A cura di Vincenzo Varlaro, Docente di Medicina Estetica, Università di Camerino e Università di Roma Tor Vergata
Il metabolismo di tutte le cellule si fonda sul continuo apporto di trigliceridi e colesterolo che viene loro assicurato tramite le lipoproteine introdotte tramite i pasti. I primi sono necessari a fini strutturali ed energetici, il secondo per modulare la fluidità delle membrane cellulari e per produrre tante molecole essenziali per la vita [ormoni steroidei (cortisolo, idrocortisone, testosterone, estrogeni,…), vitamina D, acidi biliari]. Il “rifornimento” legato all’alimentazione è temporalmente concentrato nella fase post-prandiale ma l’organismo ha bisogno di trigliceridi e colesterolo in continuo, anche quando si è in fase di digiuno, anche quando si dorme. Ecco quindi che interviene il fegato che attraverso la produzione di lipoproteine endogene assicura alle cellule il “rifornimento” costante in trigliceridi e colesterolo. Il diametro della lipoproteina è dipendente dal volume del nucleo interno (core) composto da trigliceridi e colesterolo esterificato. Il core è del tutto apolare e interagisce con la faccia interna apolare dell’involucro fosfolipidico. L’involucro è composto da tre principali tipi di molecole: uno di natura proteica, le apolipoproteine (apo) e due tipi di origine lipidica: i fosfolipidi e il colesterolo non esterificato. La superficie delle lipoproteine plasmatiche è idrofila, pertanto non presenta problemi di interazione con l’ambiente acquoso dei vasi sanguigni e linfatici, e delle cellule. Soffermiamoci ora sul ruolo delle Lipoproteinlipasi (LPL), enzimi di “trasferimento” dei trigliceridi e del colesterolo dalle lipoproteine presenti nel sangue all’organismo, in particolare al tessuto muscolare scheletrico, miocardico, e al tessuto adiposo, garantendo in tal modo il substrato energetico e il nutrimento a questi tessuti. Le LPL sono presenti nelle cellule endoteliali che rivestono la superficie interna dei capillari sanguigni, e sono loro a determinare l’idrolisi delle lipoproteine che, in base alla densità sono classificate come: a) chilomicroni (le meno dense) sintetizzati a livello dell’intestino tenue dopo i pasti e veicolano alle cellule soprattutto trigliceridi e il colesterolo introdotti con la dieta; b) VLDL (lipoproteine a densità molto bassa), trasportano i trigliceridi sintetizzati dal fegato; c) IDL (lipoproteine a densità intermedia), prodotte dal metabolismo dei chilomicroni e delle VLDL; d) LDL (lipoproteine a bassa densità) trasportano il colesterolo “cattivo” dal fegato alle cellule dell’organismo; e) HDL (Lipoproteine ad alta densità) recuperano il colesterolo “buono” dai tessuti e lo trasportano al fegato, l’unico organo in grado di eliminarlo, grazie alla secrezione della bile (costituita per buona parte da colesterolo). Iniziamo col chiarire come vengono a formarsi e l’evoluzione dei chilomicroni: a livello del lume dell’intestino tenue, micelle di colesterolo e fitosteroli vengono riconosciute da un recettore (NPC1L1) presente sul lato apicale delle cellule epiteliali dell’intestino. Tale recettore favorisce l’ingresso delle micelle nella cellula epiteliale dell’intestino tenue. Nel reticolo endoplasmatico il colesterolo viene esterificato dall’enzima ACAT (Acil-CoA Colesterolo Acil Transferasi), che trasferisce un acido grasso sul gruppo ossidrilico del colesterolo. A livello della membrana del reticolo endoplasmatico rugoso si ha contestualmente la produzione dell’apolipoproteina B48 (apoB48) e l’ingresso nel lume del reticolo di trigliceridi e apoB48 che si legano a formare una struttura lipoproteica: il microsoma. A questo si aggiunge colesterolo esterificato e si formano i chilomicroni. Questi ultimi proseguono lungo la via secretoria e dopo aver raggiunto l’apparato del Golgi vengono secreti all’esterno del lato basilare della cellula, in un vaso linfatico. I chilomicroni presenti nei vasi linfatici sono detti “nascenti” e sono caratterizzati da un maggior contenuto di trigliceridi e un minor contenuto di colesterolo (non esterificato o esterificato). Dopo che il dotto toracico ha riversato la linfa contenente i chilomicroni “nascenti” nella circolazione sanguigna, questi ricevono apoC2 e apoE da una lipoproteina ad alta densità (HDL) e diventano chilomicroni “maturi”. Una volta raggiunti i capillari del tessuto adiposo e del tessuto muscolare, l’apoCII (colesterolo non esterificato) presente su di essi interagisce con un recettore presente sull’endotelio (LPL) che preleva i trigliceridi dal chilomicrone e li scinde in acidi grassi liberi e monoacilglicerolo che sono quindi, facilmente incorporabili nella cellula, dove possono andare incontro a due destini: essere metabolizzati o essere utilizzati come substrati per la risintesi di trigliceridi a livello del tessuto adiposo.
