In che modo i mutamenti climatici del nostro pianeta hanno condizionato la storia dell’uomo e soprattutto quali sono stati i loro effetti sulla pelle?
Nell’evoluzione dei popoli il clima è stato un fattore estremamente importante. Molto più che le stesse guerre che pur hanno modificato significativamente il corso della storia dell’umanità. L’argomento è molto complesso, ma brevemente si può dire che intorno al 3.000 a.C. il clima era sensibilmente più freddo e asciutto rispetto a oggi. Nella pianura mesopotamica abitata dai Sumeri, nel territorio fra il Tigri e l’Eufrate, dove si svilupparono le prime grandi civiltà, e poi in Egitto, India e Cina, l’agricoltura poté svilupparsi solo perché a mitigare queste siccità fu una minore evaporazione dovuta alle temperature più temperate e fresche e per la presenza di vaste foreste sulle montagne. Nacquero presto città in grado di accogliere masse sempre più numerose di uomini e animali. Anche la civiltà Minoica (o Cretese) iniziò con il favore del clima del terzo millennio a.C.. Un popolo del mare, sicuramente di stirpe diversa dagli originali abitanti delle isole Egee si stanziò nella zona insulare intorno a Creta. Dal punto di vista somatico queste genti erano abbastanza alte, snelle, di pelle olivastra, con lineamenti derivanti dall’Homo Sapiens Sapiens, originario dell’area Nilotico-sahariana. Nei secoli successivi si assisté a una progressiva desertificazione di ampie aree dell’Africa e dell’Asia e intorno al 1700 a.C., anche a seguito delle continue eruzioni di diversi vulcani (dalle Canarie al Vesuvio), ma in particolare quello di Tera (Santorini), le grandi masse di ceneri e gas fecero aumentare l’effetto “serra” incrementando il riscaldamento, con il clima che si alzò di almeno 2/3 gradi, i deserti s’ingrandirono e molti popoli sentirono la necessità di spostarsi verso terre più accoglienti, aree verdi e coltivate, più fresche e dalle acque abbondanti.
Si assiste a grandi migrazioni: dalle asciutte terre dell’Est e dell’Asia minore i Dori penetrarono in Grecia fondendosi ai Micenei e assumendone usi, religione e civiltà; gli Etruschi portarono in Italia il seme della cultura pre-Romana che trovò fertile terreno nelle genti locali. L’esplosione demografica conseguente alla migliore alimentazione e alla selezione di razze umane più resistenti, rese più limitate le risorse naturali conosciute spingendo popoli a conquiste e guerre finché, dopo il 1100 a.C. con il progressivo inizio di un periodo più freddo; gli spostamenti divennero gradualmente meno impellenti e fiorirono nuovi grandi regni e città: dagli Etruschi ai Fenici, agli Ebrei e i Greci. Per gli storici l’Impero Romano è la migliore espressione dell’equilibrio climatico del tempo: la penisola era il sito climaticamente più favorevole del Mediterraneo, ricco di boschi e acque dolci. Finché il clima favorì l’Italia, l’impero crebbe e fu grande; quando, dopo il terzo secolo d.C., il clima cominciò a inaridire le regioni orientali d’Europa, le genti barbare iniziarono a migrare determinando lentamente il crollo dell’Impero Romano sotto i colpi di popoli affamati e desiderosi di cibo e potere. Le grandi siccità della metà del primo millennio furono fatali per la natalità e la stessa sopravvivenza di molte popolazioni. Nei secoli seguenti, il nuovo raffreddamento del clima e il ritorno delle acque riportò le condizioni ideali per lo sviluppo della nostra attuale civiltà. Il colore della pelle è un fattore che varia per via biologica, in funzione dell’esposizione al sole: è una forma di adattamento al clima, che esercita una forte pressione selettiva. I nostri antenati pelosi, come accade per i moderni primati affini all’uomo, oltre 1,2 milioni di anni fa, in Africa cominciarono a perdere pelo, e il colore della pelle da chiaro si scurì come difesa dai raggi solari. Rosalind Harding nell’American Journal of Human Genetics (66: 1351-1361) ha ipotizzato che l’intensità solare in Africa creò un vincolo evoluzionistico che riduceva fortemente la sopravvivenza di progenie con una mutazione qualsiasi nei 693 siti del gene MC1R, che può essere causa di una pelle più bianca e incapace di offrire protezione dal sole africano. Nel corso di milioni di anni i discendenti dei primi migranti dall’Africa verso nord diventarono progressivamente più bianchi poiché il vincolo evoluzionistico tendeva a diminuire a lungo termine e più si va verso nord. Ne è una prova il fatto che dove il sole è più debole una qualsiasi mutazione non si rivelò letale alle latitudini di Irlanda, Inghilterra e Svezia. Secondo uno studio di Ashley Robins, pubblicato sull’American Journal of Physical Anthropology, la pelle chiara favorirebbe inoltre l’adattamento e la sopravvivenza alle basse temperature. Anche le mutazioni che producevano individui con capelli rossi e scarsa capacità di abbronzarsi si dimostrarono non letali alle latitudini più settentrionali.