescindere da alcuni punti essenziali, non strettamente chirurgici, che il paziente pone come ideali: in primis, che l’intervento sia naturale nei risultati, poi che la chirurgia sia ”discretà, che non si noti, insomma, e infine che il rinfoltimento sia efficace, quindi che duri a lungo nel tempo”. La tecnica di autotrapianto FUE realizzata con il Trilix è stata messa a punto proprio tenendo presenti questi obiettivi. Vediamo di che cosa si tratta.
FUE è l’acronimo di Follicular Unit Extraction, e sta a indicare una tecnica di trapianto di capelli con prelievo di singole unita’ follicolari. In altre parole, per infoltire la zona calva o diradata, vengono utilizzati elementi vitali, follicolo pilifero e annessi cutanei, prelevati dalla nuca, senza la necessita’ di asportare il lungo lembo di cute, tipico di ogni altro tipo di trapianto di capelli. Questo trapianto ha un approccio diverso rispetto ad altri tipi di procedure chirurgiche, quasi insomma una versione micro delle più efficaci tecniche tricologiche. Questo è consentito dall’utilizzo di strumenti in grado di prelevare precisamente la singola unita’ follicolare e trapiantarla senza necessita’ di incidere con bisturi. ”Nel luogo di espianto – spiega il dottor Pallaoro – si lascia un foro molto ridotto che guarira’ spontaneamente senza suture. Per l’impianto nella zona glabra, viene creata la sede con lo stesso strumento, perciò le dimensioni della micro zolla cutanea e del foro combaceranno senza creare soluzioni di continuità cutanee e, di conseguenza, esiti cicatriziali evidenti”.
Con questa metodica, l’esito del rinfoltimento è visibile in maniera graduale nell’arco di un paio di mesi, quando i follicoli trapiantati riprendono passo passo la produzione del capello. Nel frattempo il paziente può riprendere le normali attività, non ci saranno segni evidenti della chirurgia, perché già in capo ad una settimana potrà lavarsi i capelli, e le crosticine, tipiche del processo di guarigione, cadranno spontaneamente in breve.
Nulla a che vedere con soluzioni cosmetiche o protesiche, dunque, perché i capelli trapiantati appartengono alla persona stessa e cresceranno in modo naturale e permanente.
”Solitamente i pazienti ripetono la sessione di autotrapianto FUE quando il rinfoltimento è molto ingente, mentre nei casi di calvizie moderata, è sufficiente un ritocco dopo 6 mesi, per definire con maggiore precisione la linea d’attaccatura frontale. In base alla nostra esperienza, un ottimo stimolo per la ripresa dell’attività metabolica del follicolo è la stimolazione con laser freddo a uso tricologico, come HairMax LaserComb, un dispositivo portatile certificato FDA”, specifica il dottor Pallaoro. Chiaramente, continua ancora lo specialista, ogni caso deve essere valutato con attenzione prima di procedere con l’autotrapianto: ”il paziente deve essere sano, la cute in buone condizioni e il grado di calvizie non deve essere troppo avanzato, fatto che comporterebbe una mancanza di materiale da trapiantarè’.
Quanto alla durata del ritocchi tricologico, assicura il dottor Pallaoro: ”il trapianto di può definire definitivo. I capelli della nuca infatti non sono soggetti a caduta per costituzione genetica ed è stato provato che mantengono questa caratteristica anche dopo il trapianto”.
Il processo di calvizie maschile viene catalogato secondo la scala di Norwood Hamilton, che individua sette stadi di diradamento, qui sintetizzati in tre fasi. La calvizie nelle prime fasi può essere corretta con efficacia grazie al trapianto personalizzato con tecnica FUE, dopo aver valutato la fattibilità caso per caso.
Il trapianto capelli senza cicatrice (https://www.pallaoro.it/trapianto-capelli.html) e a singole unità follicolari è l’ideale per allestire una nuova linea frontale che ricalchi uno schema molto simile alla naturale disposizione dei capelli. Fondamentale è quindi lo studio della fisionomia personale, in modo da pianificare un rinfoltimento preciso e accurato.
Generalmente, quando viene eseguito un trapianto di capelli, l’obiettivo non è quello di ripristinare una chioma folta, che sembrerebbe quantomeno stonata con un viso non più giovane. Piuttosto, alcune caratteristiche, come la fronte alta e una certa armoniosa stempiatura, vengono mantenute, in modo da far passare inosservato l’intervento chirurgico. L’efficacia dell’autotrapianto FUE è data anche dalla gradualità della ricrescita, che consente l’occhio altrui di abituarsi lentamente al cambio d’immagine.
Per le donne, il processo di diradamento ha un decorso differente da quello maschile. In genere la donna non arriva ad una calvizie totale, né l’area alopecia è completamente glabra. Piuttosto il diradamento è diffuso e viene mantenuta la linea dell’attaccatura frontale. Per questo anche il trapianto di capelli FUE viene studiato appositamente per ogni genere e ”disegno” di calvizie. A esempio, sara’ maggiormente importante, rispetto all’uomo, che venga rinfoltita la zona della scriminatura, in modo che la cute cranica non sia visibile con le tipiche acconciature femminili.
Il caso riportato è quello di una donna, non certo anziana, che soffre di una forma piuttosto acuta di diradamento, fatto che colpisce in modo severo la psiche di chi si trova a vivere questa situazione. Il rinfoltimento con la tecnica FUE è stato studiato per risultare assai naturale e discreto, ed è stato ripartito in due sessioni chirurgiche.