A questo punto i chilomicroni si trovano depauperati di trigliceridi e avviene una nuova interazione con una HDL. Il chilomicrone cede ad essa apoCII, colesterolo non esterificato, fosfolipidi mentre HDL cede colesterolo esterificato. Questi ultimi due prodotti sono scambiati grazie all’intervento di apoD, detta anche CETP (Cholesterol Esterificate Transferring Protein). Ciò che resta dei chilomicroni, tramite la circolazione sanguigna raggiunge il fegato, dove apoE interagisce con il recettore per le lipoproteine a bassa densità (LDL-R) provocando l’endocitosi del chilomicrone. A differenza dei chilomicroni, le VLDL non hanno relazioni con l’intestino tenue e la linfa ma sono secrete dal fegato nel sangue. La loro produzione segue lo stesso meccanismo dei chilomicroni, a eccezione del fatto che sulle VLDL in formazione nel reticolo endoplasmatico rugoso, viene incorporata apoB100 anziché apoB48. Le VLDL “nascenti”, immesse direttamente nella circolazione sanguigna, hanno un alto contenuto di trigliceridi e una ridotta quantità di colesterolo esterificato. Entrando in contatto con le lipoproteine ad alta densità (HDL) ricevono da esse apoCII e apoE, diventando così VLDL “mature”. Tramite il sangue raggiungono l’endotelio dei tessuti adiposo e muscolare dove apoCII interagisce con la LPL presente sull’endotelio. La LPL idrolizza i trigliceridi in monoacilglicerolo e acidi grassi liberi che vengono trasportati dentro la cellula adiposa e la fibrocellula muscolare. Dopo la perdita di gran parte dei trigliceridi (delipidazione), il mantello della VLDL “matura” diventa sovrabbondante a causa della riduzione del nucleo, per cui accade uno scambio di componenti anche a livello dell’involucro: la VLDL conserva le apoE ma restituisce apoCII alle HDL e tramite l’azione di apoD (CETP) riceve, dalle HDL, colesterolo esterificato in cambio di trigliceridi. Le lipoproteine originarie sono diventate IDL con un contenuto suddiviso in proporzioni simili: trigliceridi e colesterolo esterificato. In conclusione, le apolipoproteine svolgono l’essenziale funzione di definire il destino delle singole particelle. Le lipoproteine prodotte a livello del tenue (chilomicroni) esprimono come componente specifica apoB48 mentre quelle sintetizzate nel fegato (VLDL e derivati metabolici) presentano apoB100. Sia i chilomicroni, sia le VLDL e le IDL plasmatiche contengono inoltre diverse molecole di apoE che sono riconosciute da specifici recettori delle cellule del fegato (LDL Receptor-like Protein: LRP) che portano alla rimozione epatica di tali lipoproteine. Alla apoB e alle apoE si aggiungono le apolipoproteine C che con funzioni correlate alla metabolizzazione dei trigliceridi: apoCII attiva la LPL e apoCIII, la inibisce. Le LDL contengono solo apoB100, riconosciuta dai recettori per le LDL o LDLR (ubiquitari nelle cellule nucleate) che aiutano l’internalizzazione del colesterolo nelle cellule. Le HDL esprimono apolipoproteine A; in particolare le apoAI favoriscono l’immagazzinamento del colesterolo esterificato perché cofattori dell’enzima Lecithin Cholesterol Acyl Transferase (LCAT): catalizzatore della formazione di esteri del colesterolo. Dopo questa lunga premessa metabolica veniamo ora a una suggestiva ipotesi che trova interesse fra i ricercatori. Visto che l’insulina aumenta l’espressione della LPL a livello del tessuto adiposo bianco, ciò potrebbe spiegare in parte la patogenesi della cellulite. Infatti, l’incremento dell’attività della LPL a livello trocanterico esprimerebbe una maggiore espressione di recettori per l’insulina o forse della LPL, delle apoB48, delle apoB100 da relazionare a un qualche polimorfismo genetico. Un’perattività a livello distrettuale della LPL fornirebbe, in concreto più trigliceridi al tessuto adiposo sottocutaneo delle regioni predisposte alla cellulite.