di Thea Rossi, Antropologa
Pubblichiamo un interessante contributo inviatoci da una atropologa in merito alla valenza che i capelli assumono nelle diverse culture.
I capelli hanno, presso tutte le culture, una importante valenza simbolica regolata da precise norme sociali e religiose prodotte dal sistema sociale. Non sono accettabili, quindi, generalizzazioni trans-culturali che trasferiscano il simbolismo prodotto nell’ambito di una cultura al di là della cultura stessa. Con i capelli si può veicolare la propria posizione sociale, il proprio ruolo sessuale, ma anche la propria visione religiosa, l’avvicendarsi delle varie fasi della vita, l’appartenenza ideologica. Per la loro forma, colore, lunghezza e foggia costituiscono un carattere distintivo sia individuale che collettivo. Possono essere considerati simbolo di forza vitale, come ci indica l’episodio biblico di Sansone, oppure la pratica dello scalpo di trattenere una porzione del cuoio capelluto e della capigliatura del nemico sconfitto come trofeo di guerra, ma anche per privarlo della sua forza vitale al fine di impossessarsene. Ma i capelli sono anche protagonisti di riti e di cerimonie che accompagnano le tappe della vita dalla nascita alla morte. Il taglio dei capelli, per esempio, è molto praticato in occasione della nascita con modalità e finalità diverse a seconda della cultura di riferimento. Presso i Masai i capelli vengono tagliati al neonato dalla madre o dalla nonna in occasione dell’attribuzione del nome, mentre nell’India Centrale il primo taglio rituale viene praticato durante il periodo dello svezzamento in cui avviene la prima importante cerimonia che segna l’entrata del nuovo membro nella comunità. Infine, il taglio dei capelli è al centro della cerimonia di “purificazione dalla nascita” presso i Santal del Bangladesh, che coinvolge non solo il neonato, ma anche i membri della sua famiglia ed i capi del villaggio. Dopo il rito di purificazione, i capelli del bambino vengono gettati nell’acqua per propiziargli una felice vita futura. I capelli, in base alla loro lunghezza e alla loro acconciatura, possono rappresentare lo stato nubile o la verginità di una donna, oppure possono indicare se si è sposate: in India, per esempio, le ragazzine non ancora donne portano i capelli lunghi e fluenti, mente la donna sposata deve portarli in ogni circostanza legati. Presso l’etnia Himba (Foto 1 – 3) della Namibia, è in uso una complessa simbologia per indicare le varie tappe dell’età sia delle donne che degli uomini e il loro grado di maturità sessuale. Le bambine portano piccole trecce, due davanti e due dietro, mentre i piccoli maschi portano treccine fine a 10 anni. Alle fanciulle nubili è consentito acconciarsi con tante treccine e con un ornamento sulla nuca che sta a simboleggiare l’avvenuto menarca e, quindi, di essere pronte per prendere marito e per mettere al mondo figli. Le donne sposate lasciano cadere i capelli sulle spalle raccolti in lunghe trecce attorcigliate e ornate di nastri e intrecciati con fibre di piante. Per quanto riguarda la popolazione maschile, dopo i 10 anni i bambini vengono rasati ai lati mentre sulla sommità della testa viene lasciata una cresta di capelli da cui parte un codino che ricade sulla nuca. Il codino singolo segnala la loro condizione di adolescenti non ancora maturi per il matrimonio: quando raggiungeranno la maggiore età, infatti, si aggiungerà una nuova treccina. Questa acconciatura con doppio codino segnalerà che i giovani sono in età di matrimonio. L’uomo sposato si distingue da quello ancora scapolo per la folta capigliatura, che viene raccolta in due trecce attorno alla testa e coperta da una grossa fascia di pelle. Il taglio dei capelli, otre ad accompagnare simbolicamente la nascita di un individuo, fa parte anche della simbologia della morte. Infatti, è d’uso presso alcune culture per le vedove tagliarsi i capelli per distruggere il legame prodotto dal matrimonio e il deporre la capigliatura sulla tomba del defunto rafforza il rito della separazione e del distacco.
Tagliarsi i capelli, lasciarli incolti, coprirli o rasarli sono atti simbolici in cui si manifestano il dolore e il lutto, insieme ai lamenti e alle lacrime. Queste manifestazioni di lutto così eclatanti nascono, secondo Marcel Mauss, dal fatto che in alcune società a guidarle non siano solo i parenti prossimi, a testimonianza dell’“obbligatorietà” dell’espressione dei sentimenti, come se di fronte alla negatività della situazione si fosse tenuti a “mettere in scena” il dolore per la perdita. I capelli presso molte culture assumono un ruolo centrale nei ciclici mutamenti di condizioni che accompagnano le discontinuità lungo il corso temporale e sociale dell’esistenza umana. Questi percorsi, che portano a un cambiamento di status, sono celebrati da “riti di passaggio” con i quali la comunità “accompagna” il passaggio individuale da uno status all’altro, da una fase all’altra della vita e vuole rendere visibile il cambiamento avvenuto nel ciclo della vita dei suoi membri. Il rito, quindi, rafforza la coesione e il legame di solidarietà all’interno delle comunità, legando l’individuo al proprio gruppo. Il celebre etnologo belga Van Gennep riferisce di una pratica rituale ben strutturata presso i Masai che egli definisce di “iniziazione alle classi di età”. Periodicamente, presso le varie comunità, si svolge una cerimonia che coinvolge i ragazzi dai dodici ai sedici anni che si accingono a fare il loro ingresso nella categoria sociale dei giovani “guerrieri”. L’iniziato “muore” simbolicamente rispetto all’infanzia, in cui gode della protezione altrui, per “rinascere” in una condizione in cui deve provvedere a sé e agli altri. La reintegrazione nel gruppo consacra socialmente l’avvenuto passaggio alla pubertà fisiologica. I giovani che partecipano al rito di iniziazione sono sottoposti a una serie di “prove” ed esperienze, che li coinvolge per diversi giorni, tra cui l’allontanamento dal loro ambiente familiare e la circoncisione. La “separazione”, il distacco dallo stato precedente vengono simbolicamente rappresentati anche dalla rasatura della testa. Di nuovo i capelli saranno al centro della simbologia del rito nel momento della “reintegrazione” degli iniziati nel gruppo, superate le fasi della separazione e della transizione. Infatti, solo quando i capelli saranno ricresciuti in modo da poter essere intrecciati, allora i giovani potranno essere chiamati “moran”, cioè guerrieri e farsi carico delle responsabilità che il nuovo status sociale richiede.