Che rapporto c’è fra bellezza e perfezione? E fino a che punto ci si può spingere per cercare di soddisfare il bisogno che il paziente esprime in termini di correzione?
di Giorgio Bartolomucci
Prof. Piero Lorenzetti Chirurgo plastico e Direttore scientifico Villa Borghese Institute – Roma
Quale luogo migliore che Siracusa per parlare del concetto filosofico della bellezza ma anche per discutere l’attuale bisogno di aiuto che arriva dai pazienti? è questo quello che deve essersi chiesto il chirurgo plastico Pietro Lorenzetti, Direttore Scientifico del Villa Borghese Institute di Roma, organizzando il convegno cui hanno partecipato anche i giornalisti Luciano Onder e Margherita De Bac. I lavori si sono aperti con una rapida visione di cosa la grande arte classica greco-romana ci ha tramandato in tema di bellezza. Dalle statue rinvenute ed esposte nei più bei musei del mondo si comprende come, nonostante la razza mediterranea fosse allora di piccola statura, il tipo di donna che andava per la maggiore era alto, con tratti fini e regolari, e una impronta forse più fiera e più energica, legata alla forma del naso e del mento. Lo stesso Aristotele scriveva che per la bellezza si richiede un corpo grande, tant’è che di un corpo piccolo si’ può dire che sia grazioso e ben fatto ma non propriamente bello. è nel V secolo a.C. – e qui l’argomento diventa più attuale anche per la discussione dei giorni nostri – che inizia a prevalere il modello spartano legato alla perfezione delle forme. Nasce infatti l’idea di dare una dimensione ‘’fisica” alla Bellezza creando canoni, parametri, ecc., che la definissero in modo tale da permetterne il riconoscimento e la condivisione dal maggior numero di persone possibile. Da allora in poi, ogni società umana ha creato o adottato specifici canoni estetici e gli individui che vi hanno appartenuto sono stati educati fin da piccoli a riconoscerli e a farli propri per sentirsi accettati dagli altri. Ma la bellezza – ci si è chiesto all’interno del congresso – vuol dire sempre perfezione? Fino a che punto bisogna spingersi per soddisfare questo concetto, vago e non sempre condiviso, sempre ambito e quasi mai conseguito? Differentemente dall’antichita’, dove l’idea di perfezione era legata a un soffio di vento, limitata alla sola giovinezza che non durava più di un batter di ciglia, oggi – è stato detto dai relatori – la donna perfetta non è solo la ragazza nel fiore degli anni ma la donna in tutte le fasi della sua esistenza, che brillano ognuna di una loro peculiare luce e fascino. Non stupisce quindi che la medicina e la chirurgia estetica, insieme all’industria dermocosmetica che da sempre rivolge la sua attenzione alla ricerca della perfezione femminile, si dedichino sempre più alla cura delle donne che negli anni hanno raggiunto la pienezza del loro essere. Ma quali sono i limiti che l’individuo – e allo stesso tempo il chirurgo plastico deve porsi – per non andare oltre in una parossistica ricerca di una perfezione di forme e misure, ma anche per allontanare i segni inevitabili del tempo? Non si tratta solo di non vendere illusioni con le immagini e le parole che arricchiscono le brochures e gli articoli di medicina estetica, ma se è vero che il termine perfetto già in latino voleva dire ‘’compiuto”, si tratta invece di spiegare che anche la bellezza di una donna matura può essere apprezzata appieno. Specie se ella sa porsi in sintonia con il mondo attraverso i sensi, se sa adoperare le armi della seduzione, e sa ascoltare e farsi ascoltare a ogni età. “In Italia, ogni anno – ha detto il Prof. Lorenzetti – sono realizzati circa 150.000 interventi di chirurgia plastica. Un variegato scenario di realta’, esigenze, successi e insoddisfazioni, fra donne e uomini, giovani e persone mature, estrazioni sociali diverse, con cui un professionista della chirurgia estetica si deve necessariamente confrontare. Il Chirurgo, pero’, rischia a volte di perdere il contatto con la vita dei molti individui che aspettano un intervento in grado di soddisfare il proprio senso estetico. è importante, invece, tener presente le emozioni e le ragioni che sono alla base della decisione di ricorrere alla chirurgia estetica: storie che partono dall’insoddisfazione di sè, dai confronti con modelli reali e immaginari, sino alle richieste motivate dalla speranza di fare carriera o rimettere insieme un matrimonio logorato dal tempo”. Un panorama complesso che mostra come gli interventi non possano essere considerati semplici abbellimenti: il medico si deve confrontare con il paziente, deve formulare una diagnosi e scavare dietro le sue richieste per coglierne le intime motivazioni. Tutti i tasselli di un puzzle che il medico deve affrontare con pazienza e intelligenza.