Dott. Gianluca Fatuzzo, Medico Estetico
Parliamo ancora una volta di biostimolazione e lotta all’aging che tiene conto dei segni e delle modificazioni nei vari strati della cute
Il carattere multifattoriale dell’invecchiamento cutaneo è uno degli inestetismi che richiedono più impegno di mezzi e tempo al medico estetico. Il fenomeno biologico involutivo è complesso perché, come sappiamo, è provocato sia da Cronoaging che da Photoaging. Una migliore conoscenza del processo intrinseco, che a livello cutaneo si manifesta come una trasformazione a carattere sistemico permette di affrontare l’atrofia tissutale dovuta alla riduzione dello spessore epidermico e all’impoverimento della Matrice Extra Cellulare, dermica migliorando la pelle, altrimenti sottile, pallida, meno tonica ed elastica, increspata con fini grinzosità e sede di possibili neoplasie benigne. I risultati degli studi sull’invecchiamento dovuto a fattori estrinseci e agenti lesivi esterni, quali le radiazioni ultraviolette UVA-UVB, permettono invece di intervenire più specificamente per ridurre il disordine proliferativo che si manifesta con rugosità grossolana, iperpigmentazioni e cute a grana grossa. Nel caso di Cronoaging, nelle zone non fotoesposte le persone mostrano differenze individuali nell’evoluzione del processo, che si evidenziano in tempistiche e intensità diverse a carico di tutti gli strati cutanei, con alterazioni morfologiche, istologiche e funzionali variabili. In termini generali, nel caso del photoaging, il danno cutaneo da cronica esposizione alla luce solare, interessa solo le aree soggette all’irraggiamento degli UV compresi tra 200 e 400 nm, UVA 320-400 nm, UVB 280-320 nm, UVC 200-280 nm. Gli UVA, che hanno la lunghezza d’onda maggiore e arrivano in profondità, al derma, provocano le principali alterazioni alla base del fotoinvecchiamento: ossidazione di molecole biologiche; iperattivazione dei meccanismi di degrado della matrice; interferenza nel network dei segnali inter e intracellulari (regolazione del metabolismo del collagene). Può essere importante sapere che a livello del mare la cute riceve 90-99 % di UVA e 1-10 % di UVB che sono assorbiti dai cromofori cutanei e provocano forme reattive O2 con conseguente azione su lipidi, proteine, acidi nucleici e formazione di AGE’s a livello del collagene. Gli UVB, dal canto loro, sono più corti e più aggressivi, agiscono sulle cellule dell’epidermide dove si formano dimeri di timina tra basi pirimidiniche adiacenti con distorsione della doppia elica del DNA, ne bloccano trascrizione e duplicazione portando ad errori nell’incorporazione dei nucleotidi che provocano mutazioni del DNA. Gli scenari appena delineati spiegano perché in medicina estetica si ricorre a classificazioni e scale di valutazione per standardizzare i trattamenti e scegliere le terapie. A parer mio la più utile nel definire il grado di invecchiamento cutaneo fotoindotto è la classificazione di Mark Rubin. Secondo questa scala esistono tre livelli fondamentali. Il 1° si riferisce all’epidermide ed è caratterizzato da una accentuazione della tramatura cutanea, lievi discromie, cute opaca, cute “ruvida” al tatto, rughe visibili solo durante la mimica. Al 2° livello (epidermide e derma papillare) si evidenziano discromie, cheratosi senili, teleangectasie, rughe muscolo-mimiche a riposo, alcune rughe sottili. Il 3° livello, infine (epidermide, derma papillare, derma reticolare), presenta rughe marcate, sottili rughe diffuse, cute ispessita, giallastra, cheratosi senili e attiniche, aspetto “sgualcito”. Il protocollo da me adottato prevede la biostimolazione, mirata alla regolazione dei normali processi fisiologici cutanei per mantenere le corrette funzioni biologiche ai vari livelli. Attraverso l’uso di sostanze acide come acido glicolico, acido mandelico, acido salicilico, acido piruvico, ecc. possiamo ottenere una stimolazione a livello dell’epidermide (Linea Skin Peel di Italfarmacia).
L’applicazione di questi acidi provoca infatti principalmente l’esfoliazione delle cellule dello strato corneo, per effetto cheratolitico che stimola il rinnovamento delle assise cellulari epidermiche. Nel derma, dove si svolge una continua attività anabolica e catabolica, le metalloproteinasi distruggono i componenti della matrice dermica e il fibroblasto li ricostruisce. La biostimolazione (con la Linea Skin di Italfarmacia) agisce a seconda delle problematiche evidenziate in fase di check up, riuscendo ad attivare i recettori del fibroblasto CD 44 con frammenti di acido ialuronico e a fornire, sempre al fibroblasto, gli aminoacidi per la nuova sintesi di collagene ed elastina, componenti strutturali del derma. Come risultato, i fibroblasti si replicano e aumentano la produzione di sostanze come acido ialuronico, collagene e elastina, componenti della matrice extra cellulare. Per le pelli mature e più lasse, scelgo la referenza Skin R con cui si riesce a stimolare la produzione di collagene fibroso, più “duro” rispetto al collagene normale del derma, e ciò mi fa ottenere un effetto lifting che migliora la lassità cutanea specialmente in alcuni distretti quali il collo e il decolleté. In conclusione, per mia esperienza, la biostimolazione può essere ottimale nel contrastare la riduzione del numero e dell’attività metabolica dei fibroblasti, preservare la sostanza fondamentale del derma, garantendo al paziente un recupero del turgore, dell’elasticità e della luminosità, l’attenuazione delle rughe e il ripristino dei volumi fisiologici. In poche parole mi sento di poter raccomandare con fiducia questo tipo di trattamento ogniqualvolta si voglia rallentare efficacemente l’evoluzione dei sintomi riferibili all’invecchiamento cutaneo.