del Dott. Pietro Lorenzetti Specialista in Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica
Scopriamo un fenomeno sempre più diffuso: la ricerca di pazienti seriali della chirurgia plastica che mettono alla prova i limiti di coscienza del medico
Avete mai sentito parlare del cosiddetto fenomeno del “doctor’s shopping”? Per quanti di voi non lo conoscessero, sappiate che si tratta di un termine anglosassone con cui si vuole indicare la pratica, ultimamente sempre più frequente, di chiedere più consulti medici per la stessa problematica, spesso simultaneamente e all’insaputa l’uno dell’altro. Tradizionalmente il fenomeno si riscontra in quei pazienti che hanno sviluppato una dipendenza da farmaci antidolorifici e oppioidi, venduti solo con ricetta e che usano questo metodo per procurarsi dosi sempre maggiori di farmaco. Non solo, spesso riguarda anche soggetti ipocondriaci, pazienti con disturbi psichici, con sintomi inspiegabili o cosiddetti “senza diagnosi’”. Secondo alcuni studi condotti in America, è stato stimato che solo negli USA siano circa 170mila le persone che vagano da un medico all’altro per ottenere indagini diagnostiche, prestazioni terapeutiche e farmaci.
A lato: Justin Jedlica e Valeria Lukyanova la copia umana di Ken e Barbie.
La novità però non sta in queste statistiche, che per quanto impressionanti non stupiscono più di tanto, visto il perenne allarmismo che sembra dominare la nostra società di questi tempi. Ciò che lascia interdetti, semmai, è che il fenomeno abbia preso piede in maniera significativa anche tra coloro che chiedono interventi di chirurgia plastica e medicina estetica. Si sono riscontrati, infatti, numerosi casi di vera e propria “dipendenza da ritocco” che interessa non solo persone affette da disturbi dell’immagine corporea (dismorfofobia o atelofobia) ma anche soggetti che entrano in una spirale in cui il desiderio di perfezione fisica o di aderenza a un ideale immaginario raggiunge il limite. In questi casi, come ripeto da sempre, un professionista serio deve essere capace di sconsigliare interventi eccessivi e anche rifiutarsi di operare. Tuttavia ci si è resi conto che questi pazienti attivano una “ricerca seriale” del medico che accetterà di operarli. La cronaca ci racconta di casi in cui le persone si sottopongono a decine di interventi per raggiungere il proprio ideale di bellezza: si tratta di casi patologici, una dipendenza ancora non riconosciuta.
Le situazioni per cui si ricorre al Doctor’s Shopping sono interventi “limite” come un aumento eccessivo del seno (dalla sesta misura in su), gli interventi multipli eseguiti in una sola sessione operatoria (lipo, seno, lifting viso, ecc.) che pongono problemi di sicurezza e che in Italia sono poco diffusi. E poi gli interventi “secondari” ossia successivi alle operazioni già effettuate ma delle quali il paziente non è mai soddisfatto. Ma anche interventi “ravvicinati” nel tempo, su distretti anatomici diversi che denotano una insoddisfazione cronica e globale del proprio aspetto che affonda spesso le proprie radici nella psiche. Purtroppo, ad oggi, dobbiamo fare i conti con una realtà problematica: non esiste un Registro centralizzato degli interventi. Certo agli occhi di un esperto del settore un nuovo paziente passato più volte sotto al bisturi non sfugge, e questo dovrebbe essere sufficiente a far scattare un campanello di allarme nel chirurgo. Ma bisogna ricordare che si tratta di pazienti disposti a tutto pur di raggiungere il proprio obiettivo, anche a lunghe ricerche, visite multiple e trasferte per trovare il medico accondiscendente, per ingenuità o lucro, a operarli di nuovo.
Una situazione che osserviamo anche nel campo dei “ritocchi” e che può presentare evidenti rischi. Sappiamo, per esempio, di persone che non vogliono attendere che gli effetti del primo trattamento si siano esauriti e che si sottopongono a infiltrazioni molto ravvicinate di filler o tossina botulinica con il rischio di “overtreatment”. Purtroppo, però, è anche vero che trovare un medico disposto a iniettare una fiala di botulino senza dichiarare di aver già effettuato il trattamento è piuttosto semplice. Insomma, per concludere, cosa resta da fare dinanzi a risultati statistici che mettono in evidenza simili storture? La risposta non è certo semplice e implicherebbe anche una disamina delle reali motivazioni psicologiche che sono alla base di certe scelte.
Andrebbe indagato in primis in che modo la nostra società tende a favorire atteggiamenti del genere, definendo in continuazione canoni estetici sempre più inaccessibili e apparentemente necessari per una completa accettazione dell’individuo al suo interno. E andrebbe anche discusso sul perché manchino degli strumenti come il sopra citato registro degli interventi (che dovrebbe essere internazionale per essere realmente efficace). Dal canto mio non posso che proseguire nella mia battaglia iniziata tanti anni fa, da quando cioè scrissi il libro “L’intelligenza estetica”. Ossia la segnalazione in tutte le sedi possibili e congeniali dei rischi fisici legati al reiterato ricorso alla chirurgia plastica e i dubbi risultati ottenibili quando il ritocco diviene ossessivo.
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